Giovanni Tria (foto LaPresse)

"Keynes è il re di Roma". Bank of America scettica sul Def

Mariarosaria Marchesano

La banca d'affari dubita della capacità del governo di tenere sotto controllo il deficit. Piazza Affari ancora la peggiore in Europa (meno 1,3 per cento)

Milano. A volte i titoli dei report finanziari sono volutamente spiritosi, così tanto per invogliare la lettura di temi molto tecnici. E la banca d'affari americana Bofa Merrill Lynch, che segue questa tradizione, nella consueta nota del fine settimana sulla situazione europea, ha dato il meglio di sé titolando così il focus sull'Italia: "Keynes è il re di Roma". Frase che la dice lunga sull'impressione che gli investitori internazionali hanno di come il governo giallo verde intenda utilizzare la leva della spesa pubblica per rilanciare l'economia del paese. L'ironia, però, si ferma qui poiché, poi, nei contenuti dell'analisi il tono si fa serio. Il giudizio espresso dalla banca d'affari sulla versione finale della nota di previsione del Def, inviata ieri sera alle Camere dopo diversi cambiamenti, è di sostanziale scetticismo anche dopo la correzione al ribasso del rapporto deficit-pil nei prossimi tre anni. E questo perché, secondo Bofa, è l'obiettivo del 2019 che il governo dovrebbe sottoporre al controllo più stretto.

 

Chiude male una settimana di grande volatilità

Un'opinione che pesa in una giornata di Borsa che si è complicata dopo essere già partita male stamattina anche in seguito alla notizia della visita del presidente della Bce Mario Draghi al capo dello stato Sergio Mattarella in cui sono state espresse serie preoccupazioni per la situazione dell'Italia. Così, dopo una settimana di grande volatilità dei mercati, con lo spread che è arrivato a toccare 300 punti base (ieri a 285), Piazza Affari ha chiuso la seduta di venerdì con una perdita dell'1,3 per cento ed è ancora una volta il peggior listino finanziario d'Europa.

 

Un gesto di buona volontà nei confroni dell'Ue

Ma su che cosa si basa lo scetticismo di Bofa Merrill Lynch? Ecco in sintesi la sua opinione sul Def: “La revisione al ribasso del disavanzo dal 2,4 per cento del pil nel 2019 all'1,8 per cento nel 2021 e una riduzione del 4 per cento del rapporto debito-pil nello stesso periodo possono essere considerati un gesto di buona volontà nei confronti delle istituzioni europee, ma restiamo scettici. È l'obiettivo del 2019 che dovremmo sottoporre al controllo più stretto. Sebbene il macro-scenario sia tecnicamente coerente ora, vediamo tre possibili punti critici: rendimenti più alti che danneggiano il dividendo della crescita, un possibile deficit di finanziamento e la conformità con le norme dell'Ue”.

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