Ignazio Visco (foto LaPresse)

Tendenza Leopolda

Visco triangola con Renzi e Padoan ma teme un “cigno nero” e boccia la Pa

Marco Valerio Lo Prete
Bankitalia ottimista sulla ripresa, meno sul “fattore C” internazionale. Compiti a casa da fare e elogi per Mario Draghi. Toh, gli 80 euro vanno.

Roma. “Una vera ripresa stenta ad avviarsi”, diceva un anno fa, nelle sue considerazioni generali, Ignazio Visco. “La ripresa è avviata”, ora è da “consolidare”, ha detto invece ieri lo stesso governatore della Banca d’Italia, di fronte ad autorità e personalità riunite a Palazzo Koch per il consueto appuntamento annuale. Il governatore, pur tenendosi alla larga da guizzi retorici nei giudizi espressi o da punture di spillo inattese in quanto a proposte alternative, ha ribaltato un consolidato cliché del dibattito pubblico: i toni cautamente ottimistici li ha riservati alle vicende domestiche, quelli moderatamente scettici li ha utilizzati per descrivere quanto accade fuori dai nostri confini. L’azione riformatrice del governo su lavoro e fisco è stata promossa, il ministero dell’Economia supera il test a pieni voti (la sufficienza arriva perfino per gli 80 euro); le critiche sono concentrate sulla (non) riforma della Pubblica amministrazione.

 

L’incertezza sul futuro della Grecia, che ieri ha fatto chiudere le Borse europee di nuovo in negativo e ampliare lo spread tra Btp italiani e Bund tedeschi a 138 punti, aleggia pure sulla Banca d’Italia. Nella Relazione annuale gli economisti di Palazzo Koch parlano poi di “attività economica mondiale che ha deluso le attese”, di “commercio mondiale che è aumentato assai meno delle attese”, di “ripresa ancora fragile nell’area euro”.

 

A proposito di Grecia, Visco non ha accennato al “contagio” nel caso non si trovasse a breve un accordo tra Atene e i creditori internazionali (Unione europea, Banca centrale europea, Fondo monetario internazionale). “Tensioni gravi”, ha preferito chiamarle, con effetti “potenzialmente destabilizzanti”. Ecco il cigno nero, imprevedibile ma funesto, che potrebbe celarsi dietro l’angolo. E se ai vertici della Banca d’Italia si dicono ancora “possibilisti” sull’esito del tira e molla al confine dell’Eurozona, quelli di Palazzo Koch che hanno seguito i pourparler più da vicino dicono che oramai la vicenda è nelle mani di una Troika diversa da quella che fu, composta dalla cancelliera tedesca Angela Merkel, dal presidente della Commissione Jean-Claude Juncker e dal primo ministro ellenico Alexis Tsipras. A proposito di Troika, nemmeno Visco comunque è tenero con il governo di Atene; nelle sue considerazioni non se la prende con i creditori troppo inflessibili (d’altronde anche il sistema Bce perderebbe soldi in caso di un nuovo default del paese), preferisce mettere in luce “le difficoltà delle autorità greche nella definizione e nell’attuazione delle necessarie riforme”. E’ la credibilità della politica locale che latita, insomma. Un ammonimento che poi il governatore generalizza, nella chiusa della sua prolusione: “Nel dibattito tra paesi, talvolta difficile e teso, si fa meglio ascoltare chi dimostra di far bene a casa propria, di onorare appieno i propri impegni. Sia anche questo uno sprone a consolidare i progressi compiuti, in Italia come nel comune cammino in Europa”. Questo richiamo agli Hausaufgaben, ai “compiti a casa” cari alla leadership tedesca, è tutt’altro che scontato alla luce di altre considerazioni poco ortodosse di Visco, come quelle sull’importanza dell’intervento pubblico in economia, “dove il mercato incontra i suoi limiti”. Tuttavia è questo il principale metro di giudizio con cui il governatore valuta l’operato dell’esecutivo.

