L'audizione del prof. Marco Guido Ponti sull'analisi costi benefici Tav (foto LaPresse)

La meravigliosa lezione del prof. Ponti

Giuliano Ferrara

Andate oltre i costi e i benefici e ascoltate la divina follia di un Parlamento che sulla Tav sta dando il meglio di sé, ricordandoci la grande lezione di Einaudi: il futuro è a portata di mano a patto che lo si sappia manipolare all’infinito. Una vera goduria

Sto per aderire al No Tav. Anzi no, resto abbracciato alla linea di codesto Foglio, di Confindustria, della sinistra riformista, del nord produttivo e pilista, de los tecnicos e de las tecnicalidades, per l’Alta velocità e contro la decrescita infelice, per i posti di lavoro, per il buco nella montagna verso l’ineffabilmente bella e utile città di Lione eccetera. Però ho sentito la radio, che non mente, quella radicale in particolare, tutta la mattina di ieri. Squillava la voce magnifica del professor Ponti, un tipo di carillon umano amabilissimo che comprerei e metterei in casa vicino al caminetto, e con lui – chiamasi audizione parlamentare, dunque radio purissima – quella del presidente della commissione Trasporti della Camera Morelli e di tutti i suoi componenti 5 stelle, leghisti, piddini, Leu e Fratelli d’Italia e Forza Italia, tutti insieme appassionatamente, voci giovani e curiosamente esperte per lo più, buoni argomenti, qualche cattiveria, qualche grugno ingrugnito, ma un’atmosfera di assemblea scolastica nel senso migliore del termine, quando l’assemblea ti allena alla democrazia parlamentare e ti fa capire le cose. Anche con interruzioni, mi consenta, delizie tra gentiluomini e qualche colpo basso. 

 

 

Il professor Ponti, accusato di conflitto di interesse nella nomina della commissione costi-benefici ha fregato tutti dicendo al cominciamento della discuzzione che la sua relazione è ovviamente manipolabile, e che nessuno può pretendere la perfezione trattandosi di previsioni economiche, dunque di futuro, il futuro è manipolabile: sublime filosofo, altro che tecnico con curriculum da sballo, Banca mondiale eccetera. Non c’era altro da dire: conoscere per deliberare, purissimo einaudismo liberale, e il futuro è a portata di mano a patto che lo si sappia manipolabile all’infinito. Non scherzo, non sfotto, sono veramente incantato da questo confronto tra un tecnico in chief e parlamentari che mi hanno genuinamente sorpreso: dunque abbiamo ancora un Parlamento, e tutti quegli incompetenti e babbei di cui parlo da mane a sera dal 4 marzo scorso, in tutta quell’aria abborracciata di gaffe e scemenze, purtuttavia producono politica e cultura. Non scherzo, ripeto. Sentitevela in podcast, è un’Italia che c’è anche quella, è diversa da come io per primo me la rappresento: magari non sanno dov’è il Brennero, mandano due divisioni al confine francese per litigare con Manu, fanno scempiaggini catastrofiche, ma alla fine – e ora che hanno perso derrate di voti in Abruzzo finalmente lo si può dire – sono esseri umani (oops!), allievi che sanno stare a scuola, in assemblea, e fanno la loro figura. Ovvio che su Tav e buchi la penso come il vecchio saggio Fassino, o come l’architetto Virano e altri capi Tav, ma se mai ci fosse, e sarebbe meraviglioso e terribile, un referendum su tutte quelle cifre e previsioni, un vero circo nazionale, mi sentirei parte di quel circo con tutti i commedianti dell’arte, grillini compresi, ipocriti lettori, miei simili, miei fratelli. La mia ortodossia liberal-riformista in questo senso ha preso un colpo duro. Domani è un altro giorno, ma ieri era epifania, ho capito qualcosa di indistinto che non mi preclude di continuare a combatterli per quello che sono, prima che per quello che fanno, mettendomi però, almeno a Radio radicale, attentamente in ascolto della loro pressappochistica e divina follia. 

