Foto LaPresse

Con tasse così alte, paghiamo tutti ma siamo sempre di meno. La fuga di Ryanair e non solo

Marco Valerio Lo Prete
"Pagare tutti, pagare meno"? Ragioni storiche e molto attuali per non bersi automaticamente il motto in voga nell'Italia delle imposte record. Il caso la compagnia aerea irlandese ha annunciato la chiusura di alcuni scali italiani per “l’illogica decisione del governo di aumentare ancora le tasse municipali”, non è il solo.

Roma. Attorno al 225 avanti Cristo, un potentissimo terremoto fece crollare una delle Sette meraviglie del mondo antico, il colosso di bronzo eretto all’ingresso del porto di Rodi. Ciò che però spinse alla decadenza la fiorente città-isola dell’Egeo fu un fenomeno ancora più potente di quella scossa tellurica: la tassazione. Per il tributarista e storico americano Charles Adams, la parabola di Rodi è la conferma più evidente di un effetto distorsivo dell’eccessiva tassazione, il cosiddetto “effetto sostituzione”. Un concetto che, se opportunamente popolarizzato, potrebbe funzionare come utile antidoto a fronte di tanto chiacchiericcio sulla pressione fiscale che viene amplificato nel discorso pubblico italiano, a partire dai talk-show televisivi. Andiamo per ordine: gli antichi romani, in guerra con la Macedonia, non perdonarono a Rodi la sua neutralità. Così, una volta sconfitti i macedoni, i senatori di Roma decisero di riprendersi alcuni territori dall’isola dell’Egeo e di aprire un porto nell’isola di Delos, vicino a quello di Rodi ma questa volta tax free. “Il traffico commerciale del Mediterraneo orientale aggirò immediatamente Rodi e si ridirezionò su Delos – scrive Adams – Il gettito fiscale della prima isola, normalmente pari a un milione di dracme d’argento, calò fino a 150.000 dracme”. Ecco l’effetto sostituzione, per come lo definiscono gli economisti: imposte troppo alte alterano i “prezzi relativi”, e il contribuente è indotto a sostituire il bene o l’attività tassata con un bene o un’attività non tassata. I commercianti sostituirono Rodi con Delos.

 

Duemila anni dopo, si prenda la vicenda di Ryanair: la compagnia aerea irlandese ha annunciato la chiusura di alcuni scali italiani, come Pescara e Alghero, per “l’illogica decisione del governo di aumentare ancora le tasse municipali”. Si possono ipotizzare future trattative dietro le quinte tra Ryanair e Palazzo Chigi, ma intanto, secondo Dario Stevanato, ordinario di Diritto tributario all’Università di Trieste, “questa vicenda dovrebbe far riflettere coloro secondo i quali non esistono né l’effetto sostituzione né limiti verso l’alto alla pressione fiscale”. I limiti invece esistono. E quando vengono oltrepassati ci ricordiamo che la prima vittima delle tasse troppo elevate è sempre e comunque – in via di principio – la libertà privata, ma la seconda vittima è la ricchezza. Diminuiscono i profitti di Ryan Air, diminuiscono gli occupati negli aeroporti, diminuisce la nostra libertà di movimento. Vale anche per gli individui, non solo per le imprese. Ci sono i casi più mediatizzati dei ricconi in fuga dall’Europa alla volta di paesi con un fisco meno oppressivo.

 

Tuttavia c’è anche la più silenziosa migrazione interna dei pazienti italiani in cerca di cure mediche migliori: i flussi di persone in uscita dalla propria regione di origine nascono, guarda caso, nelle regioni con la Sanità commissariata (Lazio, Campania, e in maniera più soft Piemonte e Puglia) e quindi con le aliquote Irpef più alte. I pazienti fuggono da dove si è speso di più e peggio in passato, e da dove oggi – nel tentativo di rimediare – si tassa di più. Dal canone Rai ai balzelli aeroportuali, passando per l’Irpef, invece di continuare con  la solfa “paghiamo tutti, paghiamo meno”, prendiamo atto che se paghiamo tutti e troppo, saranno sempre meno i cittadini e le imprese disposti a pagare. Paghiamo tutti, ma paghiamo in meno: magra consolazione. 

Di più su questi argomenti: