Un incontro del tour Rise of the Rest

Il cantore dell'America dimenticata ha un piano per salvare il Midwest

Eugenio Cau

J. D. Vance raccontava la disperazione postindustriale. Oggi ha un team bipartisan di miliardari per fare la nuova Silicon Valley

Roma. Il cantore dell’America dimenticata e trumpiana e un vecchio pioniere della Silicon Valley hanno raccolto la crema dell’aristocrazia imprenditoriale americana per salvare il Midwest e i cosiddetti “flyover states”, gli stati che si sorvolano per passare da una costa all’altra degli Stati Uniti, senza mai fermarsi. Assieme a Jeff Bezos, di Amazon, Eric Schmidt di Google, l’ex presidente di Facebook Sean Parker ma anche i fratelli Koch, bastioni dell’imprenditoria conservatrice, J. D. Vance e Steve Case hanno creato un fondo di investimento da 150 milioni di dollari e messo insieme quella che il New York Times ha definito come probabilmente “la più grande concentrazione di potere e ricchezza americani in un solo fondo d’investimento”.

 

I due, Case e Vance, in teoria non hanno molto in comune. Case è il cofondatore di Aol, compagnia pioniera della diffusione di internet in America, ed è ultramiliardario. J. D. Vance è un ragazzo dell’Ohio che è diventato famosissimo l’anno scorso con il suo “Hillbilly Elegy”, memoir straziante che racconta la disperazione dell’America bianca colpita dalla desertificazione postindustriale nei “flyover states”, appunto, dove l’ascensore sociale si è rotto e il tessuto della società è collassato. Quello della disperazione dell’America bianca e profonda è diventato uno dei temi portanti del racconto della vittoria di Donald Trump alle elezioni dell’anno scorso, ma mentre sembra che il presidente abbia dimenticato il dolore della sua base, Vance ha deciso di passare dalla fase analitica a quella operativa e tornare alle origini, che sono le stesse di Case: entrambi hanno servito in Marina, sono passati per l’Università statale dell’Ohio, per la scuola di legge di Yale e per un fondo di venture capital della Silicon Valley. Il giornalista del New York Times Andrew Ross Sorkin racconta che quando i due si sono incontrati Case ha detto: “C’è una parte del tuo libro che non mi piace. Identifica il problema ma non offre una soluzione”. “E’ interessante che tu lo dica”, ha risposto Vance, “perché è esattamente questo il mio prossimo progetto”.

 

   

Il progetto è questo: portare nel centro dell’America, nella parte più dimenticata del paese, quegli stessi ingredienti che rendono dinamiche e ricche di opportunità le due coste – e in special modo la parte più dinamica di tutte, la Silicon Valley. Per farlo i due hanno girato per mesi il paese in pullman, andando a parlare nelle università e nelle imprese. Sembrava un “vanity project”, una trovata quasi pubblicitaria, ma ieri i due hanno reso ufficiale Rise of the Rest – così si chiama il fondo d’investimento – e svelato la lista pazzesca del gotha industriale e finanziario americano che vi partecipa.

 

Il primo obiettivo è finanziare progetti innovativi e startup. Nessun intento filantropico peloso: Case e Vance vogliono ottenere ritorni d’investimento stellari. Centocinquanta milioni di budget iniziale non sono tanti, ma cresceranno. I due vogliono trovare il prossimo Google e il prossimo Facebook in Ohio, Kentucky, Minnesota piuttosto che in Cina o in India, e nel farlo sperano che quegli stessi spiriti animali del capitalismo che hanno affossato il Midwest lo possano resuscitare. Il fatto è che per Vance la Silicon Valley non è soltanto fatta di infrastrutture e giganteschi campus futuristici. La valle è in realtà due cose: ethos e capitale sociale – parola quest’ultima che Vance ripete in tutti i discorsi pubblici e indica quell’insieme di conoscenze e insegnamenti che uno ottiene dall’ambiente circostante, dal nucleo sociale. Il problema, sostiene Vance, è che il capitale sociale dell’America bianca dimenticata non è pronto per il Ventunesimo secolo, e questo ha reso il sogno americano irraggiungibile per la gran parte del paese. Dal disagio delle classi dimenticate, lo sappiamo, vengono molti dei mali di cui soffre l’occidente. Alcuni progetti – come Rise of the Rest e la francese Ecole 42 – abbandonano la risposta assistenzialista e cercano di cambiare le cose per davvero. 

 

  • Eugenio Cau
  • E’ nato a Bologna, si è laureato in Storia, fa parte della redazione del Foglio a Milano. Ha vissuto un periodo in Messico, dove ha deciso di fare il giornalista. E’ un ottimista tecnologico. Per il Foglio cura Silicio, una newsletter settimanale a tema tech, e il Foglio Innovazione, un inserto mensile in cui si parla di tecnologia e progresso. Ha una passione per la Cina e vorrebbe imparare il mandarino.