Il presidente dell'Enel Francesco Starace (Foto LaPresse)

Viva il partito della realtà

Redazione

Giusta lezione di mercato di Starace su ecotassa e Tim-Open Fiber

Per lo sviluppo dell’auto elettrica “le tasse non servono più, servirebbe invece semplificare la diffusione delle nuove tecnologie”. E gli incentivi all’acquisto? “Neppure quelli. Non sono affatto fondamentali e noi non siamo per niente favorevoli”. Parola di Francesco Starace, amministratore delegato dell’Enel, cioè dell’azienda controllata dal Tesoro potenzialmente più impegnata a convincere gli automobilisti ad abbandonare i veicoli tradizionali e passare a quelli meno inquinanti. Starace, che in occasione del gran premio di Roma del 14 aprile scorso aveva annunciato l’ampliamento dell’impegno in Formula E, poteva avere tutto l’interesse a blandire i 5 stelle fautori dell’ecotassa (anche la sua poltrona dipende dal governo): preferisce evidentemente la serietà. “Il problema non sono i soldi ma la semplificazione burocratica per diffondere questa tecnologia”; in altri termini, i punti di ricarica e la disponibilità di energia, che in ultima analisi non è né illimitata né gratis.

 

A settembre 2017, al forum Ambrosetti di Cernobbio, Luigi Di Maio aveva promesso un milione di auto elettriche con i 5 stelle al governo, professandosi grande estimatore dell’Enel e criticando Sergio Marchionne, allora ancora in vita e a capo di Fca. Ma Starace non abbocca e guarda ai fatti: un mese fa ha definito “fantafinanza” la fusione delle reti telefoniche di Tim e Open Fiber, anch’essa voluta da un emendamento by Di Maio. “Non ci piacciono gli accrocchi finanziari. Non sappiamo neppure di cosa parliamo, quindi si lasci lavorare Open Fiber e si lasci tempo a Tim di definire la sua strategia con un accordo tra gli azionisti che permetta di avere un interlocutore”. In materia di auto, l’ultima versione grilloide è che non saranno tassate “quelle per le famiglie”: ecotassa di cittadinanza? Non sarà mai tardi se il vicepremier e ministro dello Sviluppo si deciderà a fare politica industriale non su internet ma confrontandosi con il principio di realtà. Ma forse questa è un’illusione.

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