Il presidente del Consiglio Matteo Renzi (foto LaPresse)

Sforzi da Draghi sulle tasse

Redazione
Abbassare Ires, Irpef e cuneo fiscale dà un senso alla “flessibilità”. Anche l’economista Francesco Giavazzi sollecita Renzi a redigere una nuova agenda con un “taglio secco” di almeno due punti di pressione fiscale

Una cosa è certa: per Matteo Renzi le tasse non sono più bellissime, come le chiamò nel 2007 Tommaso Padoa-Schioppa, ministro dell’Economia di Romano Prodi. E come, al di là di quella infausta definizione, le ha a lungo manovrate nella pratica la sinistra: basta pensare all’aumento delle aliquote Irpef deciso sempre nel 2007 dal tandem Visco- Bersani, e alla definitiva consegna dell’Irap alle addizionali. L’annuncio, per ora limitato alle intenzioni, di anticipare al 2017 gli sgravi Irpef in contemporanea con il taglio dell’Ires sulle società, completa l’inversione a U e creerà mal di pancia e problemi di identità alla vecchia “ditta” democratica, e alla Cgil, un mondo per il quale eventualmente le tasse non si riducono ma si redistribuiscono, magari in nome dell’equità. Un film già visto con l’abolizione “berlusconiana” dell’imposta sulla prima casa. Naturalmente tagliare le tasse sulle persone nel 2017 ha anche un significato elettorale, se il premier vorrà andare alle urne con un anno di anticipo. Nulla di scandaloso sotto il cielo delle democrazie; basta però mantenere la promessa e non condurre l’operazione a carico del debito pubblico per il quale esiste l’analogo e solenne impegno renziano alla riduzione.

 

Tuttavia non si può ridurre a mera ricerca di consenso l’urgenza di tagliare una pressione fiscale scandalosamente alta. Lo ripete da tempo Mario Draghi, certo non un tifoso della finanza allegra: lo ha detto due settimane fa in un’audizione al Parlamento europeo, ovviamente aggiungendo “se c’è margine”. Draghi aveva sollecitato a tagliare Irpef e Irap già nel commiato dalla Banca d’Italia prima di trasferirsi alla presidenza della Banca centrale europea nel 2011, e poi inaugurando l’anno accademico 2012 della Bocconi. Allora però l’Italia era in piena emergenza Spread. Anche nell’ormai celebre lettera della Bce dell’estate 2011 si auspicava un “ridisegno di sistemi regolatori e fiscali che siano più adatti a sostenere la competitività delle imprese e l’efficienza del mercato del lavoro”. Sul Corriere della Sera di domenica, poi, l’economista Francesco Giavazzi sollecita a Renzi una nuova agenda con un “taglio secco” di almeno due punti di pressione fiscale partendo dalla sterilizzazione degli aumenti Iva incombenti, dalla riduzione dell’Ires, dalla soppressione dell’Irap fino alla trasformazione in sgravio di aliquota del bonus di 80 euro che oggi riguarda solo i dipendenti.

 

[**Video_box_2**]Per Giavazzi su questo fronte vale la pena di condurre una battaglia con Bruxelles, non su un paio di decimali di deficit.  Ma indicare anche riduzioni di spesa corrispondenti a cominciare da interventi più coraggiosi nella riforma della Pubblica amministrazione e da tagli più netti alle aziende locali inutili e improduttive. Certo, molto meglio abbassare le tasse sulle famiglie e sul lavoro che i 500 euro ai diciottenni.

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