Mariano Rajoy (foto LaPresse)

Così la Spagna è diventata bastione della credibilità europea

Alberto Brambilla

Perfino il fallimento del Banco Popular è presentato come un successo del temuto bail-in. Storia di un riscatto

Roma. La Spagna è riuscita a presentare il fallimento di una banca come un trionfo nazionale e soprattutto europeo. Il 6 giugno il Banco Popular, una importante banca che non aveva accettato aiuti pubblici in passato, è stata dichiarata sostanzialmente fallita dal Single resolution board (Srb), l’organismo della Commissione europea che gestisce le crisi bancarie, e la mattina seguente la principale banca spagnola, il Santander, l’ha rilevata per la somma simbolica di un euro (sarà necessaria una ricapitalizzazione da 7 miliardi in futuro). Gli azionisti e gli obbligazionisti subordinati sono stati azzerati come prevede il nuovo meccanismo di risoluzione europeo, il famigerato bail-in, che non aveva ancora portato a gestioni ordinate di crisi bancarie da quando è entrato ufficialmente in vigore all’inizio dell’anno scorso.

 

Il governo spagnolo, la Commissione europea e Ana Botìn, ceo del Santander, hanno espresso apprezzamenti quasi all’unanimità perché il bail-in ha dato prova di potere funzionare senza strascichi quando ben gestito; a differenza di quanto visto negli anni passati quand’era in fase embrionale e di sperimentazione a Cipro (Bank of Cyprus), in Austria (Hypo Alpe-Adria), in Portogallo (Banco Espírito Santo) e in Italia (quattro banche regionali e Monte dei Paschi di Siena).

 

Il governo spagnolo ha avuto modo di sottolineare che non c’è stato bisogno di chiedere soldi ai contribuenti come fu nel caso del soccorso al colosso Bankia nel 2012, quando Madrid necessitò del sostegno finanziario delle autorità europee a condizione di riforme strutturali all’epoca osteggiate dall’opinione pubblica per rimediare alla crisi del credito derivante dalla bolla immobiliare precedente.

L’agenzia di rating americana Moody’s ora sostiene che il regime del bail-in – spesso descritto come uno “spettro” dai media italiani – ha guadagnato credibilità dopo il caso del Popular. “Il costo del salvataggio – dice Moody’s – è ricaduto sui detentori di obbligazioni subordinate, con l’appoggio di una iniezione di capitale privato da parte del compratore (il Santander). Questo ha permesso un risultato indolore per i creditori garantiti e per i depositanti”.

L’ultimo soccorso italiano al Monte dei Paschi invece si è discostato dal principio cardine sotteso al bail-in, per cui devono essere sostanzialmente i privati partecipanti alla vita della banca e l’industria bancaria a dover incaricarsi della risoluzione. Nel caso di Mps anche i contribuenti pagheranno il conto, fino a 6,6 miliardi di euro, per risolvere il dissesto del problematico istituto toscano.

 

La risoluzione della crisi del Popular dimostra
che il bail-in funziona, dice Moody's.
Mentre Merkel e Macron intendono rafforzare l'Eurozona, la Spagna
di Rajoy diventa centrale per il progetto europeo (altro che zona "pigs"). Crescita solida, lavoro, immunità dall'incertezza politica. Una questione
di reputazione

La vicenda conferma che grazie alla credibilità acquisita durante la crisi finanziaria ed economica la Spagna rappresenta il terzo pilastro dell’Eurozona a fianco di Francia e Germania. Mentre la cancelliera tedesca Angela Merkel e il neo-presidente francese Emmanuel Macron invocano una maggiore integrazione europea, dopo il ridimensionamento dei partiti sovranisti e il distacco del Regno Unito dall’Unione europea, il governo di Mariano Rajoy è garanzia di credibilità. “Noi europei dovremmo davvero prendere il nostro destino nelle nostre mani”, ha detto di recente Merkel dal tendone di biergarten bavarese. Un lamento che, secondo il Financial Times, potrebbe rappresentare a livello politico quello che per i mercati finanziari è stato il famoso “whatever it takes” con cui il presidente della Banca centrale europea, Mario Draghi, arginò la crisi dell’eurodebito. Un’esortazione, quella di Merkel, che Madrid ha già in parte dimostrato di saper mettere in pratica durante gli ultimi anni di crisi, uscendone rafforzata.

