I costumi degli italiani

Libraccio, autogrill Italia. Squattrinati e Premi Strega, tutti con il trolley a vendere libri usati. Un viaggio

Carmelo Caruso

I libri del duce che "ancora tirano", il fenomeno dei libri politici ("ogni giono si presenta un ragazzo che acquista sette libri di Renzi"). Reportage dalla libreria che conserva i segreti della nazione

Hanno tutti un bisogno: vendere, vendere, vendere. La preghiera è sempre la stessa: “Lo prenda, per favore. Non l’ho mai letto. Lo giuro”. Si liberano di saggi, copie omaggio, romanzi, manuali, fiabe tristi, gialli scoloriti. Lo fanno squattrinati e Premi Strega, pensionati e liceali, tossici e preti, giornalisti e tassisti. Lo facciamo tutti. Si afferra un borsone, si chiude la lampo, e si guida fino al Libraccio, il nuovo “Autogrill Italia”, la catena di librerie che acquista testi usati. E’ il “compro oro” di chi non ha oro, la soffitta dei senza casa. C’è un’altra specie ancora che viene qui credendo di trovare la serenità. Sono i “confusi”. Si somigliano. In comune hanno almeno un doppione di Cesare Pavese sullo scaffale. Chi non ha mai avuto momenti del genere? Accade nei fine settimana. Si guardano le pareti umide. I piatti sporchi si accumulano. Molti, la decisione, l’hanno presa così: “Vendere Hegel e pure le Otto Montagne di Cognetti. Tanto hanno girato pure il film”. Oggi il vero viaggio che racconta l’Italia è la “Libraccio-Reggio Calabria”. E’ durato quattro giorni, fino a orario di chiusura. Il saldo finale, al casello (la cassa): c’è chi ha incassato 270 euro, chi sette euro, il prezzo di una pizza Margherita. Uno dei più famosi scrittori italiani, domenica pomeriggio, si è presentato con tre trolley (quelli da stiva) che esplodevano di carta. In aeroporto lo avrebbero perquisito e sequestrato ai controlli. Lo accompagnava la fidanzata. Insieme hanno “svaligiato” la cassaforte. Cinquecento euro in contanti.

 

Abbiamo partecipato a cinque “depositi”, cinque consegne di libri usati, presso una delle sedi del Libraccio di Roma. La “Rustichella” dell’editoria è in questo momento il tascabile Adelphi di Carrère perché “si rivende sempre, a prescindere”. Lo scrittore Singer è invece come il caffè: lo leggono tutti, ma poi lo lasciano sul tavolo (dell’usato). I memoriali dei vecchi comunisti non hanno più mercato. E’ la sentenza del libraio-giudice: “Occhetto, Rossanda. Da scartare. Ci dispiace, ma i comunisti non vendono come un tempo”. Anche i saggi dei virologi vengono allontanati e destinati al “librovalorizzatore”. Il noir spagnolo di Vázquez Montalbán è superato: “Riprendetevelo”. Il venerdì sera, la vendita numero uno. Due sacche e oltre quaranta libri. Questa è la regola imparata: “Le biografie sono beni rifugio. Sono come i bot. E’ l’usato migliore”. Lo spiega, dietro il bancone, il primo dei librai incontrati. Ha due bei baffoni, un paio di occhialoni neri. Sembra Giangiacomo Feltrinelli, da giovane. Un tirocinante lo aiuta in questa missione. Controlla quanto siano ingiallite le pagine, studia le sottolineature (a matita!) ma commette un errore clamoroso. Sfila dalla pila un saggio di Franzinelli sulle donne del duce che, racconta il sosia di Feltrinelli, “vale la pena acquistare perché il duce è un sempreverde”. Alla seconda vendita, un altro libraio, con velleità da intellettuale, fa una confessione al Premio Strega: “Lo sai che ogni giorno si presenta un ragazzo che compra sette copie del libro di Renzi?”.

