Lo stato trasportatore

Redazione

Su Anas-Fs e Alitalia investimenti ad alto moltiplicatore (di debiti e poltrone)

Torneremo a farla diventare compagnia di bandiera, con il 51 per cento in capo all’Italia e un partner che la faccia volare”: Danilo Toninelli, ministro a 5 stelle delle Infrastrutture, risolve il problema Alitalia rimettendone i costi futuri a carico dei contribuenti. Egualmente la maggioranza gialloverde silura la fusione Fs-Anas, voluta dai governi pd in un’ottica di risparmi (Anas ha 9 miliardi di contenziosi, le Fs hanno maggior potere contrattuale): ieri si sono pronunciati i due sottosegretari leghisti alle Infrastrutture, Edoardo Rixi e Armando Siri, sostenendo che far viaggiare i treni e la manutenzione delle strade sono mestieri diversi.

 

“Perché allora” sostiene Ugo Arrigo, docente di Finanza pubblica alla Bocconi ed esperto di trasporto ferroviario “non integrare l’Anas nella Rete ferroviaria italiana? Separando le reti dal servizio daremmo una spinta alla concorrenza”. Ma nel mirino c’è la poltrona di Renato Mazzoncini, ad di Fs rinviato a giudizio per un’inchiesta su contributi a una controllata umbra; e due vertici da spartire tra i due alleati sono meglio di uno. Così il riassetto del trasporto pubblico italiano diviene il nuovo fronte nazionalsovranista, con l’Alitalia che tornerà compagnia di bandiera com’era fino al 2008, riuscendo a chiudere due soli bilanci in utile in tutta la sua storia.

 

“L’italianità è un punto fondamentale” dice Toninelli, senza spiegare ai contribuenti perché dovrebbero sopportare ancora i costi di un’azienda che nel 2017 è scivolata al quarto posto per passeggeri da e per l’Italia, dietro Ryanair, EasyJet e Lufthansa. Mentre turismo e traffico business hanno ripreso a crescere, segno che non esiste una strategicità di Alitalia, esiste un bacino di voti da curare, al quale in campagna elettorale è stato promesso il paracadute. Non solo. C’è una frase rivelatrice della politica industriale di questo governo: “Troveremo un partner che la faccia volare” dice il ministro del Lavoro e dello Sviluppo economico Luigi Di Maio, che promette di “attivarsi presso i grandi player”. Il governo ammette implicitamente che non sarà capace di far funzionare l’Alitalia (e ora che Parigi vuol disfarsi della quota pubblica di Air France in occidente non ci sono più compagnie di bandiera). Quello sarà lavoro di altri, lo stato coprirà i costi. E in questo senso i contribuenti possono farsi un’idea più precisa di cosa siano questi famosi “investimenti ad alto moltiplicatore”: moltiplicatori di debiti.