IL FOGLIO DEL WEEKEND

Confessioni di una bolletta: tra liberalizzazioni, aumenti e oneri

Stefano Cingolani

Incompresa, bistrattata, usata da tutti i governi. Luce e gas sono la prima vera prova della coppia Draghi-Cingolani

Ecco ci mancava la più stupida delle rime baciate, nemmeno fosse una canzone (si fa per dire) da rapper alle vongole. La bolletta maledetta. E perché maledetta? Io sono sempre stata bistrattata, tutti ce l’hanno con me e tutti mi hanno scaricato addosso i loro rifiuti. Le ferrovie hanno bisogno di più quattrini? Mettiamole in bolletta. La Rai? Mettiamola in bolletta. Sì anche lei sulle mie spalle, ma lo capite, vi rendete conto? Una pattumiera fiscale. E poi mi lanciate le maledizioni. Galeotto fu il bilancio e chi lo scrisse. Sono nata nel 1999, tenuta a battesimo da Pier Luigi Bersani, ex comunista, emiliano, ministro dell’industria nel governo guidato da Massimo D’Alema ex comunista figlio di un parlamentare comunista, un princeling direbbero gli inglesi. La mia prima vita finisce fra poco più di un anno, nel 2023, quando cessa ogni tutela e si passa al mercato libero. E’ stata un’esistenza breve e accidentata, l’hanno anche ritratta con una curva che si muove su e giù, ma alla fine sale sempre, c’è voluta la pandemia per farla scendere. E’ un’immagine che mi ferisce, che c’entro io? Prendetevela con i petrolieri, con le tasse, con quelle discariche di gabelle varie chiamate oneri di sistema, con chi distribuisce la corrente e gestisce i contatori.

Ora ci si mette anche Roberto Cingolani, che pure è uno scienziato e conosce la sua materia. “Lo scorso trimestre la bolletta elettrica è aumentata del 20 per cento, il prossimo trimestre cresce del 40 per cento, queste cose vanno dette, abbiamo il dovere di affrontarle”, ha annunciato terrorizzando gli utenti, ma anche i colleghi di governo. Posso comprendere che il ministro abbia suonato la campanella: ragazzi la ricreazione è finita. L’Arera, l’autorità che regola l’energia, parla di uno scatto del 29,9 per cento per l’elettricità e del 14,4 per il gas nel mese di ottobre. Il balzo dei prezzi internazionali è sotto gli occhi di tutti; alla pompa la benzina super viaggia attorno a 1,8 euro al litro, e il gasolio quasi a 1,6. In più la ripresa economica ha fatto impennare anche le quotazioni della CO2, cioè dei “permessi a inquinare” che le aziende più “sporche” devono acquistare da quelle più virtuose per compensare le proprie emissioni. Ciò ricade direttamente sull’energia elettrica, che in Italia dipende dalle centrali turbogas per oltre il 45 per cento.


Insomma sono alla canna del gas, pardon del gasdotto. E chi vi dice che con il sole e l’acqua spenderemo meno, vi inganna. Su questo è stato sincero e onesto Cingolani il quale spera di poter cambiare il meccanismo di calcolo. Mario Draghi cerca un rimedio. Per sterilizzare gli aumenti c’è una sola strada: ridurre gli oneri che io chiamo impropri e ci vogliono molti miliardi di euro. Ma chi paga? Non esistono bollette gratis. Vedremo, comunque mi gonfio, su questo non ci piove, e non solo per colpa degli sceicchi o degli oligarchi russi.

Fin qui, i miei lamenti non fanno che accrescere il rumore di fondo, per conoscere i veri tormenti del mio cuore lasciate che mi metta a nudo. Da molti anni cerco di rappresentare in modo corretto la mia essenza. Si dice che sono incomprensibile, in realtà le tre-quattro paginette sono la radiografia di tutto quello che c’è dentro di me, sono lastre che non rivelano tutto, d’accordo, ma questo succede anche per i raggi X. Se volete andare più a fondo dovete farmi la tac. Io vi posso aiutare. 

