L'omaggio al cinema muto e le due sorprese delle nomination per gli Oscar

Mariarosa Mancuso

Per le sorprese, vedi alla voce “sceneggiatura originale”. L’Academy ha candidato due outsider. Il francese Michel Hazanavicius per “The Artist” e l’iraniano Asghgar Farhadi per “Nader e Simin - Una separazione” (il film aveva già vinto tutti gli orsi possibili alla Berlinale e di recente un Golden Globe). Un omaggio al cinema muto e in bianco e nero, un dramma famigliare dove gli unici effetti speciali sono i dialoghi magnificamente scritti.

    Per le sorprese, vedi alla voce “sceneggiatura originale”. L’Academy ha candidato due outsider. Il francese Michel Hazanavicius per “The Artist” e l’iraniano Asghgar Farhadi per “Nader e Simin - Una separazione” (il film aveva già vinto tutti gli orsi possibili alla Berlinale e di recente un Golden Globe). Un omaggio al cinema muto e in bianco e nero, un dramma famigliare dove gli unici effetti speciali sono i dialoghi magnificamente scritti. Nella cinquina, anche J. C. Chandor per “Margin Call” (il suo primo film, scritto e diretto, che finalmente fa capire ai non addetti qualcosa della crisi finanziaria). E la coppia Annie Mumolo e Kristen Wiig per “Bridesmaids”. Woody Allen, candidato per “Midnight in Paris” fa da fanalino di coda. A contendersi la statuetta sono quest’anno nove film, per motivi dipendenti dal complicato sistema di conteggio voti. Oltre a “The Artist” e a “Hugo Cabret” di Martin Scorsese – omaggio al pioniere Georges Méliès e al suo “Voyage dans la lune” – rispunta “Midnight in Paris” (Woody Allen ha la nomination anche come regista, troppa grazia). Molto meglio “Paradiso amaro” di Alexander Payne, sette anni dopo “Sideways”. Due i titoli già circondati da polemiche: “Molto forte incredibilmente vicino”, tratto dal romanzo di Jonathan Safran Foer, e “The Help”, tratto dal romanzo di Kathryn Stockett.

    Il primo è stato accusato di sfruttare la commozione per l’11 settembre. Il secondo perché mostra cameriere nere anni 60 con la crestina, e una signorina bianca che le interroga per scrivere un best-seller (movimento dei diritti civili, non pervenuto). “The Tree of Life”, il film su cui abbiamo più litigato quest’anno (noi siamo contro), potrebbe far vincere al venerato maestro Terrence Malick la statuetta come migliore regista. Tra le attrici protagoniste, Meryl Streep alla sua diciassettesima nomination per “The Iron Lady” di Phyllida Lloyd (esce venerdì). Poche speranze Glenn Close, vestita da maschio in “Albert Nobbs” e Rooney Mara tatuata da Lisbeth Salander in “Uomini che odiano le donne”. Tra gli attori, si nota l’assenza di Leonardo DiCaprio per “J. Edgar” di Clint Eastwood (quest’anno sparito anche come regista) e di Michael Fassbender per “Shame”: o l’Academy si è scandalizzata per il nudo, o ha capito che levarsi le mutande non basta. Se la giocheranno George Clooney (dimenticato come regista per “Le idi di marzo”), Gary Oldman per “La talpa”, Jean Dujardin per “The Artist”, che in tutto assomma 10 candidature contro le 11 di “Hugo Cabret”.