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L'ultima spiaggia per i lavoratori ex Embraco resta la Cig

Diana Cavalcoli

Dopo il fallimento di Ventures, i sindacati sono riusciti a ottenere ieri l'estensione della cassa integrazione. Gli errori di Invitalia e le due vie per lo stabilimento di Riva di Chieri

Doveva essere un salvataggio ambizioso in un'area in grande sofferenza come Torino. Il caso Embraco invece è diventato una promessa disattesa, una storia di reindustrializzazione mancata e soprattutto un test dell'inadeguatezza della tecnostruttura di Invitalia. E per i 400 lavoratori l'ultima spiaggia resta la cassa integrazione autorizzata ieri per un anno dal Ministero del Lavoro dopo il pressing dei sindacati. 

 

Tutto inizia nel 2018 quando Embraco, l’azienda brasiliana del gruppo Whirlpool decide di licenziare 500 persone nel suo stabilimento a Riva di Chieri in provincia di Torino. Il piano è trasferire la produzione di compressori per frigoriferi in Slovacchia. Costa meno. Dopo mesi di confronto sindacale, a tratti anche duro – il ministro del tempo era Carlo Calenda – viene firmato un accordo per il riavvio delle attività industriali in uno stabilimento che ne aveva già viste tante: costruito negli anni Settanta dalla Fiat e poi passato a Whirlpool, proprietaria di Embraco. Sembrava fatta: a subentrare era Ventures, società di proprietà italiana, israeliana e cinese specializzata in sistemi per la pulizia dei pannelli solari e di dispositivi per la depurazione dell’acqua. I 500 lavoratori che rischiavano di perdere il posto sarebbero stati assorbiti dalla nuova società: stesse condizioni di contratto e di stipendio.In più Whirlpool lasciava come "pegno d'uscita" un fondo di circa 30 milioni per gli stipendi dei lavoratori. 

 

Ma dietro Ventures chi c'era? L'azienda era stata selezionata dal Ministero dello sviluppo economico attraverso Invitalia e aveva un business plan di forte discontinuità. Invece dei vecchi compressori per frigoriferi, a Chieri le maestranze avrebbero assemblato droni per pulire pannelli fotovoltaici, bici elettriche, distributori di bevande e giocattoli. Il condizionale però è d'obbligo. Alla fine non un robot volante è uscito dallo stabilimento di Riva di Chieri. La produzione non viene mai avviata e gli operai restano a casa.

 

Le promesse fatte da Ventures si rivelano fasulle. "Chiamateci per nome: io sono Nino e lui, il mio socio israeliano è Ronen. E questi sono i miei figli. Insieme diventeremo una grande famiglia industriale. Per costruire 40 mila droni l’anno che andranno a pulire i grattacieli e gli impianti fotovoltaici di tutto il mondo". 

 

Così si era presentato Nino Di Bari, presidente di Ventures, nel luglio 2018 agli operai ex Embraco. Ma era una sceneggiata. E così due anni dopo quelle promesse, il 23 luglio 2020 il Tribunale di Torino ha decretato il fallimento di Ventures. La nuova proprietà chiude con l'accusa di aver utilizzato 4 milioni di quelli versati in dote dall’ex proprietario Whirlpool per fini impropri. Ed è più che sensato che nel mirino dei sindacati sia finito l'operato di Invitalia che prima di sbandierare la reindustrializzazione avrebbe dovuto controllare l'affidabilità di Ventures. "Non sono state fatte indagini adeguate sulla società – accusa Vito Benevento, sindacalista Uilm – E adesso ne pagano il prezzo i lavoratori". Che con il fallimento della società hanno rischiato di perdere la cassa integrazione. Il nodo sembra essere quindi la mancanza di competenze in Invitalia che avrebbe dovuto lavorare come un moderno fondo di investimento e valutare al microscopio il progetto di reindustrializzazione invece di fidarsi di controparti improvvisate.

  

"I lavoratori di Embraco – spiega Benevento – hanno chiesto aiuto in tutte le direzioni: sono stati ricevuti da Papa Francesco, sono scesi in piazza. Sono allo stremo e anche per questo abbiamo insistito per avere un confronto con il ministero". I sindacati hanno così chiesto e ottenuto ieri l'estensione della cassa integrazione che sarà retroattiva per i 400 lavoratori. La Cig partirà dal 23 luglio, data del fallimento di Ventures, e durerà un anno. Si prevede poi tramite l'agenzia Anpal l'attivazione di politiche attive per i lavoratori. "Così daremo respiro alle famiglie, poi il 15 settembre ci sarà un incontro in Prefettura a Torino per capire cosa fare. Le opzioni sono due: tentare nuovamente una reindustrializzazione oppure procedere con dei ricollocamenti in aziende sul territorio", aggiunge. Difficile infatti immaginare un imprenditore che "sul cavallo bianco" decida di assumere oltre 400 persone in piena crisi legata al Covid-19. "L'altra battaglia per noi è il fondo lasciato da Whirlpool per gli stipendi dei lavoratori. Secondo i nostri calcoli dovrebbero essere rimasti almeno 20 mila euro per lavoratore. Su questo punto non molliamo. È l'ultimo paracadute che ci rimane", conclude.

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