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Perché il matrimonio tra Alitalia e Fs è una rinazionalizzazione da evitare

Maria Carla Sicilia

Coinvolgere la compagnia ferroviaria significa ammettere il fallimento della vendita del vettore aereo

La battaglia sul futuro di Alitalia si gioca come sempre su due tavoli. Da un lato quello “privato”, con i commissari impegnati ad incontrare i possibili acquirenti (a Roma sono arrivati i rappresentanti del fondo americano Cerberus e di Air France, interessati a rilevare la compagnia). Dall'altro quello “pubblico”, con il governo che starebbe invece pensando a un ingresso di Ferrovie dello Stato. Secondo fonti dell'esecutivo sentite dal Sole 24 ore, Ferrovie potrebbe essere coinvolta in una cordata, probabilmente insieme a Cassa depositi e prestiti. Un'ipotesi che sembra confermare come il processo di vendita di Alitalia non stia dando i risultati sperati dal governo, alle prese con offerte inferiori alle aspettative, e che apre a uno scenario molto simile a una rinazionalizzazione delle perdite. Per il momento Fs non si espone. “Offerte commerciali congiunte con Alitalia sono allo studio – ha detto al Sole il portavoce delle Ferrovie – Sulla cessione del vettore, invece, posso dire soltanto che Fs non sono nella procedura”. 

  

Secondo le stime di Andrea Giuricin, analista del settore aereo, dopo il prestito ponte da 900 milioni e la ristrutturazione avviata a maggio dell'anno scorso, nonostante i ricavi tra il 4 e il 5 per cento previsti dai commissari, Alitalia continua a perdere soldi al ritmo di mezzo milione di euro al giorno, 100 milioni nell'ultimo bimestre. “A questo punto il rischio di un intervento pubblico è alto – dice Giuricin – perché più passa il tempo e più si bruciano soldi dei contribuenti, mentre la società continua a perdere valore”. E però “un intervento pubblico a questo punto suona come un'ammissione di responsabilità da parte del governo, che ammetterebbe come il processo di vendita sia stato un fallimento”.

  

Dopo la recente fusione di Fs con Anas, l'ipotesi paventata dal governo accentrerebbe nelle mani dell'operatore nazionale del ferro sia il controllo delle strade che del vettore aereo. Senza considerare che Ferrovie è proprietaria, non solo dei treni e del servizio, ma pure delle reti (attraverso la controllata Rfi) e opera anche nel settore del trasporto passeggeri su gomma. Un grande colosso che monopolizzerebbe buona parte dei trasporti italiani, anche sulle tratte in cui la concorrenza con gli aerei è diretta, come quelle dell'alta velocità. Lo scenario della fusione potrebbe permettere ad Alitalia di lasciare a Fs le tratte nazionali, per concentrarsi su quelle intercontinentali. Ma il recente addio della compagnia di bandiera alla Cina dimostra che ormai per Alitalia è tardi. “Ci vogliono almeno due anni perché un volo a lungo raggio diventi profittevole – spiega Andrea Giuricin – e questo è sempre pià difficile con le nuove compagnie, anche low cost, che entrano nel mercato”.

  

D'altra parte il mercato del traffico aereo è assai diverso da quello ferroviario e operare su entrambi richiederebbe capacità distinte. Con l'arrivo di Italo sul mercato Ferrovie si è vista sottrarre il 35 per cento del traffico. La concorrenza nei cieli, tra vettori low cost e il rilancio di Meridiana attraverso Air Italy, non è una partita semplice da giocare. “Ferrovie potrebbe dimostrare di avere buone capacità industriali per rilanciare Alitalia. Ma di fronte a un accentramento di questo tipo sarebbe preferibile una gestione pubblica temporanea finalizzata a ristrutturare la compagnia aerea per renderla più appetibile, che evidentemente non è nelle possibilità attuali dei commissari, per rilanciare la compagnia”, commenta al Foglio Ugo Arrigo, docente di Economia dei trasporti a Milano Bicocca. Insomma, se altri soldi pubblici devono essere usati è meglio non farli passare attraverso Ferrovie.

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