La materia prima, insomma l’energia generata dalle centrali elettriche, pesa per il 44 per cento; deve essere incanalata e trasportata e questo costa circa un quinto del prezzo finale;  arrivano le tasse che incamerano poco più del 13 per cento; poi c’è il colpo gobbo, la spesa per gli “oneri di sistema” pari al 21,8 per cento. Si dividono a loro volta in due: quelli che servono a sostenere le energie rinnovabili e la cogenerazione, poi tutti gli altri. I primi sono comprensibili anche se gli incentivi statali dovrebbero stare fuori dalle bollette, pagati con le imposte vere e proprie. Gli altri mi danno l’orticaria. Eccoli qui: costi per smantellare le centrali nucleari; incentivare la produzione da rifiuti non biodegradabili; sostenere le tariffe speciali riconosciute alle Ferrovie dello stato; l’innovazione tecnologica; i clienti disagiati; le imprese elettriche minori; l’efficienza energetica, direttamente o attraverso le industrie; il finanziamento delle compensazioni territoriali. Sono regalie? Sono mance? Perché non metterle tutte nel bilancio dello stato? Per mascherarle e alleggerire un debito insopportabile, per spalmare sugli utenti costi puramente assistenziali? Mi sono rivolta agli esperti e mi hanno dato tante spiegazioni, diverse a seconda delle teste, delle scuole di pensiero, degli interessi. 

Sta un poco meglio mia cugina Bolletta del Gas: la materia prima è sempre attorno al 40 per cento, le tasse arrivano al 35 tra Iva, imposta sul consumo e addizionale regionale. Il resto paga il trasporto, lo stoccaggio, la vendita all’ingrosso e la commercializzazione al dettaglio. La cugina Benzina, invece, rasenta l’isteria. Prima arriva il Platts, una piattaforma internazionale sulla quale avviene lo scambio tra domanda e offerta, c’è chi lo chiama il suk petrolifero; poi il margine industriale, insomma quel che guadagna chi distribuisce e vende i prodotti; infine mia cugina deve sottostare ai signori delle tasse divisi tra accise e Iva che portano via i due terzi degli incassi. Le accise sono le peggiori, su un prezzo alla pompa di 1,5 euro si prendono 720 centesimi. Per fare cosa? Qui viene il bello. Trattenete il fiato e tuffatevi nell’oceano del nonsenso: finanziamento per la guerra d’Etiopia (1935-1936); finanziamento della crisi di Suez (1956); disastro del Vajont (1963); alluvione di Firenze (1966); terremoto del Belice (1968); terremoto del Friuli (1976); terremoto dell’Irpinia (1980); guerra del Libano (1983); missione in Bosnia (1996); contratto degli autoferrotranvieri (2004); acquisto di autobus ecologici (2005); terremoto dell’Aquila (2009); finanziamento alla cultura (2011); emergenza immigrati dopo la crisi libica (2011); alluvione in Liguria e Toscana (2011); decreto “Salva Italia” (2011); terremoto in Emilia (2012). Sono spese necessarie che bisogna pur sostenere, e chi lo nega; ma perché buttarle sul collo della povera Benzina. 


Qualcuno ha detto a mia cugina: tenere alto il prezzo è un modo per risparmiare, è una scelta ecologica. Può darsi, allora anche il generale Graziani diventa un precursore di Greta? Non mi pare proprio che più sale il prezzo alla pompa meno automobili girano per le strade. La gente paga, s’arrabbia e accende il motore. L’inflazione sale (nemmeno tanto di questi tempi), i giornali e le tv chiacchierano. Di una cosa siamo certe io, mia sorella Gas e mia cugina la Benzina: ci trattano da scope con le quali raccogliere la polvere e i detriti dello stato, stracci con i quali lavare le macchie di una finanza pubblica pasticciata. Diteci pure apertamente se abbiamo torto. Altro che bollette maledette, bollette tradite.

