Donald Trump riceve presidente brasiliano Jair Bolsonaro (foto LaPresse)

Il "virus presidenziale" e il rimbalzo delle Borse

Giuseppe De Filippi

Idee e spunti per sapere quello che succede nel mondo selezionati per voi da Giuseppe De Filippi

Virus presidenziale come mai nella storia, questo covid-19, ha tenuto il mondo in attesa per le voci sulla positività al test del presidente brasiliano Jair Bolsonaro, dal quale, si immaginava, sarebbe potuto passare, attraverso robuste e sovraniste strette di mano, alla Casa Bianca e proprio nelle cellule di Donald Trump, immortalato pochi giorni fa tra il presidente brasiliano e il suo addetto alla comunicazione, quest'ultimo certamente positivo al virus. Ma nel nostro pomeriggio si è saputo che invece Bolsonare aveva test negativo. Sì, va benem ma il tampone per trumpone? lo chiede, tra gli altri, l'ex procuratore generale Preet Bharara (un iper attivista della denuncia, per la verità).

 

 

Ignazio Visco, con saper fare da banchiere centrale, rimette a posto lo scivolone comunicativo di Christine Lagarde.

 

La Bce aveva affidato il compito al suo capo economista.

 

Olivier Blanchard conosce benissimo Lagarde, dà qualche consiglio.

 

 

La commissione e, si spera, anche i governi europei prendono impegni per un'azione concertata sul lato fiscale. Di certo c'è che, anche grazie alle regole già scritte negli accordi, in una situazione di eccezionale gravità come questa a tutti è dato spazio per manovra economiche super espansive in deficit.

  

 

Le Borse vanno giù e su. A un certo punto quasi saldano il conto (al netto dell'effetto petrolio e di tutti i rallentamenti dell'attività economica dovuti al virus), poi si riscende. Certo, i piani degli USA e l'approccio di Trump diventano importanti, e forse è proprio da oltreoceano che non arrivano rassicurazioni sufficienti per stabilizzare il recupero delle Borsa e di Milano specificamente.

 

Del decreto italiano parlerete dettagliatamente domani, ahimé senza la scaletta della conversazione fornita da questa newsletter. Qualcosa si può immaginare già oggi.

 

 

Mentre governo, sindacati e imprese si sono trovati per un piano concordato, con forti elementi di gradualità ed elasticità, per consentire, in molti casi, il proseguimento dell'attività produttiva in condizioni protette.

 

A Taranto la Fim Cisl sospende lo sciopero all'ex Ilva.

 

Nuove inchieste spostano molto indietro, al 17 novembre, l'individuazione del primo caso di quella che poi sarebbe diventata la Covid-19 da parte delle autorità cinesi (e forse facendo intendere che anche la ricostruzione successiva, quella del ritardo, come dire, ufficiale, sia stata creata a tavolino). In ogni caso il comportamento della autorità cinesi viene esposto a forti critiche, scontate da parte della comunità internazionale, più sorprendenti, e interessanti, se dovessero arrivare dall'interno del potere cinese. Le fonti di queste nuove rivelazioni, citate dalla stampa occidentale, sono infatti locali. E mostrano evidentemente qualche crepa, di cui ci renderemo meglio conto nei prossimi tempi. Il fatto grave determinato dalla retrodatazione al 17 novembre della certezza di un primo caso è che le autorità sanitarie e politiche cinesi non hanno interrotto il flusso di persone dalle aree interessate verso il resto del mondo. E così si spiegano focolai molto intensi, come quelli in Corea del Sud, in Australia, in Italia.

 

Ma poi le cose hanno preso, come già sembrava da giorni, una piega migliore in quest'ultima fase.

