Donald Trump e Xi Jinping (LaPresse)

I dazi a metà tra Stati Uniti e Cina

Redazione

Pechino conferma solo la “fase uno”. Mossa elettorale di Trump?

Ancora una volta, il presidente americano Donald Trump ha mandato in confusione i mercati finanziari spingendoli prima verso un rally, con il tweet di giovedì scorso in cui annunciava che l’accordo commerciale con la Cina era vicino, per poi raffreddarli quando, nella giornata di venerdì, è sorto il dubbio che le due superpotenze avessero raggiunto in realtà un’intesa parziale, come messo in evidenza dal Wall Street Journal. L’annuncio della Casa Bianca ha reso chiara la volontà di scongiurare la nuova ondata di dazi su 160 miliardi di dollari di merci cinesi che sarebbe dovuta partire il 15 dicembre ma, non essendo stato subito seguito da una conferma da parte della Cina, ha finito con l’agitare le acque tra gli investitori.

 

Alla fine, su pressione di Washington, il governo di Pechino ha confermato il raggiungimento di un accordo sulla “fase uno”, che riguarda l’acquisto di prodotti agricoli, energetici e manifatturieri dall’America a fronte della rimozione graduale delle tariffe sui beni cinesi. A quel punto Wall Street e le Borse europee hanno tirato in parte un sospiro di sollievo, ma tutta questa dinamica così schizofrenica ha alimentato il sospetto di una mossa in chiave elettorale di Trump.

 

Secondo questa teoria, il presidente americano avrebbe scelto di ascoltare consulenti e imprese che da tempo gli suggeriscono che una tregua nella guerra commerciale potrebbe aiutare l’economia americana a riprendersi nell’anno delle elezioni presidenziali di metà mandato. Così sarebbe riuscito a scongiurare in extremis un crollo nei consumi a ridosso delle festività natalizie, ma non a fugare i dubbi sul fatto che un accordo a tutto campo con la Cina – che dia stabilità ai mercati nel lungo periodo e incentivi una ripresa economica nel 2020 – sia in realtà ancora lontano. Alcuni analisti stimano che un’intesa duratura tra le due superpotenze potrebbe dare una spinta dello 0,6 per cento al pil globale. Ma è quello che vuole Trump o gli interessa, piuttosto, continuare a utilizzare la politica commerciale come un’arma?