Banche italiane e l'interesse di Schäuble
Senza stabilità grazie ai soccorsi pubblici non si parlerebbe di uscita dal Qe
Fino a ieri i politici tedeschi – sia alleati sia avversari della cancelliera Angela Merkel – sembravano gareggiare tra loro nell’offrire ai media domestici critiche puntute ai salvataggi bancari realizzati in Italia negli ultimi mesi con l’apporto di capitali pubblici, quindi in deroga al principio cardine del bail-in, ovvero risparmiare il fardello ai contribuenti. Fino a ieri, appunto, perché le dichiarazioni positive del ministro delle Finanze, Wolfgang Schäuble, potrebbero modificare la percezione tedesca durante gli ultimi mesi di campagna elettorale in Germania. “Negli ultimi mesi l’Italia ha dimostrato di sapere come gestire la situazione, ho totale fiducia”, ha detto prima di una discussione all’Eurogruppo sulle banche venete. Un percorso tortuoso ha portato Veneto Banca e Popolare di Vicenza nelle braccia di Intesa Sanpaolo, con lo stato a coprire gli oneri per 5 miliardi di euro (fino a un massimo ipotetico di 17) a favore della prima banca italiana che così ha allargato il suo dominio sul nord del paese. L’Antitrust nazionale non aprirà alcuna istruttoria in merito all’acquisizione degli attivi e rami di azienda delle banche venete: sia perché non c’era interesse concreto da parte di altri intermediari, sia perché la concentrazione non pregiudica l’assetto concorrenziale del mercato, dice il bollettino dell’Autorità di ieri mattina. Il decreto che ha reso possibile il soccorso è in discussione alla Camera questa settimana, ma dovrà passare attraverso un dibattito parlamentare conflittuale. Baruffe politiche a parte, non c’è un malcontento generalizzato per l’esborso che ha portato a mettere in sicurezza l’industria bancaria.
Sono decisioni prese “nel pieno rispetto delle regole Ue” (Jeroen Dijsselbloem, presidente Eurogruppo) che “mettono fine all’incertezza” (Pierre Moscovici, commissario agli Affari economici). Oltre alle banche venete ci sono i 5,4 miliardi di euro che rendono lo stato azionista di controllo del Monte dei Paschi di Siena. Un’operazione quest’ultima che si aggiunge alla fusione Banco-Bpm, alla cessione a Ubi delle quattro banche regionali risolte a fine 2015, e al rafforzamento di Carige ordinato dalla Banca centrale europea. Se i focolai di crisi non fossero stati arginati la situazione sarebbe problematica da ogni punto di vista, anche tedesco. Se infatti uno stato chiave come l’Italia fosse rimasto così vulnerabile difficilmente si potrebbe discutere – come invece si sta facendo – di una riduzione degli stimoli monetari da parte della Bce. Non c’è niente cui la politica tedesca tenga di più.
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