  

  

Una questione generale su cosa si può fare e il parco sì o no e il meccanico sì o no. In questa occasione il governo e i vari uffici di assistenza legislativa si sono dovuti impegnare su un terreno sconosciuto. Legiferare su un blocco delle attività garantite dalla costituzione (e fortemente radicate nelle nostre abitudini), cercando di fare in modo che lo sforzo collettivo serva a contenere la diffusione di un contagio, senza però arrivare al coprifuoco e, anzi, cercando di mantenere in attività almeno la parte essenziali dei servizi, delle attività produttive. Pensateci bene, non è facile per niente. Intanto non si sa dove attingere. 34 anni fa ci fu la tragedia ci Chernobyl e un abbozzo di legislazione di sicurezza, graduata a seconda della distanza dalla centrale e dalle attese per l'arrivo della temuta nube tossica nell'aria delle regioni italiane. Si emanarono divieti su alcuni prodotti alimentare, di più fece la psicosi, portando a una riduzione di lunga durata, senza ragioni tecniche, per l'acquisto di alcuni prodotti. Ma un fermo a gran parte delle attività abituali, con la consegna di stare a casa il più possibile, e per un periodo lungo, di almeno due settimane, è un episodio del tutto nuovo nella nostra legislazione repubblicana. Non siamo nell'eterno milleproroghe (facile, basta spostare i termini) o nel copia-incolla (facile, si prende un provvedimento con analogie e si cambia l'oggetto, pensate a quante vite ha avuto la legge Sabatini, per dirne una, e quante reincarnazioni, l'ultima del pacchetto industria 4.0) con cui si fanno normalmente le nostre leggi, si è dovuto, invece, legiferare sulla matassa delle abitudini, necessità, orari, vincoli, della vita quotidiana di ciascuno di noi. E calare tutto questo in una società varia e complessa, nella quale, ad esempio, lo stesso concetto di casa non è del tutto rigido e la fluidità si è imposta nei rapporti familiari. Da qui il gioco con cui ci si è divertiti o innervositi in tanti, nei primi giorni del blocco, come se si dovessero imparare o contestare nervosamente le regole di un viaggio di gruppo o di una prima gita con gli scout. Qualcosa è sfuggito nelle maglie della legge, si è dovuto intervenire e intervenire di nuovo. Il cane a spasso, ok, ma non allontanatevi troppo. E l'idraulico se serve può essere chiamato, mentre il negozio di vernici resta aperto, e i tabaccai prima sì poi no poi di nuovo sì. Vero, tutto un po' da assestare e tutto in assestamento, ma, appunto, non c'era né da prorogare né da copiare, e bisognava ricoprire in una previsione legislativa la miriade di cose che facciamo (o non facciamo) ogni giorno. Neanche noi stessi sapremmo elencarle. Insomma, non esageriamo con  le battutine e vediamo che combinano gli altri.

 

 

Ecco il sindaco di Bari, Antonio Decaro, impegnato appunto in modo inusuale nell'attuazione delle regole straordinarie, al Parco, disperde i piccoli assembramenti.

 

Leggete con calma, senza panico, e poi però prendete bene nota: il coronavirus si insinua nei nostri polmoni ancora più facilmente mentre...dormiamo. Dipende dalla qualità del respiro, da altre malattie, dall'igiene.

 

  

In Usa, come dicevamo, stanno friggendo Donald Trump per la gestione della crisi sanitaria. Un disastro assoluto, sia per le decisioni prese (non prese), sia per la comunicazione.

 

 

Barack Obama saggio e con leadership, come sua abitudine.

 

 

La partita, in Usa, si gioca attorno alla proposta democratica di garantire un congedo pagato ai lavoratori dipendenti contagiati o con il sospetto di contagio. Trump si oppone, per Biden e gli altri diventa una battaglia caratterizzante in vista delle elezioni (e c'è chi si spinge a chiederne l'introduzione in via definitiva).

 

 

Sebastian Kurz, uno di noi, ma blocca anche la Svizzera. E, in un modo o nell'altro, tutta Europa.

 

 

E pure Pedro Sanchez.

 

 

Perfino Boris Johnson rinvia le elezioni locali e il rinnovo dei sindaci.

 

 

In Francia invece si vota per le municipali, mentre il paese si chiude per tante altre ordinanze. Confusione totale, mentre girano pure i sondaggi.

 

 

La Spagna che blocca le sue città.

 

 

Fai Rumore vince Sanremo (ricordate?), ma non va più bene come progetto per una serata in Spagna. E soprattutto non va bene ora, almeno per qualche settimana, che si stia così ammassati.