Crolla la sterlina dopo il rinvio del voto su Brexit (Foto LaPresse)

Quanto pesa il crollo della sterlina? Parecchio, ma la paralisi dei commerci spaventa di più

Mariarosaria Marchesano

“La svalutazione è l’ultima spiaggia per un paese, non la si può scambiare con una politica economica attiva" Parla Brunello Rosa

Milano. “La sterlina? Gli inglesi si accorgeranno di cosa vuol dire l’uscita senza accordo dall’Unione europea quando questo paese sarà completamente paralizzato. Aspetti un attimo, noooo è tutto bloccato, ancora! Scusi, scendo dall’autobus, sono su un ponte di Londra con due valigie e c’è l’ennesima manifestazione per la Brexit”. Brunello Rosa, economista italiano basato nella City, co-fondatore della società di ricerche Rosa&Roubini Associates, parla al telefono con tono concitato, proprio non riesce a capacitarsi di come la Gran Bretagna possa andare incontro a un “no deal” senza considerare gli effetti catastrofici per l’economia. Racconta che Londra in questi giorni sembra piombata nel caos, sospesa tra proteste spontanee di cittadini e studenti e un’ostentata inconsapevolezza delle conseguenze di lasciare l’Unione europea il 31 ottobre senza un’intesa. La promessa di Boris Johnson ha portato la sterlina sull’orlo del collasso contro il dollaro, con il quale da ieri ha cominciato a scambiare sotto il livello di 1,20, ai minimi da gennaio 2017, nei mesi successivi al referendum. “In realtà, un livello ancora più basso – 1,05 contro il dollaro – è stato raggiunto dalla moneta di Sua Maestà solo un’altra volta negli ultimi 50 anni. Era il 1984-85, al governo c’era la Thatcher che proveniva da una prolungata recessione accompagnata tra l’altro dalla guerra nelle isole Falkland.

 

Ma oggi è tutto diverso perché i britannici hanno un tenore di vita molto più alto di allora. Peccato che tanti vagheggino un ritorno a un passato di cui non hanno la minima consapevolezza. Se ne accorgeranno quando in porti strategici come quello di Dover sarà impossibile caricare e scaricare merci”. Torniamo alla sterlina e all’inflazione. “Appunto, credo che in questo momento si stia dando troppa importanza al tema del prezzo della moneta rispetto a quello dell’effetto fisico, reale, del blocco del commercio che automaticamente si produrrà con il venir meno del sistema di libero scambio di merci nei porti e alle frontiere garantito dall’appartenenza all’unione doganale. E poi, certo, con una sterlina debole il primo a essere colpito sarà il settore manifatturiero. Ci sarà un aumento dei prezzi al consumo per molti beni”. Ma non mancheranno i vantaggi, la svalutazione della moneta può essere un toccasana per le esportazioni, non è così? “La svalutazione è l’ultima spiaggia per un paese, non la si può scambiare con una politica economica attiva. Certo è che i sostenitori della Brexit sperano che vengano favoriti, per esempio, gli investimenti immobiliari”, spiega Rosa.

 

In effetti, durante il referendun del 2016 uno dei cavalli di battaglia dei leavers è stato proprio la riduzione del prezzo delle abitazioni per i cittadini inglesi. L’idea era che la Brexit avrebbe riequilibrato domanda e offerta di immobili, i cui prezzi crescevano in maniera esponenziale da anni. Tuttavia, come ha fatto notare una recente analisi del gruppo di investimenti italo-inglese Moneyfarm, dal 2016 a oggi la sterlina ha perso oltre il 20 per cento del suo valore, ma il clima di incertezza della politica e dei regolamenti ha di fatto rallentato la crescita economica più di quanto abbia frenato i prezzi delle case. Gli investimenti diretti esteri nel paese sono passati da 192 miliardi di sterline a 92 miliardi: è davvero difficile – conclude Moneyfarm – pensare che tale riduzione sia totalmente indipendente dall’esito del referendum.

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