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Bitcoin può avere la funzione di bene rifugio?

Redazione

Il risparmio ai tempi della blockchain. Le criptovalute possono essere uno strumento di investimento per contrastare l’instabilità dell'euro e l’incertezza dei mercati?

Bepi Pezzulli, cofondatore Capital Crypto

   

Con il quadro economico in rapido deterioramento, la stabilità del sistema finanziario è diventata una giusta preoccupazione per i risparmiatori italiani. Gli asset liquidi denominati in euro, in particolare i depositi in contanti sui conti correnti bancari sono ora esposti a rischi emergenti, anche se al momento soltanto teorici, come per esempio una tassa patrimoniale o un’eventuale uscita dall’euro. Per ovviare a tale rischi è possibile convertire la liquidità denominata in euro in criptovalute utilizzando la tecnologia blockchain. Così facendo, si preserva l’integrità del patrimonio e si neutralizza il rischio ridenominazione senza pregiudizio sulla liquidità corrente. Una soluzione interessante è offerta dalle stablecoin, che, a differenza delle criptovalute più conosciute, si basa su sottostanti che ne garantiscono maggiore stabilità. Ce ne sono di tre tipi a seconda che si basino su valute tradizionali – come dollari e franco svizzero – su altre criptovalute oppure sulla fiducia. In quest’ultimo tipo di criptovaluta rientra Carbon, creata da un gruppo di laureati di Stanford e Columbia University che sta avendo una grande diffusione negli Stati Uniti. C’è qualcosa di affascinante in Carbon: essa è vicina a realizzare il sogno dell’economista austriaco Hayek, competizione tra moneta di stato e moneta privata. In ogni caso, gli asset digitali sono strumenti investibili con delle interessanti caratteristiche di decorrelazione dalle asset class tradizionali e costituiscono una sfida per private bank e gestori patrimoniali.

No

Luca Fantacci, Università Bocconi

   

Vedo nelle criptovalute uno strumento d’investimento più speculativo e volatile rispetto a qualsiasi altra asset class, come ha dimostrato l’andamento dei bitcoin negli ultimi dieci anni. Una parte del mondo accademico conferisce a queste criptovalute lo status di “oro digitale”, ma per il semplice fatto che tecnicamente sono state costruite per essere scarse, il che è stata un’intuizione geniale per il mondo dell’economia digitale dove qualsiasi altro bene può essere copiato in maniera illimitata. Il bitcoin, la cui quantità in circolazione non può superare 21 milioni di pezzi, non si può copiare e questo gli fa assumere un valore, ma, a differenza dell’oro, non ha un uso comune consolidato nei secoli. In altre parole, non ha un valore intrinseco. Questa caratteristica espone tale criptovaluta a una estrema volatilità: può accadere che il suo prezzo di mercato si decuplichi come che torni allo zero. Non vedo come investimenti in bitcoin possano rappresentare un antidoto all’instabilità dei mercati. Discorso diverso per gli stablecoin, che hanno come sottostanti asset monetari, il che gli conferisce una caratteristica di stabilità maggiore rispetto ad altre criptovalute. Avrei forti dubbi nel suggerire questo tipo di investimento. La domanda da porsi riguarda il soggetto emittente: è sottoposto a vigilanza? Se sì, non capisco perché non investire in titoli tradizionali in dollari o in franchi svizzeri. Se no, l’investitore gode di maggiore libertà ma deve avere massima fiducia nell’emittente perché cessa ogni forma di sicurezza che il suo capitale venga preservato.

 

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