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Su Alitalia non si cambia

Andrea Giuricin

Il governo, con Toninelli, rispolvera il vecchio adagio dell'italianità e propone la nazionalizzazione del 51 per cento del vettore. Ma è un concetto superato, i grandi non hanno bandiera

Un’idea nuova s’aggira nella politica: nazionalizzare al 51 per cento Alitalia. Il ministro delle Infrastrutture e dei trasporti Danilo Toninelli ha dato l'annuncio, spiegando che “l’italianità è un punto fondamentale del futuro” della compagnia.

Al tempo stesso il collega di governo, ministro del Lavoro e vicepremier, Luigi Di Maio, ha assicurato che verrà dato un futuro alla compagnia aerea per tutelare le esigenze dei lavoratori.

 

Il vettore sta ancora perdendo un milione di euro al giorno (nel primo semestre del 2018) e c’è il serio rischio che ben presto la Commissione Europea obblighi la società a ridare indietro 900 milioni di euro ai contribuenti italiano. Il prestito ponte si configura infatti, molto probabilmente, come aiuto di stato.

 

Al tempo stesso, i lavoratori di Alitalia sono già stati tutelati con diversi miliardi di euro di cassa integrazione speciale nell’ultimo decennio, pagati dai contribuenti e da tutti i viaggiatori che utilizzano un aereo (esiste una tassa speciale per coprire il fondo del trasporto aereo che pagate anche se non usate Alitalia).

Bisogna però anche ricordare che il costo del lavoro di Alitalia è ormai in linea con diverse low cost e che i problemi dell'azienda derivano in primo luogo dalla struttura dei ricavi e in parte da altri costi.

 

 

In questo scenario l’unico soggetto che ancora una volta non sembra essere tutelato è il contribuente italiano. Ma cerchiamo di non guardare solo negativo: il punto positivo delle affermazioni di Di Maio e Toninelli è che, finalmente. si prende coscienza della gravità della situazione dell’ex compagnia di bandiera.

 

Le note negative riguardano invece diversi punti: in primo luogo la conferma della nazionalizzazione dopo oltre un anno di Commissariamento.

La procedura commissariale aveva il compito di procedere alla vendita e di fatto il ministro delle Infrastrutture sta avvisando che questa procedura è cambiata. Ci sarà dunque un socio pubblico che avrà la maggioranza.

 

È essenziale comprendere un punto fondamentale del trasporto aereo moderno che sembra sfuggire ai molti: il mercato aereo è sempre più concentrato e a livello europeo si è ormai creato da anni un mercato unico.

In questa ottica l’Italia è un mercato regionale. I grandi player europei hanno quasi tutti oltre 90 milioni di passeggeri, contro i circa 20 milioni trasportati da Alitalia (il gruppo Lufthansa e Ryanair trasportano circa 130 milioni di passeggeri ciascuno).

Nessuno dei cinque grandi player vede una maggioranza dello Stato azionista e anche nel caso di Lufthansa, la grande d’Europa, sono i fondi d’investimento americani e le banche che hanno le quote azionarie più elevate.

 

E l’italianità?

Il concetto era stato già espresso durante la privatizzazione infinita del 2008, quando l’allora premier Silvio Berlusconi decise di appoggiare la famosa cordata dei capitani coraggiosi. Sappiamo come è andata a finire quella cordata (con il fallimento), ma è bene ricordare che nel frattempo il mercato aereo si è anche profondamente modificato.

 

Quale è dunque la quota di mercato di Alitalia per il trasporto internazionale di passeggeri da e per l’Italia? In parole povere, quanto è importante Alitalia per le connessioni internazionali? L’ultimo dato disponibile è relativo al 2017 e Alitalia risulta essere la quarta compagnia, dietro Ryanair, Easyjet e anche al gruppo Lufthansa per numero di passeggeri trasportati dall’estero. Di fatto il vettore irlandese, britannico e il gruppo tedesco trasportano più passeggeri da e per l’Italia di Alitalia che ha ormai una quota davvero residuale pari all’8,5 per cento.

 

Un altro esempio può essere quello delle connessioni verso la Cina dal principale aeroporto italiano ed hub di Alitalia, Roma Fiumicino. Su 8 destinazioni e 25 voli diretti settimanali, zero sono quelli serviti da Alitalia. Sono i vettori cinesi di fatto che collegano il nostro paese a molte destinazioni di quel che fu il Celeste Impero.

L’italianità di Alitalia o la tutela dei lavoratori sono dunque l’ennesima foglia di fico per sprecare ulteriori risorse del contribuente. E certificano che alcuni lavoratori sono più uguali di altri e, pur passando gli anni e i partiti politici, le soluzioni sono sempre le stesse.

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