Cristina Kirchner (foto LaPresse)

L'avidità dei creditori senza memoria

Luciano Capone
L'Argentina che pretende da Cuba il pagamento dei debiti degli anni Settanta e accusa i fondi americani perché vogliono indietro i soldi prestati a Buenos Aires

In questi giorni di crisi greca e di trattative che si intensificano al ritmo di sirtaki man mano che le scadenze si avvicinano, si parla molto dell’avidità dei creditori e del ragionierismo della Germania della Bce e del Fondo monetario internazionale, che non accettano un taglio del debito neppure di fronte alla gravità della crisi sociale e umanitaria della Grecia. Diversi politici ed economisti, a partire dal premio Nobel Paul Krugman, consigliano ad Atene di non pagare un debito insostenibile e immorale, seguendo l’esempio dell’Argentina, che ha fatto default e ha smesso di seguire l’austerity imposta dal Fmi. Il governo di sinistra della peronista Cristina Kirchner non solo ha rifiutato di pagare i creditori, ma da diversi anni attacca duramente gli investitori che hanno rifiutato di accettare un taglio del debito del 70 per cento definendoli speculatori e “avvoltoi”, come nel caso del fondo dell’americano Paul Singer che con la sua vittoria in tribunale ha mandato di nuovo in default il paese sudamericano. Ma la prospettiva di fronte a un debito cambia nettamente se devi esigerlo anziché pagarlo, e così ora è la Kirchner che fa la parte del “buitre” nei confronti di un alleato in difficoltà economiche come Cuba. Come racconta Bloomberg, il regime socialista ha chiesto una ristrutturazione del debito di 11 miliardi di dollari che ha nei confronti dell’Argentina, ma Buenos Aires non ne vuole sapere e pretende la restituzione del prestito fino all’ultimo centesimo.

 

La vicenda parte dal lontano 1973, quando Fidel Castro riceve da Juan Domingo Perón un prestito da 1,2 miliardi di dollari per la fornitura di autovetture. L’Avana e Buenos Aires hanno sempre avuto buoni rapporti, proseguiti nonostante le differenze ideologiche anche durante la dittatura dei colonnelli, che Fidel ha supportato nella guerra delle Falkland contro la Gran Bretagna della Thatcher. In tutti questi anni gli interessi sul debito cubano hanno continuato a macinare e anche a causa di altri prestiti negli anni ’80 ora il debito complessivo ha raggiunto gli 11 miliardi di dollari, una somma molto grande che Cuba non riesce a restituire.

 

[**Video_box_2**]L’isola caraibica ha subìto una gravissima crisi dopo il crollo dell’Unione Sovietica, quando sono venuti a mancare i rubli di Mosca, poi la situazione è migliorata con la continua iniezione di petrobolívar da parte dell’alleato Hugo Chávez, ma ora anche il Venezuela è in crisi nera e Cuba sta cercando di conquistare un’autonomia economica attraverso riforme di mercato. Per dare respiro alla fragile economia dell’isola, già nel 2006, quando al Palacio de Revolución c’era ancora Fidel e alla Casa Rosada c’era Nestor Nirchner, Cuba aveva chiesto all’Argentina un taglio del 75 per cento del debito (più o meno pari all’haircut che l’Argentina aveva fatto ai suoi creditori), ma la proposta venne rifiutata. Ora Raúl Castro, il fratello e successore di Fidel alla presidenza di Cuba, è tornato alla carica chiedendo uno sconto a Cristina, che è subentrata al marito Nestor alla guida dell’Argentina, ma “la presidenta” per ora ha risposto picche e vuole indietro tutto. Eppure lo scorso anno la Kirchner aveva pubblicamente elogiato il presidente russo Vladimir Putin per la cancellazione del 90 per cento del debito da 32 miliardi di dollari che Cuba aveva maturato dai tempi dell’Unione Sovietica. E l’atteggiamento da “avvoltoio” Buenos Aires ce l’ha anche con il Paraguay, da cui pretende 18 miliardi di dollari (secondo Asunción non integralmente dovuti) per un prestito di 6 miliardi di dollari del 1983 per la costruzione di una centrale idroelettrica. È il lato meno noto del doppio atteggiamento della Kirchner rispetto al pagamento dei debiti: colomba quando bisogna pagare, avvoltoio quando c’è da incassare.

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  • Luciano Capone
  • Cresciuto in Irpinia, a Savignano. Studi a Milano, Università Cattolica. Liberista per formazione, giornalista per deformazione. Al Foglio prima come lettore, poi collaboratore, infine redattore. Mi occupo principalmente di economia, ma anche di politica, inchieste, cultura, varie ed eventuali