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Il salvataggio di Carige di nuovo in impasse

Maria Carla Sicilia

Il Fondo interbancario dà il via libera alla conversione di obbligazioni in azioni, ma non basta. Possibile una nuova proroga per evitare il bail-in

Per evitare l'ipotesi di un intervento pubblico in soccorso di banca Carige sono rimasti due giorni, durante i quali tutti i soggetti coinvolti a vario titolo nel piano di salvataggio da 900 milioni dovranno dare risposte certe da presentare alla vigilanza della Banca centrale europea. L'operazione non è semplice da chiudere entro il 25 luglio e i commissari potrebbero decidere di chiedere una proroga, mal vista da Francoforte, per dare modo all'Idra chiamata a salvare Carige di coordinarsi meglio. Nonostante l'intervento dello stato sia stato più volte evocato dai due vicepremier, Luigi Di Maio e Matteo Salvini, l'ipotesi privata resta infatti la strada consigliata anche dai tecnici del Tesoro e di Bankitalia e si attende in queste ore di capire che la cordata può prendere forma o meno. 

 

Il primo impegno formale lo ha preso oggi il fondo interbancario (Ftdi), decidendo di trasformare in azioni 313 milioni di euro prestati a Carige dallo Schema volontario attraverso un bond sottoscritto lo scorso dicembre. Lo sforzo economico richiesto al sistema bancario, tuttavia, potrebbe essere quasi il doppio. Il Ftdi, al quale partecipano gli istituti italiani  ed esteri sul territorio nazionale, dovrà infatti decidere se dare disponibilità per altri 300 milioni, facendo da garante anche per 150 milioni che sarebbero in via prioritaria riservati ai soci, come ha confermato questa mattina il direttore generale Giuseppe Boccuzzi. La novità è che se i soci decidessero di sfilarsi, il sistema bancario coprirebbe il buco. 

 

L'Idra ha poi un'altra testa, quella della Cassa Centrale Banca, gruppo delle Bcc con base a Trento: domani il suo cda si riunirà per decidere se rilevare il 10 per cento dell'istituto ligure investendo circa 70 milioni. Se tutte queste riserve si sciogliessero in senso positivo, l'obiettivo di raggiungere un aumento di capitale di 700 milioni sarebbe raggiunto, ma non sarebbe sufficiente. Il passaggio successivo è in mano a due banche pubbliche – Credito Sportivo e Medio Credito Centrale – che dovrebbero sottoscrivere un nuovo bond da 200 milioni di euro. L'ultima parola spetta ancora alla famiglia Malacalza, primo azionista di Carige, chiamata a dare il suo ok all'intera operazione e decidere se sottoscrivere l'aumento di capitale. Il commissariamento, il primo deciso e gestito dalla Bce, risale alla fine dell’anno scorso quando la famiglia Malacalza decise di non procedere con un nuovo aumento di capitale, il terzo in pochi anni. 

 

Nei mesi scorsi sono già sfumate due offerte per salvare Carige, quella del fondo BlackRock e quella del fondo di private equity Apollo. Questa volta a muoversi sono tutti attori locali, alcuni dei quali, secondo il Sole 24 Ore, sarebbero favorevoli anche a imboccare la procedura di risoluzione come strada principale. L'alternativa al piano di salvataggio di cui si discute oggi, se lo stato decidesse di restare in disparte, resterebbe infatti quella del bail-in, che infligge perdite ad azionisti e obbligazionisti e, in caso non bastasse, anche ai grandi depositi. Il primo passo compiuto oggi dallo Schema volontario del Ftdi sembra tuttavia allontanare questo scenario, anche se la conversione del bond avverrà soltanto a piano definito e dopo il via libera dalla Bce. Per ora tuttavia l’opzione più probabile è quella di una nuova proroga di dieci giorni almeno per valutare le offerte e le possibili combinazioni.