 

Volavano cifre manipolabili ma cifre, volavano standard europei, questioni di metodo su come si fa la costi-benefici (la chiamavano proprio così, come una signora di un racconto di Gadda o di Arbasino, la Costi Benefici), volavano flussi, domanda e offerta, accise, pedaggi, e il trasporto su gomma contro quello su ferro, una felice discuzzione ottocentesca ma con radici nella realtà, anche quella percepita: alla fine, altro colpo del formidabile carillon, del professor Ponti, quasi Giò Ponti, ecco l’altra faccia della diagnosi: la Roma-Milano rende, ma già la Milano-Torino e la Roma-Napoli non rendono un beneamato cazzo, sono strutture largamente sottoutilizzate, e la signora Costi Benefici ne risente, su quelle tratte che sembrerebbero l’ovvio del trasporto pubblico circolano pochi trenini. E gli oppositori a dire: ma noi siamo lo stato, non un privato, facciamo scelte strategiche, avviciniamo le città, e avevano ragione, ma paradossalmente, sul piano dei costi e dei benefici, il carillon delle mie delizie non aveva torto. 

 

Io sono Pro Vax, ma la grancassa scientista sburionesca mi fa sorridere, e finché i maghi di Swift e di Laputa, Accademia di Lagado, non mi dicono che il feto è un bambino fotografato (ce lo dice la Scienza) non gli do retta. Sono Pro Tav, ma vorrei che si capisse bene perché lo si può essere senza mesta acrimonia sviluppista, occhio per occhio imbroglio per imbroglio costi per benefici, ma invece per ragioni filosofiche all’altezza della filosofia di Ponti. Di questo in assemblea camerale non si è parlato, ma secondo me è l’argomento decisivo, onorevoli miei carissimi. Noi cristianissimi e laicissimi abbiamo inutilmente vinto un referendum sull’embrione e la manipolazione genetica, ma se fosse stato per costi e benefici lo avremmo perso, se fosse stato per l’Accademia di Lagado saremmo stati schiacciati: l’abbiamo vinto perché abbiamo posto una domanda metafisica elementare: chi o che cosa? Quel grumo di sangue inerte (versione Bonino) ovvero l’embrione con i suoi bravi cromosomi che sono come i nostri, il nostro passato e il suo futuro, quella roba lì è un “chi” o un “che cosa”?  

 

Ecco. E’ un precedente. Ma per la costi-benefici c’è un’altra sublime analogia che la rende impercorribile, vuoi su gomma vuoi su ferro, ed è questa domanda: si può fare una costi-benefici prima di un matrimonio, e se per questo anche di un’unione civile? La Tav è un matrimonio tra paesaggi, tra paesi, tra territori, un rito nuziale con l’Europa e le sue ragioni di scambio, è una scommessa assiale sulle rotte dall’Ucraina a Lisbona, una promessa infine, esattamente come un matrimonio. La si può fare in grande o in piccolo, con la separazione o la comunione dei beni, non si sa se verranno figli, se l’educazione della prole e il suo svezzamento condurranno a buoni esiti: la celebrazione sacramentale o festiva avrà il concorso di tanti (posti di lavoro, commensali, investimenti, tecnologia, sicurezza, profitti e perdite) ma non si può sapere in anticipo (ah, il futuro) se sarà un costo o un beneficio. E’ semplicemente una cosa che si deve fare, e perfino i 5 stelle nel loro piccolo s’innamorano, è una penetrazione (oops!) che vale la pena, una libido che dobbiamo travestire da scelta strategica. Sono certo che il magico e indimenticabile professor Ponti sarebbe pronto a fare analisi pertinenti o impertinenti di costo e beneficio anche su quella libido nuntiandi, ma sarebbe il primo a considerarle manipolabili e imperfette. Viva la Tav, viva il Piemonte che ha sempre parlato francese, viva la Francia e viva sempre il fegato alla lionese. Oggi sposi.

Di più su questi argomenti:
  • Giuliano Ferrara Fondatore
  • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.