Volare oltre il voto
Nella vendita a pezzi di Alitalia comanda chi compra, Lufthansa ed EasyJet
Dal 2008 non c’è manovra finanziaria che non interessi il trasporto aereo o l’Alitalia in particolare, per permetterle di continuare a volare. Probabilmente i lavoratori che in aprile votarono a maggioranza contro il piano industriale, comportando il fallimento dell’ex compagnia di bandiera sapevano che la politica non li avrebbe abbandonati prima delle elezioni 2018, dato che rappresentano un bacino di voti. Avevano ragione. I sindacati sono stati convocati mercoledì al ministero del Lavoro per discutere il prolungamento della cassa integrazione. E poi con l’integrazione prevista nella legge di Bilancio del prestito ponte all’amministrazione straordinaria di Alitalia – 300 milioni in aggiunta ai 600 già concessi – il governo conferma di voler garantire ossigeno ai commissari per scavalcare le urne. Sul fronte industriale la necessità di nuovi fondi suggerisce che nel periodo estivo, solitamente profittevole per il settore, Alitalia abbia volato in perdita e fa capire che i negoziati con le compagnie che hanno fatto offerte per rilevare certi asset saranno problematici. Hanno comunicato ufficialmente il loro interesse Lufthansa ed EasyJet. La compagnia tedesca ha già soccorso AirBerlin – fallita al pari di Alitalia dopo le curatele di Etihad – e dice di volere lavorare per creare una “Nuova Alitalia” e ha dichiarato interesse “solo per il network globale e per il business dei voli point-to-point in Europa e in Italia”. Tradotto: vuole rafforzarsi sul mercato italiano senza farsi carico di vecchie pendenze, come debiti (3 miliardi) e lavoratori di terra (la prospettiva è di 6 mila esuberi su 12 mila dipendenti, dice il Corriere della Sera). Il fardello ricadrà su banche creditrici, fornitori e contribuenti. D’altronde il potere contrattuale, in questa condizione, ce l’ha chi compra.
Difficoltà e soluzioni