"Le mie partigiane? Donne pazzesche che non si girarono dall'altra parte". Parla Tobagi

Giuseppe Fantasia

La giornalista milanese vince a sorpresa la 61esima edizione del Premio Campiello con La resistenza delle donne, “dedicata a tutte coloro che non hanno voce e che spero possano trovarla nei libri”. Seconda classificata Silvia Ballestra, terza Marta Cai

Venezia – «Towanda!». Una parola, un modo di dire che richiama alla mente quel desiderio di giustizia e di liberazione delle vittime dai loro oppressori, reso esplicito dal personaggio di Evelyn Couch (interpretato da Kathy Bates) in una memorabile scena del film Pomodori verdi fritti alla fermata del treno. Ieri sera è stata usata anche dalla scrittrice Benedetta Tobagi dopo aver scoperto che il suo romanzo, La resistenza delle donne (Einaudi), ha vinto con 90 voti la 61esima edizione del Premio Campiello, ospitata al Teatro La Fenice di Venezia. Un libro necessario e potente che racconta la storia delle donne italiane nella Resistenza e nell’esperienza della guerra partigiana, facendo parlare le fotografie che l’autrice milanese, classe 1977, ha incontrato in decine di archivi storici realizzando così un vero e proprio album di famiglia della Repubblica, dove però sono rimesse al loro posto le pagine strappate o sminuite che vedono protagoniste proprio le donne. "Tutto il racconto – spiega al Foglio - è costruito attorno a quelle finestre straordinarie che sono le immagini, lo scheletro di questo libro, e la narrazione è mossa proprio dalle immagini stesse. Prezioso davvero il lavoro fatto con la storica Barbara Berruti, specialista nelle ricerche iconografiche. Il tempo lento della lettura, poi, è una maniera per guardare quelle immagini e reimparare quanto possono rivelarci, quanto siano potenti".

E il Campiello?

"Quando dalla mia casa editrice mi hanno detto che sarei entrata nella Cinquina – aggiunge - non volevo crederci, figuriamoci scoprire la vittoria che è stata davvero inaspettata". La sua voce è emozionata e non riesce a trattenere le lacrime. "Spero che coloro che mi hanno selezionato si siano fatti toccare dal coraggio quotidiano che racconto tra le pagine del mio libro, un coraggio che nasce dalla scelta di schierarsi dalla parte giusta. Questa vittoria – continua - la voglio dedicare alla memoria di quelle donne italiane che hanno fatto la Resistenza, perché non si sono mai girate dall’altra parte in un momento così terribile. L’altra dedica va poi a tutte coloro che resistono in Italia, nel mondo e nei contesti di lavoro, cercando di far sentire la propria voce contrastando la ferocia delle disuguaglianze. L’invisibilità - precisa la Tobagi - è stata la nostra forza e se oggi siamo quello che siamo lo dobbiamo a loro, anche se viviamo ancora in una società patriarcale. Il mio libro parla di partigiane, di donne che hanno combattuto in mille modi diversi".

Le loro sono storie profondamente politiche: come mai questa scelta?

"Ha ragione, ma dobbiamo intenderci sul senso che diamo alle parole. Le donne entrano nella Resistenza facendo una scelta che è in primo luogo etica, perché rifiutano alla radice la dittatura fascista, la sua eredità e la violenza feroce dei nazifascisti. Il primo elemento fortemente politico è quello di riscoprire attraverso le loro voci la vitalità e la fecondità dell’antifascismo. Ovunque in Italia abbiamo una storia complessa ed è molto forte il modo in cui si attacca questo valore che invece è la matrice e la radice costituzionale. In quelle storie vediamo come l’antifascismo sia un valore ad amplissimo spettro in cui si sono incarnate tante culture politiche diverse che poi hanno trovato la mediazione nella Costituzione. C’è il riconoscere sicuramente quanto sia pulsante e vitale ancora quella storia".

In politica cosa vuol dire?

"Vuol dire essere nella società con gli occhi aperti e anche con il cuore aperto. Vuol dire essere presenti alle domande che ci pone il nostro tempo. La nostra è una società in cui succedono cose e sfide terribili ogni giorno, delle difficoltà enormi che hanno a che fare con l’immigrazione, l’ambiente e altro. Molte persone, per paura e senso di impoverimento si chiudono e tornano ad essere nostalgiche del peggio del Novecento che si esprime nelle chiusure e nei nazionalismi. È importante invece ritrovare questo modello di apertura che consiste nel non girarsi, appunto, dall’altra parte e di reagire".

Cosa avevano di particolare quelle donne di cui ci racconta nel libro, rappresentate spesso, quando c’è, da una sola fotografia?

"Erano pazzesche, perché con molto understatement, la stragrande maggioranza diceva che aveva fatto solo quello che c’era da fare, come se fosse la cosa più normale del mondo. Fare quello che hanno fatto loro, in realtà, voleva dire rompere dei codici e compromettersi, oltre che rischiarare la vita".

Che insegnamento ci lasciano?

"Che c’è stato e c’è sempre molto da fare. Loro però ci dicono: 'tu cosa fai? Ti farai trovare quando la Storia busserà alla tua porta?'. Ci dicono poi che ci sono mille modi di combattere. Le donne combattono in mille modi diversi, con o senza le armi. Combattono anche nascoste all’interno del sistema. Si pensi a quanto viene fatto dalle suore e dalle infermiere nei carceri e negli ospedali. Ognuno di noi ha una possibilità specifica di fare qualcosa. Alcune hanno semplicemente aperto la loro casa, salvando così la vita a qualcuno. Tutte loro ci insegnano che insieme si può crescere".

 

Tutti i premiati

Al secondo posto si è classificata Silvia Ballestra con La Sibilla. Vita di Joyce Lussu (Laterza) con 80 voti; terza Marta Cai con Centomilioni (Einaudi) con 57 voti; quarto Tommaso Pincio con Diario di un’estate marziana (Giulio Perrone Editore) con 46 voti; quinto Filippo Tuena con In cerca di Pan (Nottetempo) con 13 voti. Durante la serata sono stati premiati anche i vincitori degli altri riconoscimenti: l’Opera Prima a Emiliano Morreale per L'ultima innocenza (Sellerio) e il Premio Fondazione Il Campiello, riconoscimento alla carriera attribuito alla scrittrice Edith Bruck, che ha ricevuto una standing ovation. «È importante – ha detto - che i miei libri (pubblicati tutti da La Nave di Teseo, ndr) siano letti oggi. Dal 1959 faccio testimonianza della Shoah e incontro tanti giovani che non sanno, ma ascoltano, perché hanno voglia di sapere». Sono stati premiati, inoltre, Nicola Cinquetti e Davide Rigiani, vincitori delle due categorie in gara nella seconda edizione del Campiello Junior, mentre il Campiello Giovani, giunto alla 28/a edizione, è stato assegnato a Elisabetta Fontana, 21 anni di Como, che si è aggiudicata il premio con il racconto Sotto la pelle. Ultime, ma non certo per importanza, la Menzione speciale del Premio Campiello 2023 che è andato al libro Come d'aria (Elliot) di Ada d'Adamo - morta all'età di 55 anni il 1 aprile scorso, due giorni dopo essere entrata nella dozzina dello Strega, che poi ha vinto nello scorso luglio -  e il ricordo di Michela Murgia, recentemente scomparsa, che con il romanzo Accabadora (Einaudi) vinse nel 2010.

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