Angela Merkel e Alexis Tsipras (foto LaPresse)

Idee merkeliane per il debito greco

Marco Valerio Lo Prete
La Grecia rimane aperta per ferie. Quest’anno, però, non soltanto nelle sue isole più turistiche. Il primo ministro ellenico, Alexis Tsipras, ha detto infatti che è pronto a riaprire il Parlamento per alcune sessioni estive, così da approvare quante più riforme di quelle contenute nell’accordo.

Roma. La Grecia rimane aperta per ferie. Quest’anno, però, non soltanto nelle sue isole più turistiche. Il primo ministro ellenico, Alexis Tsipras, ha detto infatti che è pronto a riaprire il Parlamento per alcune sessioni estive, così da approvare quante più riforme di quelle contenute nell’accordo varato a metà luglio con gli altri stati europei. Intanto ieri lo stesso esecutivo di Atene ha deciso la cessione di 14 aeroporti regionali al gestore tedesco Fraport – già selezionato dal predecessore conservatore, Antonis Samaras – per la cifra di 1,23 miliardi. Sembrano lontanissimi i tempi in cui il governo greco bollava come “terroristi” i suoi creditori internazionali, Berlino o Roma che fossero. D’altronde domani la Grecia deve rimborsare 3,2 miliardi di euro alla Banca centrale europea, e il paese ha bisogno della prima tranche di aiuti per poterlo fare.  E prima di allora altri parlamenti europei – ieri è toccato a Spagna e Austria – devono avallare gli 86 miliardi di euro di aiuti. Stamattina tocca al Bundestag tedesco. E l’esito del voto – è scontato il “sì” – non è nemmeno l’aspetto più rilevante, dice al Foglio William Cline, senior fellow del Peterson Institute for International Economics di Washington.
 

 

Il Bundestag tedesco si inizierà a riunire questa mattina per approvare il pacchetto di aiuti alla Grecia. Il governo Merkel, sostenuto da una grande coalizione di cristiano-democratici e socialdemocratici, stasera dovrebbe portare a casa l’atteso “ja”. Alcuni analisti politici sono pronti a contare i dissidenti di centro-destra che voteranno “nein”, perché la ribellione interna potrebbe essere la più grave nel decennio di cancellierato Merkel. William Cline, economista al Peterson Institute for International Economics di Washington, in una conversazione con il Foglio, invita a guardare un po’ più in là per capire l’effettiva sostenibilità, politica ed economica, dell’intesa tra stati europei e Atene. In particolare l’ex vicedirettore e capo economista dell’Institute for International Finance (Iff), la lobby globale delle istituzioni finanziarie private, tratteggia uno scenario di possibile compromesso anche sulla vexata quaestio del debito pubblico greco, un compromesso tale che consenta alla Merkel di continuare a cooperare anche con il Fondo monetario internazionale (Fmi) di Christine Lagarde.

 

Innanzitutto, però, Cline dà un giudizio sul contesto, a quasi otto mesi dall’elezione di Tsipras: “L’accordo trovato è il migliore che si potesse raggiungere dopo che un governo populista come quello attuale greco ha destabilizzato una situazione che altrimenti sarebbe stata migliore. Ricordo che a giugno il Fmi ha certificato che, soltanto un anno fa, il debito greco era di fatto sostenibile”. Oggi però lo stesso Fmi invoca un alleggerimento del debito pubblico del paese, a costo di imporre perdite agli stati europei creditori: “E’ curioso che il Fmi ora ponga questa condizione sulla base di una previsione che giudica il debito greco insostenibile soltanto a partire dal 2030. Dal 2015 al 2020, per esempio, il costo del debito greco sarà pari al 3,7 per cento del pil, appena maggiore del 3,4 per cento in Italia e inferiore al 4,3 per cento in Portogallo”. Cline, alla luce di questi numeri, giudica come “nonsense” le tesi di quegli economisti e di quei politici che vedono nel debito greco il macigno che impedisce oggi all’economia di quel paese di muoversi. E ritiene che l’enfasi sulla cancellazione parziale del debito punti piuttosto a ottenere “una spinta politica” a favore degli sforzi riformatori nell’opinione pubblica greca; si tratta di una strategia a questo punto “convergente” di governo greco e Fmi a trazione americana.

 

[**Video_box_2**]Allora perché Merkel è così impegnata in queste ore a cercare un’intesa con il Fmi? Per due ragioni, dice Cline: “Perché se il Fmi rimane nel gruppo dei creditori, un domani sarà più facile dire agli elettori tedeschi che ci sono ‘necessità tecniche’ per cui bisogna continuare ad aiutare la Grecia, e non conta soltanto la generosità degli europei. E poi Merkel vuole tenere a bordo il Fmi perché, su 86 miliardi di aiuti complessivi da sborsare, un contributo anche piccolo dell’organizzazione internazionale non sarà comunque insignificante”. Plausibile, ma il Fmi dice che non parteciperà al terzo salvataggio se non saranno fatti sconti sul debito. E oggi il Bundestag non voterà un testo che contenga riferimenti a questi sconti. “Ci sono margini, nella lettera dell’attuale accordo, per alleggerire il debito. Non facendolo attraverso un haircut sul capitale per il periodo post 2030, come chiede oggi il Fmi. Ma iniziando da subito, riducendo ancora il servizio sul debito”. Spiega Cline, però, che questa riduzione immediata dovrebbe essere “condizionata” per non incorrere di nuovo nelle censure di Parlamento e opinione pubblica tedeschi, oltre che “per essere più efficace”: “Ridurre gli interessi solo a patto che il processo di riforme economiche del governo greco continui. O soltanto nel caso di una ripresa economica più bassa delle attese che faccia calare il gettito fiscale”, conclude l’economista americano. Di questa idea si discute sottotraccia in Germania. Proprio ieri, il primo a proporla pubblicamente è stato Marcel Fratzscher, presidente del Diw, istituto tedesco di Berlino.