James Dyson (foto LaPresse)

La lampadina di Dyson

Ugo Bertone

Il designer inglese pro Brexit sfida Tesla con una nuova auto elettrica made in Singapore

Milano. Pentitevi, gente di poca fede. La stagione dei geni solitari, capaci di rovesciare il mondo con un’invenzione non è finita. Alla faccia dei robot. Sì, anche loro i protagonisti della rivoluzione dell’auto elettrica, oggi più o meno l’1 per cento del parco macchine mondiale, ma che già nel 2020 conterà più di 9 milioni di pezzi in circolazione, con un tasso di crescita del 50 per cento annuo. Ma quel che conta è che “il tramonto del motore a scoppio apre lo spazio per nuovi protagonisti”, afferma James Dyson, eclettico miliardario che ha dato il nome all’aspirapolvere senza sacchetto e ad altre invenzioni.

 

Un genio figlio d’arte che, però, non ha commesso gli errori del padre, insegnante di lettere ma piccolo Archimede nel tempo libero che non riuscì mai a trovare un finanziatore. James è stato più fortunato o, forse più scaltro al punto dal diventare l’imprenditore più ricco del Regno Unito. Ora, ricco e famoso, a 72 anni si lancia in un’impresa ancora più ambiziosa: creare una macchina elettrica di nuovo tipo, a costo contenuto, forte di un’anima nuova, una batteria rivoluzionaria attorno a cui a Hullavington nel Wiltshire, in quattro giganteschi vecchi hangar già utilizzati dalla Raf, stanno lavorando 400 tecnici, avanguardia di un esercito di ingegneri di 2 mila unità che saranno assunti nel prossimo futuro.

 

 

Perché Dyson intende mettere in strada la prima Dyson Car nel 2020. E per questo ha già annunciato la sede del primo stabilimento: no, non sarà nel Regno Unito, nonostante l’inventore sia un sostenitore della Brexit – “ma questo non c'entra” tiene a precisare – o negli Stati Uniti, bensì Singapore, la sede ideale per fare business: vicina al principale mercato di sbocco, che non potrà che essere la Cina, ma anche dotata di tutte le infrastrutture fisiche e di tutte le competenze necessarie, a partire dal personale altamente qualificato, per favorire il decollo di un’industria di manifacturing proiettata sul futuro, diametralmente diversa dalle esperienze Automotive, sia quelle del Novecento che le più recenti.

 

In realtà, però, l’impresa di Dyson, che prenderà il via entro l’anno sotto la guida di un ex manager di Bmw, Ian Robertson, ha comunque commesso una “scippo”: una buona parte dei tecnici (non ha senso parlare di tute blu) avrà alle spalle un’esperienza in Tesla, la tribolata creatura di Elon Musk, che pure sembra in grado di prendersi la rivincita contro i nemici che hanno scommesso sul fallimento del suo pirotecnico creatore. Le cronache di Wall Street registrano infatti che, nel bel mezzo di una seduta negativa per il mercato, il titolo Tesla ha preso il volo con un rialzo del 12 per cento abbondante. Una resurrezione sorprendente, tanto più imprevista perché legata alla conversione di Citron Research, un fondo speculativo che per cinque anni di fila è stato uno dei più implacabili venditori allo scoperto di azioni Tesla. Quasi un miracolo, legato alla moltiplicazione delle vetture elettriche che finalmente escono dalla fabbrica del Nevada: 83.500 Model S nel terzo trimestre, sufficienti a garantire la leadership nel settore davanti a Volt, scuderia Gm. Per la rabbia dei giganti dell’auto tedesca, ancora impantanati nelle conseguenze del dieselgate e nell’eredità di un patrimonio tecnologico legato alla “vecchia” automobile. Certo, dati i precedenti di Musk, merita di attendere conferme prima di cantare vittoria. Ma è interessante notare che, poco più di un secolo dopo, sulla scena dell’innovazione si ripete un duello di fine Ottocento. Da una parte il sudafricano Musk, nelle vesti del redivivo Niklas Tesla, il genio visionario serbo definito il “santo patrono dell’elettricità”, scienziato capace di grandi intuizioni ma anche di sortite eccentriche. Dall’altra il genio pratico di Dyson, al servizio di aspirapolveri ed asciugacapelli come Thomas Edison, lo fu per il grammofono ed altri oggetti che hanno rivoluzionato la vita di ogni giorno. Chi vincerà il Santo Graal? Pronostico difficile, senza dimenticare però che nessuno dei due vinse il Nobel perché entrambi si rifiutarono di condividere il premio con l’altro.

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