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In cerca di un'intesa

Da Carige a Bper. Ora il risiko delle banche passa da 4 lettere: Fitd

Mariarosaria Marchesano

Il Fondo interbancario di tutela dei depositi ha bocciato l'offerta per la banca ligure, definita "irricevibile". Ma è ancora troppo presto per dire se la partita è completamente chiusa oppure se ci sono margini per rivedere il perimetro della proposta che al momento resta l'unica in campo

Il paradosso è che al salvataggio di Carige dovrebbe partecipare anche Montepaschi che a sua volta sta cercando di salvarsi. Non è stato questo il motivo per cui il Fondo interbancario di tutela dei depositi, azionista di maggioranza della banca ligure con l’80 per cento, ha bocciato ieri sera l’offerta non vincolante di un euro avanzata da Bper a fronte della quale il Fondo stesso avrebbe dovuto farsi carico di un esborso di 1 miliardo. Però la posizione contraria delle banche medio-piccole che partecipano al Fondo, spaventate dall’onere che avrebbero dovuto assumere pro quota, è stata determinante nella decisione di dichiarare “irricevibile” la proposta di Bper. Secondo le stime di alcuni analisti, il contributo a carico di Mps, che poi è messa anche peggio di Carige, sarebbe stato di 47 milioni di euro, molto meno dei 220 milioni di Intesa a carico di Sanpaolo o dei 96 milioni di Unicredit, in quanto principali contributori del Fondo, ma pur sempre una cifra rilevante considerando gli sforzi che il governo sta facendo per cercare di risanare la banca senese e trovarle un compratore.

 

Al Fondo presieduto da Salvatore Maccarone, che garantisce i depositi fino a 100mila euro e si attiva in varie forme per intervenire in situazioni di crisi, sono consorziate circa 200 banche che forniscono in proporzione al loro peso le risorse finanziarie per le sue attività. Sul giudizio negativo alla proposta di Bper avrebbe pesato il limite quantitativo agli interventi del Fondo previsto dall’articolo 35 dello statuto che è pari al 50 per cento dei contributi versati l’anno precedente, cifra corrispondente a 500 milioni. Troppo presto per dire se la partita è completamente chiusa oppure se ci sono margini per rivedere il perimetro della proposta che resta l’unica fino ad oggi ad avere offerto una via d’uscita alla crisi di Carige. L’ingresso del Fitd nella banca ligure è avvenuto a fine 2018, prima attraverso lo Schema Volontario e poi in modo diretto, dopo che la sentenza della Corte di giustizia Ue ha scongiurato l’ipotesi di aiuti di stato, e rappresenta forse il primo caso di salvataggio di una banca di medie dimensioni interamente a carico del sistema bancario. Tentativo che non è stato privo di errori, come quello di aver sopravvalutato le possibilità di un soggetto come la triestina Cassa Centrale Banca di diventare il “cavaliere bianco” di Carige, assumendone il controllo. Cosa che non è avvenuta.

 

Ma tale modalità rappresenta una novità nel panorama europeo e ha il pregio si sfatare il luogo comune secondo il quale l’intero costo dei salvataggi bancari è a carico dello stato. Il settore privato (compreso il Fitd) si è accollato, infatti, 20 dei 43 miliardi che sono stati necessari negli ultimi 16 salvataggi bancari (avvenuti per lo più dal 2014 in poi) secondo un calcolo stimato nel suo ultimo libro da Giuseppe Boccuzzi che del Fondo è stato a lungo direttore generale e oggi è il presidente di Carige. Non tutti gli interventi sono stati uguali, però. Il Fitd è diventato azionista della banca ligure, ma è uscito dalla Popolare di Bari dove aveva partecipato a un consistente aumento di capitale con un esborso di 1,2 miliardi aprendo poi la strada all’ingresso del Mediocredito centrale. Un diverso approccio che si basava sulla previsione delle maggiori possibilità che Carige aveva di essere rilanciata, cosa anche questa che non è avvenuta complice uno scenario di mercato reso più ostico dalla pandemia. In ogni caso, il Fitd non può, anche qui per statuto, prolungare all’infinito la sua permanenza nel capitale di una banca e da tempo sta cercando un compratore. Lo aveva trovato in Bper, ma le reciproche aspettative, per ora, però, non collimano.

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