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L'assurda ossessione per il "risparmio"

Redazione

La parabola degli italiani formichine stride con l’urgenza d’imparare a investire

Quando si parla di risparmio i termini più gettonati sono “paura”, “insicurezza”, “sfiducia”. Non è andata diversamente per l’indagine Acri-Ipsos 2017 presentata alla Giornata del risparmio martedì. Eppure le cifre dicono il contrario: a fine anno il patrimonio finanziario delle famiglie sarà di 4.200 miliardi, 80 in più che nel 2016. E ben 700 rispetto all’annus horribilis 2011. E’ probabile che tra dodici mesi, quando la Banca d’Italia tirerà le somme, scopriremo un risparmio privato non solo tornato ai livelli pre-crisi ma da record da quando esistono le serie storiche. Egualmente la percentuale di chi dichiara di risparmiare ora e in futuro è con il 37,4 per cento la fetta maggiore del campione, superiore al 21 che dice di intaccare il deposito o di indebitarsi. I dati oggettivi e gli umori personali testimoniano non una crisi, ma una certa ossessione: pare che, come per la pensione vista come scopo principale della vita professionale, risparmiare sia il primo obiettivo delle famiglie. Certo, per difendersi dai momenti difficili e da uno stato inefficiente.

 

Ma non sarebbe più logico investire nella propria formazione, o in quella dei figli, o altro, anziché accumulare? E a proposito di investimenti, il 67 per cento delle famiglie tiene le proprie ricchezze liquide o al contrario si fionda su beni ad alto rischio (100 mila famiglie hanno comprato diamanti, rimettendoci la metà dei soldi). Oppure continua a considerare beni rifugio l’oro e la casa, soggetti all’altalena del mercato. Insomma l’ignoranza regna, come testimoniano le vecchie sbandate per i bond argentini e di recente per obbligazioni e azioni bancarie non quotate ma comprate “sulla fiducia”. Col pretesto di una Costituzione che tutela il risparmio, si chiede che i contribuenti paghino per la dabbenaggine, o l’avidità. E’ il problema dell’Italia che vanta uno tra i maggiori risparmi privati al mondo. Una ricerca dell’italiana Global thinking foundation, vede la situazione in miglioramento tra i millennial, giovani fino a 35 anni: l’alfabetizzazione è del 47 per cento, poco più che in Francia e Giappone, molto meno che in Germania e Regno Unito. Ma precipita con l’aumentare dell’età, quando ci sono più soldi in tasca. Bisognerebbe risparmiare meglio. Ma, sfidando l’eresia, si dovrebbe spargere meno retorica sul risparmio e incoraggiare i redditi, i consumi, gli investimenti. A partire da quelli su noi stessi.