La mia bisnonna viveva con maggiore leggerezza. Tra i cimeli raccolti in soffitta ho trovato una foto ingiallita. Una strisciolina di carta che risale all’ottobre 1940 ed è intestata al signor Depero Fortunato (sì proprio il pittore futurista) domiciliato in via dei Colli 18, Rovereto, il quale doveva pagare 14,50 lire. Un buon stipendio medio allora era di mille lire al mese pari a 0,52 euro. Se pensiamo che un chilo di pasta costava 11 lire, possiamo dire che l’elettricità non era così cara. Eppure c’erano i privati, i potenti industriali elettrici, una lobby fortissima che aveva finanziato a suo tempo Mussolini e non era certo invisa al governo fascista, al contrario, poteva contare su sostegni e protezioni. L’energia veniva dall’acqua dalle grandi dighe alpine, la centrale della Edison aveva segnato addirittura un primato, nel 1883 Milano era stata la prima città europea con la luce elettrica. Era la notte di Santo Stefano, alla Scala davano la Gioconda di Amilcare Ponchielli e tutto d’un tratto si accesero le 2450 lampade del teatro. In compenso molti paesi restarono a lungo senza luce elettrica nelle case, per non parlare delle campagne; e non solo al sud. Ma quel che colpisce della bisnonna Bolletta era la sua semplicità: cominciava con la lettura del contatore, il consumo complessivo, la quota fissa mensile della luce, la differenza in kilowattora, e si arrivava così a 12,20 lire, più due lire per il nolo del contatore e 30 centesimi di bollo. Si pagava alla consegna o fino a quindici giorni dopo, direttamente all’azienda municipalizzata che erogava il servizio. Le tariffe erano diverse a seconda del fornitore e delle aree del paese, e così è rimasto fino al 1962 quando è nata l’Enel. 

Qui ci sono i ricordi di mia nonna travolta dal can can della nazionalizzazione con due potenti industriali a favore, uno privato e uno statale come Vittorio Valletta della Fiat e Enrico Mattei dell’Eni, appoggiati dai socialisti e dal democristiano Amintore Fanfani, contro Enrico Cuccia, Ugo La Malfa, i liberali, parte della Dc. Fece gran rumore, fu uno scontro politico come pochi che segnò l’Italia e la sorte dell’intera famiglia Bolletta. Mia mamma ha vissuto un’altra drammatica disavventura quando gli sceicchi fecero impazzire il prezzo del petrolio, l’Italia bloccò la circolazione delle vetture la domenica, come avvenne anche in altro paesi europee, il governo impose di spegnere presto le luci delle città e risparmiare anche in casa, socialisti e comunisti volevano prezzi amministrati e ferrei controlli sui consumi. Divenne di moda l’austerità, uno spauracchio, ma anche una occasione secondo il capo del Pci Enrico Berlinguer. Tante parole, poi i fatti imposero la loro legge, mamma Bolletta si gonfiò, mentre tutt’attorno i prezzi crescevano senza freni. Inflazione galoppante, stagnazione, stagflazione, parole che mia madre non aveva mai sentito prima. Da questo punto di vista io all’inizio sono stata fortunata, dopo sono arrivati i guai.