 

Perché il Quantitative easing, o allentamento quantitativo, della Bce di Mario Draghi è una manna dal cielo (e “il costo di un’incompleta attuazione sarebbe molto elevato”, cari colleghi della rigorosissima Bundesbank), ma al governo spetta fare altro. Per non sprecare la ripresa della domanda interna (soprattutto via investimenti), e la fiducia che viene espressa da famiglie e imprese. Non che finora non si sia fatto nulla, anzi: “Per rimuovere gli ostacoli allo sviluppo del paese è stata avviata un’azione di riforma, riconosciuta a livello internazionale da istituzioni e mercati”. Innanzitutto bene il Jobs Act che ha “ridotto il disincentivo alle assunzioni a tempo indeterminato connesso con l’incertezza sugli esiti della risoluzione dei rapporti di lavoro”; è la versione forbita del brocardo meno popolare secondo cui “poter licenziare più facilmente vuol dire poter assumere di più”. Sugli 80 euro la Banca d’Italia rinvia alla Relazione in cui si anticipano alcuni risultati dell’Indagine biennale sui bilanci delle famiglie: “Il bonus fiscale sarebbe stato consumato per circa il 90 per cento, un valore simile alla propensione media al consumo”, c’è scritto. Quindi il bonus di 80 euro sui redditi più bassi, secondo le rilevazioni della Banca d’Italia, si sarebbe davvero trasformato in consumi aggiuntivi e non si sarebbe fermato sotto il mattone.

 

Sulla battaglia per la riforma della governance europea, Palazzo Koch fornisce cartucce teoriche alle proposte avanzate in queste ore a Bruxelles dal governo in vista del Consiglio europeo di giugno (e che il Foglio ha anticipato domenica): sviluppare una “fiscal capacity” dell’Unione è cosa buona e giusta per attuare politiche anti cicliche. In particolare si può ragionare su uno “schema di assicurazione contro la disoccupazione nell’area euro”, esattamente la formula di “risk sharing” che nei documenti di Palazzo Chigi ha sostituito l’araba fenice degli Eurobond, indigesti a Berlino. Per il momento, comunque, congratulazioni a Padoan che ha conquistato lo spazio per “politiche di bilancio” di orientamento “sostanzialmente neutrale, dopo gli aggiustamenti del triennio precedente”.

 

[**Video_box_2**]Visco tuttavia, dalla sua posizione volutamente terza e oramai insospettabile di anti renzismo preconcetto, si è permesso eccome di bacchettare l’esecutivo. Sul dossier del “bail-in”, per esempio, ha ricordato che “il termine per il recepimento della direttiva sul risanamento e sulla risoluzione delle banche è scaduto alla fine dell’anno scorso”, il governo ancora non si è mosso ed “è urgente provvedere”, per non trovarsi tra pochi mesi a dover razionalizzare banche pericolanti senza avere gli strumenti per farlo (sul settore bancario, vedi l’articolo di Stefano Cingolani qui a fianco in pagina). Istituti di credito a parte, il rischio domestico maggiore che il governo deve fronteggiare è comunque quello di una ripresa che non crea occupazione. Oltre a investimenti pubblici e privati mirati, e a una “compiuta integrazione delle politiche attive e passive del lavoro”, Visco e i suoi suggeriscono al governo di prendere sul serio la riforma della Pubblica amministrazione. “Nelle nostre indagini, le imprese segnalano con chiarezza le difficoltà dovute al sovraccarico di adempimenti burocratici e all’instabilità delle norme”. Nella Relazione, poi, è un susseguirsi di dati allarmanti sulla Pa: da quelli della Banca mondiale per cui siamo agli ultimi posti in Europa per le voci “concessione di licenze” e “efficacia del governo”, a quelli dell’Ocse secondo cui i nostri dipendenti pubblici sono ultimi “in termini di competenze linguistiche e numeriche”, per finire con l’Istat che rileva come le retribuzioni nel settore pubblico siano legate più all’anzianità di servizio che ad altro. “Consolidare la ripresa”, dunque, non sarà un pranzo di gala.