Uno scorcio dell'edizione 2021 della Biennale di Venezia (foto LaPresse)

in laguna

"Stranieri Ovunque". Pedrosa alza l'asticella della Biennale di Venezia

Francesco Bonami

Il curatore brasiliano ha già azzeccato il titolo della mostra di arti visive. Ora non gli resta che tenere la palla della noia politicamente corretta molto bassa

Il titolo di una Biennale fa il 50% del successo di una mostra. “Stranieri Ovunque” è il bellissimo titolo che il brasiliano Adriano Pedrosa, primo latino americano a curare una Biennale, ha dato all’edizione numero 60 della mostra di arti visive di Venezia. Quindi la metà dell’opera è stata fatta. L’altra metà la faranno gli artisti , anche loro metà vivi e metà morti.  

 

La scelta di Pedrosa come quella della curatrice della biennale di architettura in corso, Lesley Lokko, corrisponde alla presa di coscenza, da parte del Presidente della Biennale Roberto Cicutto, che il mondo, piaccia o meno, non può più essere guardato dal solito privilegiato, invecchiato, punto di vista del nordovest. Allora si va al sud prima e, presumibilmente, presto verso est. Non tanto per correttezza politica, che ha superato i limiti di guardia della prevedibilità e della noia, ma come sottolinea lo stesso Cicutto per il semplice motivo che il compito della Biennale nei suoi 128 anni è sempre stato quello di mostrare al mondo la contemporaneità del mondo stesso. Sessanta edizioni ognuna che ha suo modo si è comportata come specchio della realtà in cui si trovava.

Gli stranieri dei quali parlerà Pedrosa siamo tutti noi ogni volta che ci muoviamo in mondi diversi, geografici, politici, sessuali, emotivi. Stranieri noi ma anche e soprattutto, rischiando ancora una volta paternalismo o maternalismo curatoriale ed intellettuale, gli indigeni, gli artisti outsider, fuori da sistema dell’arte e del mercato, artisti LGTB o queer come ripetuto più volte da Pedrosa. Diaspora è un’altra parola passpartout del gotha curatoriale globale da almeno vent’anni. La grande sfida sarà quella di riuscire a declinare in modo affascinante e nuovo questo linguaggio onestamente un po’ usurato dall’ideologia postcoloniale dall’intelighentia dei creatori di mostre . Anche se poi si ricordano più i titoli delle Biennali che gli artisti invitati la mostra, alla fine della giornata la fanno loro con le loro opere d’arte e il pubblico reagirà a quelle più che alla concezione intellettuale della mostra .

 

Sarà il parto dell’embrione cresciuto nel grembo celebrale del curatore,  negli spazi fisici del Padiglione internazionale ai giardini e in quelli dell’Arsenale, a decretare poi l’efficacia della prossima edizione . Lo spettatore da straniero verrà fatto sentire a casa dalle opere in mostra o rimarra’un estraneo? Le forze della reazione culturale sicuramente avranno molto da ridire su una biennale che butta già dal titolo sale sulle ferite aperte del problema irrisolto dell’immigrazione ed emigrazione globali. Ma dovranno farsene una ragione. Nel 1819 Theodore Gericault dipinse il famoso quadro La Zattera della Medusa, che raccontava la tragedia contemporanea dei naufraghi abbandonati dalle autorità dopo che la loro nave era affondata. Oggi di zattere, naufraghi e tragedie ce ne sono fin troppe e l’arte ha il compito di provare a raccontarle.

 

La Biennale stessa è una eccezionale ed esclusiva zattera dove la ricerca culturale sulla contemporaneità da più di un secolo cerca di sopravvivere alle onde conservatrici e reazionarie. A Pedrosa è stato affidato un compito molto difficile. Dovrà tenere la palla della noia correttamente politica molto bassa. Se commette l’errore di alzarla a rete dall’altra parte l’avversario non lo perdonerà. La sua conferenza stampa si è conclusa con un commento del sovrintendente del teatro La Fenice Fortunato Ortombina che ha ricordato che il 2024 sarà anche il centenario della morte di Giacomo Puccini e della sua ultima opera la Turandot. Un opera che parla proprio di uno straniero, il Principe che fa innamorare la protagonista. Alla fine Turandot canta che conosce il nome dello straniero …è amore. Ecco Adriano Pedrosa dovrà farci innamorare degli stranieri, quelli attorno e quelli dentro di noi. Se ci riesce costringerà l’avversario a buttare la palla della noia in rete , vincendo la partita. Sicuramente non sarà un Biennale per vecchi.

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