L'inflazione galoppante investirà Draghi

Redazione

Prezzi diversi tra Roma e Berlino. Altre bordate tedesche sulla Bce

In Italia il 2017 è iniziato con nostalgia: l’anno appena passato, ha scritto mercoledì Reuters, sarà ricordato per essere stato il primo dal 1959 a registrare una variazione negativa del dato medio annuo dei prezzi al consumo, ovvero di deflazione. L’amarcord però durerà poco: ultimamente l’inflazione è risalita con un recupero (più 0,5 per cento a dicembre, da più 0,1 a novembre) comunque inferiore alla media della zona euro. E’ un dato contrastante con l’andamento dell’inflazione in Germania che a dicembre ha fatto un balzo inatteso dell’1,7 per cento su base annua ed è più che raddoppiata rispetto a novembre (0,8). Una tendenza che sta mettendo in allarme stampa tedesca e analisti economici che hanno iniziato un fuoco di fila sulla Banca centrale europea di Mario Draghi.

 

La Welt mercoledì invocava una rapida stretta monetaria: quest’anno, scrive il quotidiano conservatore, l’inflazione potrebbe superare il 2 per cento, un andamento “esplosivo” nell’anno elettorale di Berlino, mentre aumenteranno le richieste di tassi più elevati e le pressioni sulla Bce. Gli esperti sentiti dalla Faz concordano. Per Clemens Fuest (Ifo) la Bce “dovrebbe porre fine al Quantitative easing a marzo 2017 se l’andamento (inflazionistico) fosse confermato a livello europeo” – ovvero ben prima del dicembre 2017, come annunciato dalla Bce il mese scorso in parallelo con la comunicazione che il “tapering” (la riduzione degli acquisti mensili di titoli pubblici) inizierà ad aprile (passerà da 80 a 60 miliardi). Stefan Kooths (IfW) chiede alla Bce di “abbandonare la politica ultra-espansiva, della quale ormai non si vede alcun beneficio”. La festa in Italia sta per finire?

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