Tra le quattro principali economie della zona euro, la Spagna sta sperimentando la ripresa più solida, sebbene da una base di partenza più modesta. Una combinazione di riforme e attenzione alla spesa pubblica ha cominciato a produrre risultati dal 2014, quando l’economia nazionale ha segnato due anni di crescita consecutiva a un tasso superiore al 3 per cento nel 2015 e anche nel 2016. Un anno, quest’ultimo, caratterizzato da elevata incertezza politica per via della difficoltà del Partito popolare di centrodestra, guidato dal premier Rajoy, a formare un governo forte – governa in minoranza dopo le elezioni generali di novembre. La crescita del pil e la resistenza a una condizione spiccata di instabilità politica sono il derivato di una serie di riforme strutturali, in primis quella del mercato del lavoro prodotta sempre da Rajoy nel 2012.

 

Il mercato del lavoro spagnolo è stato reso più flessibile e adatto a incanalare investimenti esteri, in particolare dal settore automobilistico: riduzione dei costi di licenziamento, definizione chiara di licenziamento senza giusta causa, riduzione del potere delle organizzazioni sindacali nella contrattazione collettiva e maggiore facilità per le aziende di decidere salari e orari. Il tasso di disoccupazione è calato costantemente dal 26,1 per cento nel 2013 al 18,1 nel 2017, ma tra i giovani resta ancora alto e saranno necessari ulteriori interventi per non perdere i progressi fatti. Maggio è stato uno dei migliori mesi in assoluto perché ha confermato la capacità del mercato di creare possibilità di impiego proseguendo la tendenza cominciata a inizio 2017: si sono aggiunti al sistema di previdenza sociale 683 mila nuovi soggetti (più 3,9 per cento rispetto all’anno prima) mentre sono diminuite dell’11 per cento circa (430.275 unità) le richieste di registrazione tra le file di disoccupati. A prova del fatto che il miglioramento del mercato del lavoro ha sostenuto la fiducia dei consumatori e quindi la loro predisposizione a spendere, le vendite al dettaglio sono tornate a crescere (dell’1,8 per cento nel mese di aprile rispetto allo stesso mese dell’anno precedente), confermando che la ripresa è avviata.

 

La storia spagnola di gestione della crisi europea nelle sue diverse fasi è quella di un “pigs” (infelice acronimo per i paesi dell’euro-periferia) che ha migliorato enormemente la sua reputazione. Madrid adesso è diventata più centrale che periferica per il progetto europeo perché ha dimostrato di sapere tornare a crescere usando i vincoli esterni comunitari e per di più scongiurando, finora, il pericolo di restare inghiottita da potenziali rivolgimenti politici interni che invece costantemente preoccupano Roma.

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  • Alberto Brambilla
  • Nato a Milano il 27 settembre 1985, ha iniziato a scrivere vent'anni dopo durante gli studi di Scienze politiche. Smettere è impensabile. Una parentesi di libri, arte e politica locale con i primi post online. Poi, la passione per l'economia e gli intrecci - non sempre scontati - con la società, al limite della "freak economy". Prima di diventare praticante al Foglio nell'autunno 2012, dopo una collaborazione durata due anni, ha lavorato con Class Cnbc, Il Riformista, l'Istituto per gli Studi di Politica Internazionale (ISPI) e il settimanale d'inchiesta L'Espresso. Ha vinto il premio giornalistico State Street Institutional Press Awards 2013 come giornalista dell'anno nella categoria "giovani talenti" con un'inchiesta sul Monte dei Paschi di Siena.