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In Russia Renault passa allo stato, che non sa bene cosa farsene

Federico Bosco

L'azienda francese ha reso noto che il suo stabilimento di Mosca passa alla municipalità della capitale. Il problema è che nella migliore delle ipotesi servirà a produrre auto vecchie che i russi oramai, per il costo della vita, non riescono a mantenere

Superato il momento in cui si sperava che tutto potesse tornare in ordine nel giro di pochi mesi, le aziende occidentali stanno lasciando definitivamente la Russia. Reebok ha venduto la divisione russa dei suoi negozi a una holding turca. McDonald’s sta cercando un acquirente russo a cui vendere tutti i ristoranti. Ma una notizia che più di altre dimostra il cammino intrapreso dall’economia russa è l’addio del gigante francese Renault, che ha ceduto tutte le sue attività. Lo stabilimento di Mosca passa alla municipalità della capitale, mentre la controllata AvtoVAZ (produttrice delle popolari auto Lada) all’istituto di ricerca statale Nami. L’entità della transazione non è nota, ma si parla della cifra simbolica di un rublo.

Il problema è che le autorità statali non hanno le idee chiare su cosa fare dello stabilimento. In un’intervista a Radio Sputnik il presidente della National Automobile Union, Anton Shaparin ha suggerito per AvtoVAZ tre possibili opzioni: la ricerca di un partner straniero (per esempio in Cina), il revival di un modello del passato come la Lada Granta (obsoleta già nel 2011 quando entrò sul mercato), o addirittura di usare le fabbriche per produrre qualcosa di completamente diverso, mentre il centro di ricerca sviluppa nuovi modelli (magari un’auto elettrica). Il sindaco di Mosca Sergei Sobyanin ha invece dichiarato che lo stabilimento Renault “riprenderà la produzione di automobili Moskvich”, storico marchio sovietico nato nel 1929 che rappresentava l’orgoglio produttivo dell’operaio moscovita, fallito nel 2010 dopo aver cessato le produzioni nel 2002. 

L’automotive è indicativo della capacità industriale di un paese, fa la differenza tra un’economia avanzata e una obsoleta. La produzione e il commercio di auto coinvolgono una vasta filiera di competenze e componenti tra manifattura, meccanica, elettronica, high-tech, e poi servizi di vendita, finanziamento, assicurazione e assistenza. Ma da quando è iniziata l’invasione russa dell’Ucraina il settore – che dipendeva pesantemente dall’estero – va molto male, peggio del resto dell’economia. 

Nel mese di aprile le vendite sono crollate del 78,5 per cento rispetto all’anno precedente, dopo il crollo del 63 per cento a marzo. Manca la domanda, a causa della crisi, ma anche l’offerta visto che le sanzioni hanno bloccato le forniture di componentistica occidentale indispensabile per la produzione. Per stare al riparo però non è sufficiente rinunciare all’auto nuova. Nel periodo marzo-aprile l’inflazione in Russia è salita del 17 per cento, ma i prezzi dei ricambi auto sono aumentati in media del 30 per cento, spesso molto di più. Come riporta il Kommersant (il quotidiano del mondo economico-finanziario russo) oltre un terzo dei centri auto soffre carenza di componenti: fari, paraurti, vetri, ma anche parti per il motore, gli ammortizzatori, le sospensioni, l’elettronica e i materiali di consumo come olio, filtri e candele. Mantenere l’auto privata ha un costo sempre di più alto, ripararla in caso di guasti o incidenti è diventato costosissimo (facendo aumentare, di conseguenza, anche il prezzo delle assicurazioni). Per i russi diventerà molto difficile potersi permettere un’auto moderna e sicura.

Non è un fulmine a ciel sereno, la governatrice della Banca centrale russa, Elvira Nabiullina, ha dichiarato esplicitamente che l’economia russa dovrà trasformarsi, adattarsi “alla nuova realtà”, che le imprese dovranno cercare “nuovi partner” e forse “passare alla produzione di prodotti di generazioni precedenti”. I russi iniziano a rendersene conto, e nei prossimi mesi sarà peggio. Anche senza aver colpito il settore dell’energia le sanzioni stanno avendo effetto, si vede nei dati macroeconomici (anche di fonti russe), e si vede dall’andamento della guerra in Ucraina. Tuttavia, nonostante la carenza di beni, l’esportazione di idrocarburi affiancata al crollo della domanda interna e delle importazioni permette alla Russia di continuare a registrare un surplus commerciale, e al il regime di Vladimir Putin di restare al potere scaricando la sofferenza sui russi. Se c’è un errore dell’occidente in questo momento, forse è proprio questo: rimandare le sanzioni sull’energia.

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