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Alitalia e le altre, cosa c'è di nuovo sotto i cieli

Onelia Onorati

Attese le offerte per rilevare l’ex compagnia di bandiera. Compagnie tradizionali e low cost verso una convergenza?

Roma. Gran fermento per le compagnie aree, tradizionali di linea e quelle low cost. In queste ore cadranno finalmente i veli sui pretendenti della nostra compagnia di bandiera, che da qui a qualche mese definirà (forse una volta per tutte) le sue sorti. Le proposte, con ogni probabilità, si focalizzeranno soprattutto sulla parte aviation e non su tutta la compagnia, con spezzatino in vista. Il caso Alitalia, entrata in amministrazione straordinaria da maggio e in grado di garantire i voli solo grazie al prestito ponte da 600 milioni concesso dal governo, esteso di 300 milioni nella legge di Bilancio, non è un unicum nel panorama dei cieli internazionali. E' fallita nei mesi scorsi AirBerlin, altra compagnia partecipata dagli emiratini di Etihad, e soccorsa da Lufthansa, l’unica ad aver scoperto le carte in tavola per l’offerta Alitalia. E' probabile una proposta anche dalla low cost inglese EasyJet. L’irlandese RyanAir si è ritirata in seguito a un recente errore di programmazione delle ferie dei piloti che ha fatto emergere uno scandalo nella gestione delle risorse umane indebolendo il vettore fondato da Micheal O’Leary. 

  

E' in atto un processo di riallineamento e riorganizzazione dei cieli su larga scala, in particolare per le compagnie di linea e investe sia i lavoratori sia le strategie operative. Anche la solida Lufthansa ha avuto un gran daffare per mettersi d’accordo con i suoi sindacati. Il recente accordo dei tedeschi, valido fino al 2020, prevede una politica “morbida” sui tagli che mette fine ad anni di contese e scioperi. Dall’altro capo del mondo, Air Canada sta stringendo partnership per migliorare la sua gestione organizzativa con scelte di ottimizzazione dei costi che sono state subito premiate dal mercato borsistico. La spagnola Iberia, invece, si è fatta promotrice della prima compagnia low cost per voli intercontinentali in seno al gruppo Iag (International airlines group), in cui partecipa insieme a British Airways, Vueling e Aer Lingus. Si chiama Level e collegherà all’inizio Spagna e paesi sudamericani, utilizzando quasi unicamente il personale di Iberia. Un modo alternativo per riallocare risorse su una nuova tratta che, se avrà successo, potrebbe portare persino a nuove assunzioni. L’iniziativa ha allettato anche Air France, che ha appena lanciato il nuovo vettore economico “per giovani” Joon. Il riallineamento delle compagnie di bandiera rovescia il processo iniziato negli anni scorsi: sono i grandi gruppi oggi a inseguire le low cost sul loro stesso terreno.

  

Anche sul fronte low cost, naturalmente, il mercato è in subbuglio. Certo, la costellazione dei fallimenti è piena di esempi, con Air Berlin, Vim Avia (in questi ultimi mesi) e in anni addietro anche Spanair (spagnola), Malev (ungherese) e BmiBaby (britannica). Ben diverso però è il caso di Ryanair, che nonostante l’eclatante cancellazione di 400 voli sulle tratte meno redditizie, ha più che altro problemi di personale: dal primo gennaio ha reclutato 830 piloti a fronte di circa 700 dimissioni. Molti degli esodi da Ryanair sarebbero andati a beneficio di Norwegian Airlines, in vista dei suoi annunciati voli low cost transoceanici. E se in tanti non vedono l’ora di veder crollare le varie Easy Jet, Ryanair, Air Asia, Wizzair (dito puntato su servizi spartani, aeroporti di partenza più lontani dai centri storici, orari scomodi…) i numeri dicono il contrario. Come riporta Il Foglio anche quest’anno sono cresciuti i passeggeri e i fatturati, complice forse anche il calo del carburante negli anni scorsi: i ricavi di EasyJet sono saliti del 16 per cento, quelli di Wizzair del 25 per cento, per esempio.

  

Insomma i venti del cambiamento e della concorrenza, spirati dalle low cost, creano nuove alleanze e migliorano l’andamento del settore. E se un genio della finanza come Warren Buffett se n’è accorto, investendo nel 2017 circa 9,3 miliardi di dollari sulle compagnie aeree americane (American, Delta, United, Southwest), dopo aver dichiarato per anni che si tratta di un investimento a perdere, forse c’è da sperare che quello aereo sia tornato un settore in fermento.  

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