Mario Draghi e Jens Weidmann

Silenzio, parla Mario

Redazione

Draghi allontana le speculazioni sulla fine degli stimoli alimentate da Weidmann (e dall'olandese Knot)

La Banca centrale europea manterrà invariata la politica espansiva di acquisti di titoli pubblici e aziendali unita a tassi d'interesse eccezionalmente bassi nel prossimo futuro. Questo perché la ripresa economica europea non ha ancora basi così solide da potere discutere un rientro. Almeno secondo il presidente Mario Draghi e il capo economista Peter Praet, una "colomba", che hanno parlato questa mattina da una conferenza a Francoforte, in contrasto alle pressioni politiche e mediatiche tedesche. Nei mesi scorsi, infatti, si erano levate forti proteste dall'establishment economico e politico tedesco, in un anno di campagna elettorale, visto che il tasso d'inflazione in Germania aveva prima superato il target Bce del 2 per cento, una soglia psicologica, per poi però tornare all'1,7 a febbraio.

 

 

In questo frangente è lampante la divergenza di visioni tra Draghi e Jens Weidmann, capo della Bundesbank, e indicato come suo potenziale successore nel 2019. Il banchiere italiano e quello tedesco sono d'accordo su diversi punti d'analisi - gli inferiori tassi d'interesse sul debito garantiti dall'azione Bce hanno aiutato i governi che però non hanno fatto abbastanza - ma divergono essenzialmente sulla strategia: la ripresa economica attuale consente di discutere già da ora dell'exit strategy da politiche espansive? Per Draghi è troppo presto per parlarne prima che l'inflazione riprenda vigore - a prescindere dall'influenza dei prezzi delle materie prime e alimentari - e aumentino i salari. "Prima di modificare qualsiasi componente del nostro orientamento - tassi di interesse, acquisti di titoli e 'forward guidance' - dobbiamo essere sufficientemente sicuri che l'inflazione veramente converga verso il nostro obiettivo nell'orizzonte di medio termine, e che riesca a restare a questi livelli anche con condizioni di politica monetaria meno generose", ha detto.

 

 

Invece per Weidmann, che notoriamente non vede di buon grado gli acquisti di titoli pubblici, si deve iniziare a discuterne: "Date le prospettive di ripresa continua e robusta nell'Eurozona e di un aumento delle pressioni inflazionistiche, è legittimo discutere di quando il Consiglio direttivo debba normalizzare la politica monetaria e come possa modificare la propria comunicazione in anticipo (forward guidance, ndr)", ha detto da un convegno a Berlino in mattinata. Gli fanno da sponda le dichiarazioni di Klaas Knot, Banchiere centrale olandese, un "falco", che a fine marzo aveva detto che la Bce dovrebbe presto ridurre gli stimoli. Un segnale del fatto che la tendenza tra i paesi nordici, Germania e Olanda, è quella di andare ancora una volta a braccetto. Gli analisti sui mercati da tempo discutono la possibile sequenza di un'uscita - se prima si esaurisca il programma di acquisti e solo dopo si rialzino i tassi o viceversa - e il fatto che Draghi abbia chiuso la porta al dibattito riduce la speculazione.

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