Di politica non capisco granché, vedo, ascolto, ma soprattutto la subisco. E so che prima della mia nascita l’Italia era stata scossa da due catastrofi quasi coincidenti: era crollata la moneta nazionale, la lira, e si era sgretolato il sistema dei partiti, trascinando nell’incertezza anche i governi. Subito dopo era cominciata quella che avevano chiamato “la grande stagione delle privatizzazioni”. Draghi la ricorda bene, fu uno dei principali protagonisti. Mamma venne rottamata nella primavera del 1999 e io presi il suo posto. Lo voleva l’Europa e lo voleva il governo guidato da Romano Prodi nel quale Pier Luigi Bersani guidava l’industria, lo volevano i giornali, lo voleva la maggioranza degli italiani: basta con il monopolio dell’Enel, basta con prezzi politici, basta con bollette che assomigliano a cartelle delle tasse. Quest’ultima accusa ricordo che faceva infuriare mia madre, perché come sempre la colpa ricadeva sull’effetto e non sulla causa. Anche lei, però, sperava di essere alleggerita dall’inutile zavorra, di rispondere solo al mercato, di diventare insomma un prezzo determinato dalla domanda e dall’offerta, più una imposta, una sola, possibilmente bassa. E basta. Tutto il resto non le apparteneva. Meno carbone e più gas? Meno petrolio e più sole, vento, acqua? Bene, ma sono tutte cose che riguardano l’inizio, non la fine del percorso. Se il governo preferisce favorire l’uno e penalizzare l’altro è libero di farlo, ma non falsando il prezzo per gli i consumatori. Questo mi diceva mamma e lo aveva sentito da chi voleva la legge del mercato non quella dei monopoli. “Vedrai che per te sarà diverso – mi incoraggiava – Vedrai che volteggerai libera e leggera di casa in casa e la gente ti accoglierà con un sorriso”. Invece le cose non sono andate come le avevano promesso; a lei e a tutti gli altri. 

E’ vero, prima l’Enel faceva tutto, poi produzione, trasmissione, distribuzione e vendita sono diventate autonome e ognuna di esse ha potuto essere liberalizzata, con norme create ad hoc per ciascuna. “Un minore controllo dello Stato nel processo che porta l’energia a essere fruita dal cliente finale è la condizione necessaria e sufficiente per offrire condizioni più vantaggiose per gli utenti”, così scriveva il governo. Mi chiedo adesso se il consumatore non sia stato gravato di responsabilità alle quali non è in grado di far fronte, se non gli vengano presentate proposte che pochi sono in grado di capire. L’Arera vigila, ma un cane da guardia non basta. 


Mercato libero vuol dire mercato razionale, cioè semplice, chiaro, comprensibile a tutti, così ho sentito dire dagli economisti. Certo è che dopo Bersani i prezzi sono andati su e giù, ma non si sono ridotti in modo significativo e duraturo, soprattutto non sono diminuiti gli oneri impropri. L’Unione europea ha richiamato l’Italia perché li tolga, Draghi li ha sospesi: è intervenuto in luglio e il 23 settembre è stato annunciato un nuovo intervento di riduzione degli oneri fiscali, pari a 3,5 miliardi di euro. 


Io e mia cugina Gas respiriamo almeno un po’. Si era arrivati al punto che nel 2016 il governo guidato da Matteo Renzi aveva deciso che con la luce bisognava pagava anche la televisione: il canone Rai venne addebitato in bolletta. L’ultimo importo l’anno scorso era di 90 euro da spalmare in dieci rate. Ditemi voi cosa c’entra la liberalizzazione. Anche se paesi come la Danimarca hanno tasse peggiori, ormai italiani, spagnoli e portoghesi pagano più degli altri. I francesi attaccati al nucleare spendono in media il 20 per cento in meno. Tutti temono che Vladimir Putin stringa il rubinetto man mano che s‘avvicina l’inverno. E qui si apre un capitolo che va oltre le mie capacità: potremo mai staccarci dal cappio del gas, a cominciare da quello russo? Il prezzo dell’elettricità diventerà più autonomo rispetto a quello del gas? Le fonti rinnovabili che oggi sono costose diventeranno meno care? Non lo so e non ho altro da dire. Aspetto di trascorrere questi mesi e spero che non decidano di allungare la mia grama esistenza oltre il 2023. Poi verrà l’alba del libero mercato, la gente pagherà solo quel che consuma e potrà scegliere le condizioni più vantaggiose. O no?

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