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Con Tyrrhenian Link l'Italia guarda al futuro dell'energia rinnovabile

Corrado Clini

Ma per il nostro fabbisogno non basta, serve anche un "Mediterranean Link". Altrimenti saremo costretti a piantare pale eoliche ovunque

Il Tyrrhenian Link, il doppio elettrodotto che unirà la Sicilia alla Sardegna e alla Campania, è un’ottima notizia per l’Italia. non sarà solo quello più profondo al mondo, duemila metri sotto il mare, ma sarà un’infrastruttura fondamentale per la trasformazione energetica del nostro Paese. Il doppio cavo sottomarino di Terna (950 Km e 1000 MW di potenza), che collegherà la Sicilia alla Sardegna e alla Campania, consentirà di valorizzare le alte potenzialità delle fonti rinnovabili (solare ed eolico) che attualmente non sono pienamente assorbite dalla rete elettrica esistente. Tuttavia Sicilia, Sardegna e Campania possono coprire solo in parte la crescita necessaria per raggiungere l’obiettivo annunciato dal Ministro Cingolani per ridurre il consumo di combustibili fossili e di conseguenza le emissioni: da 32 GW attuali a 87 GW di solare ed eolico entro il 2030. Purtroppo la realizzazione in Italia di 55 GW aggiuntivi in 9 anni incontra molte difficoltà, in particolare per la localizzazione di grandi impianti nelle aree a maggiore potenziale che sono tuttavia spesso già impegnate da molteplici usi oppure sottoposte a vincoli ambientali e paesaggistici.

 

Federico Fubini ha dato voce alle difficoltà: "Sviluppare entro nove anni tutta quell’energia dal solare significa tappezzare di pannelli oltre 200 mila ettari, quasi il 2 per cento della superficie coltivata in Italia. Significa piantare pale eoliche letteralmente ovunque, compromettendo un paesaggio secolare e la risorsa del turismo”. Le difficoltà non possono farci perdere di vista l’obiettivo, ma sono molti i dubbi che il territorio italiano possa ospitare tutti gli impianti necessari a raggiungere 87 GW entro 9 anni. Secondo stime recenti entro il 2030 potrebbero essere realizzati 20-25 GW aggiuntivi.

A fronte di questi dati vale la pena considerare che l’Italia ha la grande opportunità di importare energia rinnovabile dai paesi con i quali è già connessa attraverso i gasdotti (Algeria, Libia e Tunisia). La mappa del potenziale di energia solare (fotovoltaico) pubblicata alla fine del 2020 dalla Banca Mondiale, mette in evidenza che Algeria, Libia e Tunisia hanno potenziale almeno tre volte superiore a quello dell’Italia in territori disabitati e desertici. Già nel 2009 il fisico tedesco Gherard Knies aveva stimato che un’area desertica di meno di 30.000 Km quadrati tra Algeria, Tunisia e Libia ha un potenziale sufficiente a coprire la domanda di elettricità dell’intera Europa.

 

L’Italia potrebbe promuovere la realizzazione in questi paesi degli impianti di produzione di energia solare necessari al suo fabbisogno, da trasportare nel nostro paese attraverso la realizzazione di cavi sottomarini come quelli impiegati per Thyrrenian Link. I vantaggi sarebbero molteplici. In primo luogo verrebbe evitata la complessa e conflittuale localizzazione di impianti in aree “sensibili” del nostro paese. In secondo luogo i costi di realizzazione nelle zone desertiche degli impianti di produzione di energia solare – a parità di rendimento – sono inferiori rispetto a quelli italiani. In terzo luogo gli impianti localizzati in Nord Africa potranno anche generare l’elettricità per la produzione di “idrogeno verde”, che secondo Eni e Snam potrà essere trasportato in Italia utilizzando i gasdotti esistenti.

Non solo, una parte dell’energia prodotta potrebbe essere destinata alle reti elettriche locali contribuendo in questo modo allo sviluppo sostenibile di questi paesi. Questa sarebbe una modalità concreta di cooperazione, finalizzata ad aumentare la disponibilità di elettricità verde a supporto dell’estrazione e desalinizzazione dell’acqua, dell’agricoltura, della conservazione dei prodotti agricoli e della pesca, dell’illuminazione e del condizionamento degli edifici. In una prospettiva più ampia, ovvero aumentando la produzione nei paesi del Nord Africa e la capacità delle reti di trasmissione, l’Italia potrebbe anche diventare l’hub delle rinnovabili per l’Europa.

 

Non è un’idea nuova. Negli anni Settanta il Club di Roma aveva avanzato l’idea di utilizzare il potenziale di energia solare del Nord Africa per rifornire di energia l'Europa. A fine 2007, il principe Hassan di Giordania, presidente del Club di Roma, aveva presentato al Parlamento europeo il libro bianco "Energia pulita dai deserti - Desertec per la sicurezza dell'energia, dell'acqua e del clima". Nel 2009 E.ON, Munich Re, Siemens e Deutsche Bank lanciarono la “Dii- Desertec industrial initiative”, per promuovere la realizzazione degli impianti di produzione in Nord Africa e la trasmissione dell’elettricità in Europa attraverso reti a corrente continua ad altissimo voltaggio (Uhvdc). All’iniziativa aderirono progressivamente altre grandi imprese energetiche e finanziarie europee, tra le quali le italiane Enel green power, Prysmian, Terna e Unicredit. Il Joint Research Center della Commissione Europea nel 2010 aveva considerato positivamente la fattibilità delle connessioni tra Nord Africa ed Europa nell’ambito del “Mediterranenan Ring”, ovvero dell’anello elettrico tra Africa-Europa-Medio Oriente-Turchia.

Nonostante la fattibilità, la disponibilità delle tecnologie e la partecipazione di grandi imprese, la funzione originaria di Dii si è progressivamente esaurita nello scorso decennio soprattutto per la mancanza di una visione europea della integrazione tra politiche energetiche, politiche di sviluppo e politiche climatiche nel Mediterraneo. Hanno certamente contribuito anche le incertezze a seguito delle primavere arabe e della crisi libica: ma queste incertezze non hanno impedito alle grandi compagnie energetiche di proseguire e potenziare gli approvvigionamenti per l’Europa di gas e di petrolio.

Oggi gli impegni assunti con “Fit for 55” dovrebbero suggerire all’Europa di riprendere il progetto, perché non è solo l’Italia ad avere un percorso difficile per le rinnovabili. Lo studio di European House Ambrosetti stima che l’Europa potrebbe raggiungere nel 2030 una quota di rinnovabili sui consumi di energia sotto il 30 per cento, contro l’obiettivo del 40 per cento. Forse si potrebbe partire dalla realizzazione di cavidotti paralleli ai gasdotti, come annunciato nel marzo scorso ai margini della riunione dell’East Mediterranean Gas Forum: Israele, Cipro e Grecia realizzeranno ”Euro Asia Interconnector”  sulle tracce del gasdotto EastMed Poseidon. La realizzazione, dopo oltre 10 anni dal progetto iniziale, del cavo sottomarino Uhvdc Tunisia- Sicilia già finanziato dalla Commissione Europea potrebbe essere il primo passo per Euro Africa Interconnector. Insomma, perché non prendiamo spunto da Thyrrenian Link per realizzare Mediterranean Link?

Corrado Clini
già ministro dell’Ambiente

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