Così la Cina torna a bussare (forte) alle porte del Fondo monetario

Marco Valerio Lo Prete
La storia e il senso di una quasi-valuta internazionale chiamata "Diritti speciali di prelievo", il dibattito all'interno del Fondo monetario internazionale, il braccio di ferro tra Washington e Pechino (con il suo Yuan)

Oggi, come ogni lunedì, su Radio Radicale è andata in onda la mia rubrica settimanale intitolata "Oikonomia". Cliccando qui potete ascoltare l'audio, di seguito invece il testo.

 

Leader politici e media europei, interessati così da vicino dall'evolvere della crisi greca e più in generale della moneta unica, rischiano di dedicare un livello di attenzione insufficiente ad altri mutamenti pur strutturali in corso nell'economia mondiale. Un mese fa, in questa rubrica, ci siamo occupati per esempio della Banca asiatica d'investimento per le infrastrutture, creata da Pechino e che nel mondo ha raccolto adesioni inattese, inclusa quella di alleati storici degli Stati Uniti d'America (fra cui l’Italia). 

 

A maggio poi, negli uffici del Fondo monetario internazionale a Washington, inizieranno alcune riunioni riservate su un altro dossier che riguarda il sistema monetario internazionale e in particolare i cosiddetti Diritti speciali di prelievo (Dsp). La Cina, ancora una volta, sarà al centro di queste riunioni. Ma cosa sono, innanzitutto, i Diritti speciali di prelievo? Ricordare come e perché sono nati può aiutare a capirlo. Negli anni 60, mentre gli scambi commerciali vivevano un'ascesa senza precedenti, per varie ragioni la fiducia globale nel dollaro americano iniziò a scricchiolare e allo stesso tempo i mercati fiutarono una carenza strutturale di oro. In mancanza di valute o asset alternativi che potessero essere utilizzati a fianco di oro e dollari e quindi allontanare il rischio di stagnazione e deflazione, il Fondo monetario pensò di introdurre per i suoi stati membri un nuovo strumento di riserva internazionale, i Diritti speciali di prelievo appunto. Nel 1969, per la prima volta da quando era entrato in vigore nel 1944, l'accordo istitutivo del Fmi fu emendato per far nascere questo strumento il cui valore era inizialmente legato all'oro; poi dal 1974 venne invece legato a un paniere ponderato di monete.

 

Kenneth W. Dam, studioso di politica monetaria ed esponente di varie Amministrazioni americane, ha spiegato una volta: "I diritti speciali di prelievo differiscono da tutte le precedenti proposte per un aspetto importante. Prima si riteneva essenziale che qualsiasi nuovo strumento di riserva internazionale creato attraverso il Fondo fosse sostenuto da un qualche altro asset. I Diritti speciali di prelievo, invece, sono stati creati dal nulla. Sono stati assegnati ai partecipanti in proporzione alle quote di partecipazione al Fondo monetario, così che qualcuno ha definito i Diritti speciali di prelievo come una manna dal cielo. Un'analogia a portata di mano è quella con una moneta fiduciaria creata da un governo nazionale e il cui valore è sganciato da un qualsiasi bene fisico come per esempio l'oro".

 

Da quando questo nuovo strumento di liquidità internazionale è formalmente nato, il Fondo monetario ha compiuto quattro emissioni dello stesso, di cui due nel 2009 subito dopo il crack finanziario negli Stati Uniti. Quattro emissioni per un valore di 204 miliardi di Diritti speciali di prelievo, equivalenti a circa 280 miliardi di dollari americani. E' pure in ragione di queste emissioni che il Fondo monetario da qualche anno assomiglia sempre più a una banca internazionale, anche se l'organizzazione internazionale ci tiene a precisare che "i Diritti speciali di prelievo non sono né una valuta, né un diritto da far valere rispetto al Fondo". Come possono essere utilizzati dunque questi Diritti speciali di prelievo? Non soltanto come unità di misura in alcune organizzazioni internazionali, ma anche per scambi volontari tra i paesi membri del Fondo monetario, oppure quando lo stesso Fondo impone ad alcuni paesi membri con forti squilibri con l'estero di comprare Diritti speciali di prelievo da altri paesi. Un esempio di fantasia: se l'Italia deve estinguere delle obbligazioni in franchi svizzeri e ha appena ricevuto una ulteriore quota di Diritti speciali di prelievo, l'Italia può mettersi d'accordo con la Cina per offrirle Dsp in cambio di dollari; dopodiché il nostro paese può vendere dollari e comprare i franchi svizzeri necessari. 

 

Quanto vale un Diritto speciale di prelievo? Il suo valore si basa su un paniere di quelle che sono ritenute le quattro principali valute internazionali, pesate dal Fondo monetario internazionale ogni 5 anni. Dal 2010 il valore di un Dsp si fonda per il 41,9% sul valore del dollaro americano, per il 37,4% sull'euro, per l'11,3% sulla sterlina inglese, per il 9,4% sullo Yen giapponese. Da anni vari osservatori hanno chiesto una diversa ponderazione che aderisca più realisticamente alla influenza delle diverse valute in termini di scambi internazionali  e riserve monetarie. Negli ultimi tempi è stata soprattutto la Cina a reclamare (sommessamente ma con insistenza) un posto per il suo yuan. La novità è che negli scorsi giorni il direttore esecutivo del Fondo monetario internazionale, Christine Lagarde, rispondendo a una domanda sulla possibile inclusione della moneta cinese nel suddetto paniere, ha detto: "Se ciò accadrà non è una questione di 'se', ma soltanto una questione di 'quando'", ha detto intervenendo alla Fudan university in Cina. Guardacaso proprio a maggio inizieranno i colloqui riservati per la revisione del paniere su cui si basa il valore di questa sorta di moneta internazionale coniata dal Fondo monetario internazionale. Qualsiasi decisione definitiva dovrebbe essere presa a settembre e implementata dal gennaio 2016. Per allora si capirà meglio la solidità del trono su cui è seduto il dollaro americano.

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