Ursula von der Leyen (LaPresse)

La prospettiva

La Comunicazione Ue non ci sgancerà subito dal gas russo

Simona Benedettini e Carlo Stagnaro

La Commissione europea ha una duplice strategia: ridurre la dipendenza dai combustibili fossili e dal gas in particolare e diversificare le fonti di approvvigionamento così da fare a meno di Putin. Ma le misure inizieranno a produrre effetti tra qualche mese e, in alcuni casi, tra qualche anno

L’indipendenza dal gas russo? Oggi no, domani forse, ma dopodomani sicuramente. Può sintetizzarsi così la Comunicazione della Commissione europea sui rincari dei prezzi dell’energia, che propone una duplice strategia: ridurre la dipendenza dai combustibili fossili e dal gas in particolare; diversificare le fonti di approvvigionamento per sganciarci dalla Russia. Le misure  inizieranno a produrre effetti tra qualche mese e, in alcuni casi, tra qualche anno. Tempistiche incoerenti con l’urgenza di dare risposte immediate.

 

È il caso dell’aumento delle importazioni di gas naturale liquefatto (Gnl). Per beneficiarne saranno necessari nuovi rigassificatori: Germania e Italia hanno già annunciato interventi. Altri dovranno potenziare la capacità di trasporto via gasdotto: la Spagna ha quasi 70 miliardi di metri cubi annui di capacità di rigassificazione che, persino a gennaio, è stata utilizzata solo al 45 per cento. Tuttavia, il gasdotto che connette la penisola iberica  alla Francia può movimentare  massimo 7-8 miliardi di metri cubi l’anno. Tali investimenti richiedono capitali e tempi lunghi. In uno scenario di decarbonizzazione ed elettrificazione dei consumi, vi è così il rischio di ritrovarsi con infrastrutture inutilizzate che finirebbero in bolletta. Il piano Ue si scontra anche con l’eterogeneità del quadro normativo degli stati. La proposta di sviluppare 480 GW di nuova capacità eolica e 420 GW fotovoltaica entro il 2030 deve fare i conti con la burocrazia.

 

A ciò occorre aggiungere i costi per l’adeguamento delle reti e per il bilanciamento tra domanda e offerta di elettricità per sopperire alla non programmabilità delle rinnovabili. Inoltre, almeno nel breve periodo, le fonti non programmabili presuppongono la disponibilità di impianti a gas che dovranno soddisfare i consumi nelle ore in cui sole e vento  sono indisponibili. Con buona pace dello scontro che infuriava qualche settimana fa sulla tassonomia delle attività sostenibili: oggi il problema non è disincentivare le infrastrutture per i fossili ma il contrario. Alcune posizioni della Commissione sono sorprendenti. Come l’enfasi sull’idrogeno: si tratta di un pezzo importante della transizione, ma nell’attuale situazione non ha senso. L’idrogeno può essere prodotto a partire dal metano oppure attraverso l’elettrolisi dell’acqua (alimentata da energia rinnovabile). Poiché l’energia restituita è per definizione inferiore a quella necessaria a produrlo, in un momento di scarsità esasperata è bene evitare il “sacrificio” di gas o energia elettrica che potrebbero essere utilizzati direttamente. Dati i rialzi senza precedenti sui mercati energetici, che potrebbero avere conseguenze rilevanti su imprese e famiglie, la Commissione avrebbe fatto meglio a concentrarsi su misure di più immediata efficacia garantendone la coordinata attuazione da parte degli stati membri. Tanto più che già da ottobre scorso si osserva una straordinaria volatilità nei prezzi e che i governi stanno spendendo miliardi e miliardi di euro in modo disordinato.

 

La Comunicazione apre uno spiraglio all’adozione di tetti ai prezzi e agli aiuti di stato, come già fatto per il Covid. Per calmierare il gas, annuncia consultazioni nelle “prossime settimane”. Per l’elettricità e gli aiuti, si limita a ribadire quanto già previsto nell’ordinamento, lasciandone il disegno e l’adozione alla discrezione nazionale. Il risultato sarà il proliferare di misure eterogenee, come già osservato per le risposte al caro prezzi energetici del primo trimestre 2022, che rischiano di rallentare il percorso di liberalizzazione e armonizzazione dei mercati europei.
 

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