Facce dispari

Rossella Spinosa, compositrice da record: “La musica resuscita il cinema muto”

Francesco Palmieri

Milanese, docente al conservatorio di Mantova, pianista e onnivora per gusti artistici. Ha musicato 132 film, da Guinness dei primati, riportandoli a seconda vita donandogli la colonna sonora che non avevano. Due grandi passioni, la musica e il ciclismo: "L’abnegazione del compositore è come quella di chi scala le salite"

Se non ci fossero ambizioni meno banali, si potrebbe suggerire a Rossella Spinosa di proporre il suo nome al Guinness dei primati. Un certificato lo conquisterebbe grazie al numero di film muti che ha musicato, riportandoli a seconda vita con la colonna sonora che non ebbero nella prima, quando i pianisti imbastivano precari accompagnamenti per le incantate e fumose platee dei cinematografi.

Milanese, docente al conservatorio di Mantova, compositrice infaticabile e onnivora per gusti artistici, Spinosa s’inorgoglisce di due cose: l’orecchio assoluto e la passione ciclistica. Amando Bartali non meno di Brahms, lo avrebbe atteso comparire seduta in cima a un paracarro, come Paolo Conte, “tra i francesi che si incazzano e i giornali che svolazzano”. Non avendo potuto ha rimediato facendogli, anche lei, omaggio delle note.

Quando ha cominciato?

A sei anni, con l’ascolto casuale dei “Quadri di un’esposizione” di Musorgskij. Allora annunciai a mia madre che sarei diventata una pianista, però dovetti insistere per essere creduta. Non c’erano precedenti in famiglia e lei si convinse solo quando la mia insegnante constatò che avevo un orecchio particolare. Mi sono diplomata in pianoforte, clavicembalo e composizione a Milano, ma la svolta fu l’ammissione all’Accademia Chigiana, quando mi misurai con altri generi che in conservatorio erano tabù, in particolare la musica da film.

Avvenne là l’incontro con Luis Bacalov?

Nella sua classe c’erano già professionisti che sapevano comporre e mi sentivo molto intimidita. Finalmente mi assegnò alcune sequenze filmiche da musicare entro tre giorni. Ci misi dentro tutto quanto potevo, lui guardò la partitura e disse agli altri musicisti: “La dirigerò io”. Poi mi spiegò: “Tu non hai scritto musica da film, ma misteriosamente funziona sulle immagini”.

Qual era la pellicola?

Brani di “Shining”. Ma la soddisfazione maggiore fu quando Bacalov scrisse la “Baires 1 Suite” per due pianoforti e mi propose di suonarla con lui. Provammo in Chigiana e non restò contento: “Sei la tipica pianista milanese, precisissima, ma il tango è un’altra cosa, devi imparare a capirlo”. Per un mese studiai come una matta, quando tornai mi tremavano le gambe ma ce la feci: “Adesso posso dirti che sei una tanguera”. Eseguimmo la Suite in prima mondiale nel 2009.

Qual è il film muto che ha sonorizzato per primo?

“Tempi moderni” nel 2007 ma senza portarlo in scena. All’inizio sembrava una follia: scrivere musica per il muto significa riempire tutto il film. L’ho spuntata anche con “I nibelunghi” di Fritz Lang, che passa le cinque ore. A oggi ho musicato, e portato in scena, 132 pellicole non sonore.

I lavori più recenti?

Per esempio quelli sulla prima regista italiana Elvira Notari. Quest’anno ho musicato “’A Santanotte” del 1922, presentato il 23 settembre a Milano e il 19 ottobre a Palermo. O i quattro dvd della nuova collana di Cinema Muto di Cineteca Umanitaria: “Il trionfo della vita”, “Assunta Spina”, “Der Golem” e “La corazzata Potëmkin”, per cui già avevo scritto la musica nel 2013, ma poiché da San Pietroburgo sollecitavano una partitura che rendesse omaggio a Ciaikovskij, l’ho rielaborata immaginando le sue orchestrazioni.

In un periodo non facile per la cultura russa.

La musica e la letteratura devono prescindere dagli accadimenti politici e gli artisti devono garantirne l’indipendenza. È successo in passato anche per Wagner, che malgrado tutto nessuno può negare sia stato un genio. 

 

Lei compone anche musica assoluta. Convive con quella da film o è in contrapposizione?

Per la pioniera del cinema Mabel Normand ho scritto tre partiture diverse eseguite alla Bicocca il 9 novembre: una tradizionale, una con sonorità timbriche nuove e una terza che si sviluppa fra la tradizione e l’innovazione spinta. Dunque la ricerca può avvenire in qualunque contesto espressivo.

Perché dice che la composizione è paragonabile al ciclismo?

Musica e ciclismo sono accomunati dalla necessità di tantissimo sforzo: l’abnegazione del compositore è come quella di chi scala le salite, con la soddisfazione della vetta quando hai terminato. Ho creato per il Museo del Ghisallo le musiche per quattro dvd confezionati con materiali storici, dedicati a Bartali, Coppi, Magni e al ciclismo femminile.

Prossimo lavoro?

Sono alle battute conclusive di un’opera per controtenore, voce recitante e orchestra con pianoforte ispirata al “Somnium” di Keplero, un celebre racconto in cui ci sono punti di contatto con la psicoanalisi e la visionarietà fiabesca che mi hanno sempre affascinato. Sarà eseguita in prima a Matera.

Che musica ascolta, e quanta?

Costantemente e non ho mai accettato cesure tra i generi: anche se c’è molto bluff nella musica leggera, mi piacciono i cantautori che comunicano significati importanti. Con mio marito, direttore d’orchestra, ascoltiamo di tutto, anche le canzoncine di nostra figlia di cinque anni e mezzo. Però quando lei l’altro giorno ha sentito un pezzo della Sinfonia n.3 di Brahms ha detto: “Mamma, quant’è bella”.

 

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