 

Il Premio Strega, per venti minuti, è succube del libraio. Dalla sua indulgenza, e lo riconosce il Premio Strega, dipende il buonumore della fidanzata. Il Nobel può attendere. Si scopre così che la tecnica dell’acquisto seriale è diffusa tra i politici. Il misterioso ragazzo acquista ogni giorno sette copie di Renzi, ma l’imbattibile   è una fan di Casini.

 

Il libraio, che ha la copertina (e la cassa) dalla parte del manico,  racconta al grande scrittore che, la scorsa settimana, si è presentata una donna  con una singolare richiesta: “Ha comprato cinquanta copie dell’ultimo libro di  Casini”. Diventa un caso. Il Premio Strega vuole i dettagli. Il libraio, più potente di quanto fu Asor Rosa, il barone della letteratura italiana, continua: “Casini, è una vera sorpresa. Sta vendendo come Simenon”. Da quanto si è capito è una vecchia regola. Il libro sale in classifica e se avanza in classifica si scatena l’effetto “vediamo com’è”. La faccenda torna seria, ma per poco. Quando la fidanzata del Premio Strega tira fuori dal trolley il romanzo giallo di Veltroni, il libraio non può davvero tacere. Lo scrittore celebrato si fa piccolo: “Non è colpa mia. Me lo hanno spedito”. Per aggirare l’ostacolo sposta allora l’attenzione. Rivela che sui gialli di Veltroni si sta per girare l’ennesimo film e ingaggia una piccola polemica che infiamma il libraio: “Ovviamente chi gira un film sul libro di Veltroni chiede i finanziamenti pubblici al ministro della Cultura. Te lo vedi il nuovo ministro della Cultura che fa un torto a Veltroni, ex ministro della Cultura?”. Sono risate.

 

Il libraio, che è un lettore sfegatato della Murgia, ammicca allo scrittore pluripremiato: “Ricordi la recensione della tua amica? Era formidabile. Aveva definito il libro di Veltroni un ‘libroide’. Bravissima”. Grazie a questa complicità, tra “giudice dell’usato” e Premio Strega,  viene aspirato dal trolley l’ultimo mezzo catalogo Einaudi, un quarto di Adelphi e un decimo di Rizzoli. La cifra è così alta che pure il libraio è costretto a chiedere al collega, al telefono: “Ma ce li abbiamo cinquecento euro?”. La terza vendita è animata da un tassista. Sta per entrare e dice: “Non è che li voglio vendere. Ma mi ricordano mia madre, sa è morta, la scorsa settimana. Faccio bene?”. Maria S., studentessa di architettura, ha strappato dal Museo dell’Innocenza di Pamuk una pagina: “Lo prenderanno ugualmente al venti per cento?”. Vuole comprarsi degli occhiali da sole e non pensare più a un amore da museo. Un uomo, che avrà cinqunt’anni circa, con il viso stropicciato, la barba mal rasata, consegna quattro libri. Se ne va con sette euro. Un tesoro. Il ragazzo tirocinante (ancora) si imbatte, nella biografia di Boris Vian e  la esclude. Torna in suo soccorso il sosia di  Feltrinelli. “Capo, ma chi è questo Vian?”. Il Capo: “Prendilo, poi ne parliamo”. Un saggio di Bob Noorda, il designer che inventò i loghi di Eni, Mondadori, Coop, viene piazzato a un euro dopo una timida protesta: “Ma era un gigante!”. Stanno in quei borsoni i veri segreti dell’Italia e vengono desecretati alla cassa. Sono questi: “Ho comprato tutti i libri di Annie Ernaux, solo per fare colpo su di lei. Non ha funzionato”. E questi: “La nostra copia delle Tre Camere a Manhattan l’ho venduta prima di partire. Il nostro segreto era a pagina ventisei”.
 

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  • Carmelo Caruso, giornalista a Palermo, Milano, Roma. Ha iniziato a La Repubblica. Oggi lavora al Foglio