Due operatori della raffineria di Zahran, in Arabia Saudita (foto LaPresse)

Un attentato non abbatte il Re nero

Redazione

Il mercato petrolifero mondiale è tanto solido da resistere all’attacco ai sauditi

La guerra dei droni che ha messo fuori gioco le due maxi raffinerie saudite ha riaperto il grande dibattito sul peso geopolitico che ancora oggi il petrolio riveste per il sistema internazionale. Al di là dell’effetto geopolitico che si porterà appresso l’attacco partito dallo Yemen, lungi dall’assecondare l’effetto panico che si è subito generato sui media, il mercato petrolifero, forse tra le prime volte, ha dimostrato di essere tutt’altro che impreparato a gestire una crisi di questo tipo, manifestandosi più resistente del solito.

  

Il Regno ha già ripristinato almeno un terzo della produzione persa a causa dell’attacco di sabato. L’attivazione delle ingenti riserve strategiche voluta da Stati Uniti e Russia, la diversificazione delle fonti di produzione di idrocarburi – che non passano più solo dal perno dell’Opec che è il principale cartello dei paesi produttori di greggio – stanno compensando gli effetti rialzisti del mercato, forse vivremo qualche settimana sulle montagne russe, ma probabilmente siamo lontani da uno scenario stile anni 70.

 

 

La decisione di non convocare una riunione d’urgenza dell’Opec e di non rimettere in discussione l’accordo Opec Plus, che limita la produzione petrolifera, è un chiaro segnale ai piromani che vorrebbero accendere la miccia dello choc petrolifero. Come hanno fatto notare dal Cremlino e dalla Casa Bianca, al momento ci sono abbastanza scorte commerciali di petrolio, in tutto il mondo, per sopperire alla carenza di forniture dall’Arabia Saudita sul medio termine.

 

 

Per non parlare di un possibile allentamento dell’intesa sul tetto all’output nell’ambito di Opec Plus che potrebbe riversare sul mercato produzione aggiuntiva. Una enorme capacità inutilizzata. Basti pensare alla produzione americana, che ha raggiunto livelli record. Secondo le statistiche del dipartimento dell’Energia degli Stati Uniti, da quando Donald Trump si è insediato alla Casa Bianca l’estrazione di greggio è cresciuta costantemente passando dagli 8,7 milioni di barili di dicembre 2016 ai 12,4 milioni di maggio 2019. Insomma no panic.

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