La ricetta del governo: assistenzialismo per tutti, lavoro per pochi

Redazione

Nella Manovra ci sono oltre 6 miliardi per il reddito di cittadinanza, poco più di 70 milioni per il bonus alle imprese che assumeranno laureati con 110 e lode 

Il titolo recita “Bonus occupazionale giovani eccellenze”. Si tratta dell'articolo 50 della Manovra del governo gialloverde appena arrivata alla Camera dove inizierà il suo iter legislativo. In sintesi Lega e M5s offriranno un incentivo che non potrà superare gli 8.000 euro alle aziende che, dal 1° gennaio al 31 dicembre 2019, assumeranno con “contratto subordinato a tempo indeterminato”, laureati “con una votazione pari a 110 e lode entro la durata legale del corso di studi, prima del compimento del trentesimo anno di età, in università statali e non statali legalmente riconosciute, ad eccezione delle università telematiche”. Il bonus viene anche esteso a chi possiede un dottorato di ricerca e ha meno di 34 anni. Il tutto a patto che i titoli siano stati ottenuti tra il 1° gennaio 2018 e il 30 giugno 2019.

 

Si potrebbe disquisire sul fatto che l'età media dei laureati nel nostro paese è intorno ai 26 anni e quindi quel limite indicato nella Manovra non pare aver granché senso. A meno che non si voglia premiare qualche laureato più “maturo” che ha deciso di iscriversi più tardi del previsto (Luigi Di Maio, con i suoi 32 anni, non rientrerebbe comunque nella categoria). Ma forse vale la pena concentrarsi su altro. Anzitutto va detto che, secondo la relazione tecnica allegata alla Manovra, nell'anno accademico 2017-2018, i laureati e ricercatori che corrispondono all'identikit tracciato dal governo sono all'incirca 58 mila. “La disposizione – si legge – prevede l’utilizzo di risorse nel limite di 50 milioni di euro per l’anno 2019 e di 20 milioni di euro per l’anno 2020 che corrisponderanno a circa 6.000 assunzioni, nell’ipotesi che per ogni assunzione venga fruito il beneficio massimo di euro 8.000”.

 

Insomma non un numero in grado di incidere sulla disoccupazione giovanile che, in Italia, supera il 30 per cento. Ma, si dirà, da qualche parte bisogna pur cominciare. E in fondo fa piacere che un governo che, almeno nella sua anima grillina, si mostra allergico alle competenze, e apertamente ostile verso ogni forma di eccellenza, abbia deciso di introdurre una misura “meritocratica” contravvenendo alla regola dell'“uno vale uno”. Peraltro dopo che, meno di un mese fa, aveva provato con un blitz a portare avanti l'idea di eliminare il numero chiuso nella facoltà di Medicina.

  

Come si sia passati dalla lotta contro il numero chiuso all'esaltazione del valore del voto di laurea è un percorso tutto da scoprire. Molto più chiaro, invece, il fatto che l'articolo 50 è poco più che un gesto di beneficienza. Le priorità del governo, infatti, sono altre. E basta guardare ai numeri. La Manovra destina 70 milioni ai laureati mentre ne accantona oltre 6 miliardi per il reddito di cittadinanza. Sarebbe bastato utilizzare un po' di quelle risorse per le politiche attive del lavoro, per la formazione, l'istruzione, magari per incentivare le assunzioni e sostenere le imprese. Ma per il governo, evidentemente, l'assistenzialismo è un diritto per tutti. Il lavoro un privilegio per pochi eletti. E all'istruzione, come sempre, le briciole.

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