AP Photo/Matt Rourke 

l'edgelord

Togliamo Twitter a Elon Musk: potrebbe costringerlo a pagare le tasse

Pietro Minto

L'uomo più ricco del mondo fa decidere ai suoi follower se vendere o meno il 10 per cento delle sue azioni Tesla. Tutto vero? Non proprio. Dietro, però, c'è una polemica contro una legge anti-speculatori

“Elon Musk vende il 10 per cento delle sue azioni Tesla perché gliel’ha detto Twitter” è una storia troppo bella per poter essere messa in dubbio. Ahimè, è quello che stiamo per fare. Tutto è cominciato lo scorso sabato, quando il CEO di Tesla e SpaceX ha chiesto ai suoi 63 milioni di follower nella piattaforma se volevano che vendesse una quota del suo patrimonio azionario di Tesla (all’epoca sui 1200 dollari per stock), giurando di accettare qualunque esito della votazione. Il sondaggio non veniva dal nulla: era la risposta a una polemica seguita all’annuncio da parte dei Democratici statunitensi di una misura per tassare le plusvalenze dei miliardari. Dopo aver precisato di non percepire uno stipendio e di pagare le tasse solo quando vende le proprie azioni, Musk si è detto aperto al dialogo, chiedendo alla folla cosa dovesse fare: vendere il 10 per cento delle azioni per pagarci le tasse? E i votanti, come in Berlinguer ti voglio bene, ha risposto: “Pagare, biondino”.

Questi i fatti ufficiali. Scavando un po’ la superficie, possiamo ricostruire una storia leggermente diversa. Da giorni Musk non sembrava per niente felice della decisione dei Dem, tra tutte la proposta del senatore Ron Wyden, che avrebbe raccolto “centinaia di miliardi di dollari da circa 700 miliardari chiedendo loro di pagare le tasse sull’aumento di valore dei loro asset quotati in borsa”. Ben prima di darsi ai sondaggi online, Musk preferì sbottare, lanciando un monito ai suoi follower (“A un certo punto i soldi degli altri finiranno e verranno da voi”) e ricordando che il suo patrimonio serviva a “portare l’umanità su Marte e preservare la luce della coscienza”.

Nel 2012 Musk ha ricevuto in premio da Tesla ben 23 milioni di stock option, che scadranno nell’agosto del 2022. Nella maggior parte dei casi, spiega il New York Times, “questi certificati azionari permettono ai dirigenti di evitare di pagare le tasse per anni, anche per sempre, fin quando non vengono venduti”. A quanto pare, però, gran parte di questo pacchetto, per com’è stato strutturato, potrebbe non beneficiare di questo trattamento fiscale e Musk “avrebbe dovuto esercitarle prima di agosto del prossimo anno o sarebbero scadute”, secondo il Sole 24 Ore. Insomma, “una bomba fiscale a orologeria” che potrebbe costargli 10 miliardi di dollari in tasse (nel 2018 ne pagò zero).

 

 

È così che arriviamo al sondaggio fatale su Twitter, a cui hanno partecipato 3 milioni e mezzo di persone con un totale di 58% per il “sì”. L’evento ha attirato le critiche dello stesso senatore Wyden, che ha confermato l’esigenza di una “billionaire tax” e sottolineato come certe decisioni non dovrebbero essere affidate a una massa anonima – di account più o meno finti, peraltro. Il fattaccio ha fatto crollare il valore di Tesla in borsa (da tempo valutato attorno al trilione di dollari: fin troppo, secondo alcuni analisti) e fatto ricordare altri passi falsi di Elon, sempre sul suo social preferito. Era il 7 agosto del 2018 e il Ceo annunciò urbi et urbi di voler ritirare Tesla dalla borsa, ricomprandone le azioni a 420 dollari l’una, aggiungendo di aver trovato anche un investitore (“funding secured”). Al di là della simbologia da simpaticone (4-20 è il codice ormai universale della cannabis ed è diventato un meme online, un po’ come il numero 69) il tweet scatenò uno scandalo – e un’indagine da parte della Securities and Exchange Commission. Qualche mese dopo, rieccolo, sempre online, impegnato a dare del “pedo-guy” (pedofilo) a Vernon Unsworth, uno dei sub che aveva salvato i dodici ragazzi rimasti intrappolati in una grotta in Thailandia, nell’estate di quell’anno.

All’epoca le reazioni a questi tweet fecero in modo che le mosse social di Musk fossero più scrutinate e controllate. Sembrava la fine della fase “edgelord”. E invece da allora le cose sono molto cambiate: oggi Musk è l’uomo più ricco del mondo e la pandemia ha fatto volare Tesla, che ha superato da tempo la quotazione di 420 dollari per azioni, all’epoca ritenuta altissima. Siamo tornati al punto di partenza: bisogna togliere Twitter a Elon Musk. Ne è così ossessionato che potrebbe spingerlo a fare qualche follia. O a pagare le tasse.

Di più su questi argomenti: