(foto EPA)

politiche monetarie

La Fed accelera il tapering. Oggi le mosse di Bce e Banca d'Inghilterra

Alberto Chiumento

Con in tasca il secondo mandato da presidente della Fed, Powell porta a 30 miliardi di dollari la riduzione degli acquisti dei titoli. La fine del sostegno è prevista per marzo 2022, quando si aprirà la possibilità di aumentare i tassi. L'attesa per la conferenza stampa di Christine Lagarde

La Banca centrale statunitense ha deciso ieri di accelerare il ritmo del tapering, il processo iniziato a novembre con cui sta riducendo gradualmente i propri acquisti delle obbligazioni. Da gennaio 2022 il ritmo della riduzione degli acquisti raddoppierà, salendo a 30 miliardi di dollari al mese, rispetto agli attuali 15 miliardi. Per sostenere i mercati finanziari e il sistema economico, all’inizio della pandemia la Federal Reserve aveva avviato un programma di acquisto di titoli dal ritmo di 120 miliardi di dollari al mese. La decisione di ieri farà finire il programma a marzo 2022, in anticipo rispetto a giugno, il termine previsto inizialmente. La Fed ha anche comunicato che desidera completare il tapering prima di eseguire un aumento dei tassi di interesse, che nel 2022 potrebbe avvenire tre volte. Ci saranno ancora due meeting di politica monetaria prima di allora e con questi la Fed si riserva la possibilità di ulteriori modifiche.

La scelta di accelerare il ritiro degli stimoli indica che ora la Fed si sta concentrando maggiormente sul contenimento dell’inflazione, dando meno rilevanza al raggiungimento della piena occupazione. Le molte aspettative intorno alla Federal reserve erano anche dovute alla particolare situazione che questa sta attraversando. A fine novembre infatti Jerome Powell – che ha da poco ottenuto la conferma per il secondo mandato come presidente della banca centrale - ha ribaltato la sua posizione sull’inflazione.

Dopo aver ripetuto per mesi che l’aumento del livello dei prezzi era legato a fattori transitori e che quindi non sarebbe stato necessario intervenire, il presidente della Fed ha detto a fine novembre che “è arrivato il momento di ritirare il termine transitorio”. Ha inoltre specificato che intorno a quella parola si è creata della confusione: “Per alcuni transitorio produce un senso di breve periodo, per noi invece significa che non lascerà effetti permanenti sull’inflazione”.

Il cambio di posizione della Fed è dovuto principalmente alla persistenza dell’inflazione e all’elevata intensità con cui si è manifestata. Dopo vari mesi di aumento, a novembre l’inflazione statunitense è cresciuta del 6,8 per cento su base annua: l’aumento maggiore dal 1982. “Da inizio settembre l’inflazione ha incominciato ad essere superiore alle aspettative, - ha detto Powell rispondendo ad alcune domande durante la conferenza stampa di ieri – quindi abbiamo incominciato ad adattare la nostra politica, comunicando che avremmo anticipato il tapering nei mesi successivi”.

La maggiore rapidità di risposta della Fed alla crescita dell’inflazione è legata anche ad altri due fattori che rallentano la ripresa dell’economia statunitense. Rispetto ad aprile 2020, quando il tasso di disoccupazione raggiunse il 15 per cento, il mercato del lavoro ha recuperato moltissimo poiché lo stesso tasso a novembre 2021 è pari al 4,2 per cento, dimostrando nuovamente la grandissima flessibilità lavorativa negli Usa. Tuttavia, Powell ha ricordato che il recupero non è completo poiché il tasso di partecipazione della forza lavoro non ha ancora raggiunto i valori pre pandemia (61,8 rispetto a 63,3 per cento) e soprattutto il recupero non è stato omogeneo tra tutti i gruppi sociali che compongono la società americana. Diversamente dall’inflazione per la quale si guardano solo un paio di aspetti, Powell ha ricordato che le analisi del mercato del lavoro si basano su moltissimi fattori diversi. Ad esempio, ci sono ancora difficoltà nel trovare alcuni tipi di profili lavorativi, nonostante si sia prossimi al livello di piena occupazione.

Anche la diffusione della variante Omicron produce delle grosse incertezze. “E’ un rischio ma non conosciamo ancora gli effetti economici che potrebbe causare” ha detto Powell, che poi ha ricordato che la variante Delta aveva rallentato le assunzioni. Quando però il 26 novembre l'Oms ha annunciato l’esistenza della nuova variante del virus in Sud Africa, la borsa americana ha registrato risultati molto negativi poichè temeva possibili restrizioni. Quel giorno, l’indice azionario Dow Jones è diminuito del 2,53 per cento, il peggior dato di tutto il 2021.

La decisione delle Fed era molto attesa perchè ha aperto giorni importanti per il mondo economico-finanziario: oggi anche la Banca centrale europea e la Banca d’Inghilterra stabiliranno le prossime mosse di politica monetaria. Dal Consiglio dei governatori della Bce, che sarà seguito dalla conferenza stampa della presidente Lagarde alle 14.30, non si attendono grosse modifiche. La Bce, che intende concludere a marzo 2022 gli acquisti delle obbligazioni legati all’emergenza pandemica dopo aver utilizzato risorse per 1.850 miliardi di euro, prevede un’inflazione inferiore al 2 per cento sia nel 2023 sia nel 2024, rendendo quindi meno necessario un intervento per bloccare la crescita del livello dei prezzi. Anche un aumento tassi è improbabile che si verifichi prima della fine del 2022.

Alle 13, invece, renderà note le proprie decisioni la Banca d’Inghilterra, che deve recuperare parte della propria credibilità dopo aver spiazzato molti agenti di mercato e analisti. Il piano emergenziale di acquisto dei titoli scadrà nei prossimi giorni, ma già a settembre la Banca d’Inghilterra aveva comunicato la possibilità di aumentare i tassi d’interesse prima della conclusione del piano. A novembre però le attese sono state disattese quando l’aumento dei tassi è stato spostato di qualche mese. L’imprevedibilità a cui la banca centrale si è condannata è sostenuta anche dalle notizie dell’attualità britannica: ieri il Regno Unito ha registrato il numero maggiore di positivi al Coronavirus da inizio pandemia, 78 mila.

Di più su questi argomenti: