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Per Mps ritorno a ostacoli sul mercato

Redazione

La scissione dei crediti cattivi non basta se c’è un contenzioso da 4,7 miliardi

Il via libera della Commissione europea al piano di scissione di 10-12 miliardi di crediti deteriorati di Mps e il successivo trasferimento ad Amco (l’ex Sga) è molto atteso non solo perché decisivo per il ritorno sul mercato della banca controllata dal Mef, ma perché potrebbe rilanciare operazioni di aggregazione tra istituti italiani di medio-piccole dimensioni. Il consolidamento bancario è visto, infatti, con favore dall’Unione europea perché rafforza la stabilità dell’intero sistema del credito. Così, le indiscrezioni di stampa sull’arrivo imminente della decisione di Bruxelles su Montepaschi sono state accolte ieri a Piazza Affari con rialzi diffusi su tutti i titoli potenzialmente coinvolti in progetti di aggregazione (la banca senese è salita del 5,5 per cento, Banco Bpm del 3,5, Ubi e Bper di quasi il 3).

 

Peccato, però, che proprio Montepaschi non abbia tutte le carte in regola per fare da apripista per via di alcune “incertezze tecniche” che, secondo un’analisi di Equita, contribuiscono a mantenere ancora bassa la probabilità di un “deal” nel breve periodo. Una delle più importanti è il rischio di contenzioso legale. Sulla base degli ultimi dati di bilancio, infatti, le richieste di risarcimento danni nei confronti della banca sono stimabili in 4,7 miliardi di euro (più del doppio rispetto a quanto capitalizzi in Borsa). Di questa cifra, calcola Equita, 2,3 miliardi configurano rischi “probabili” a fronte di accantonamenti per soli 500 milioni. Questo vuol dire che se anche la Commissione europea approvasse la separazione dei crediti deteriorati, non è detto che sarebbe sufficiente a far apparire la banca senese priva di rischi agli occhi degli investitori. Intanto, il tempo stringe perché il Mef dovrà uscire dal capitale entro il 2021 impostando un percorso che al mercato dovrebbe essere chiarito sin da ora. Nazionalizzare le banche, com’è accaduto nel 2016 con Montepaschi, utilizzando risorse e strumenti pubblici, è facile. Molto più difficile è convincere poi i privati a tornare dimostrando che l’istituto è in equilibrio e può remunerare gli azionisti.

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