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la testimonianza

Beethoven, i libri, un dialogo senza fine. In ricordo di don Giussani

Eugenio Borgna

La sua capacità di ascolto era straordinaria, animata dalle parole e dai gesti, dal sorriso e dalla accoglienza, che sapeva donare alle espressioni  della gioia e della sofferenza: a quelle degli altri, e alla sua. Domani i 100 anni dalla nascita del fondatore di Comunione e liberazione

Dalla mia memoria interiore, così la definisce sant’Agostino nel suo splendido libro, Le confessioni, che tutti dovremmo leggere e rileggere, rinascono luminosi i miei ricordi di don Luigi Giussani, che hanno dato un senso alla mia vita. A Novara, sono stato il direttore di un ospedale psichiatrico, e poi, dal 1978, l’anno della sua chiusura, il direttore di un reparto di psichiatria, collocato all’interno dell’ospedale civile della città. Questo mi ha consentito di avere, come assistenti, alcuni giovani medici, che si specializzavano in psichiatria alla Università di Milano, e venivano a lavorare da noi a Novara. La vita è imprevedibile nei suoi svolgimenti: alcuni di questi giovani assistenti facevano parte di Comunione e liberazione, e mi hanno fatto incontrare don Luigi Giussani. Ne ho un ricordo vivo, e nitidissimo: le sue parole, il suo sorriso, la sua attenzione e la sua tenerezza, la sua testimonianza di un ascolto dell’anima e di una luminosa speranza contro ogni speranza, come la definisce san Paolo, continuano a rivivere nella mia memoria e nel mio cuore. 

 

Il mio primo incontro è stato questo, ne sono seguiti altri, e in particolare quello che ho avuto a Corvara in Badia qualche tempo dopo. Nulla ho dimenticato di quella lontanissima radiosa giornata: la musica, la quinta sinfonia di Beethoven, apriva e accompagnava lo snodarsi dell’incontro in una sala immensa, ricolma di giovani, e non più giovani, affascinati e commossi dalle parole di indicibile bellezza spirituale di don Giussani. Ci sono stati altri incontri, nutriti della sua straordinaria ricchezza umana e cristiana, che ogni volta lasciavano nel mio cuore scie indelebili di emozioni, e di commozioni. La mia vita spirituale è cambiata dal giorno in cui ho potuto conoscerne la sua testimonianza così vasta e così palpitante di ascolto e di accoglienza. Una delle sue parole, la loro eco continua a risuonare nella mia memoria, è stata quella che la vita di ogni giorno, e quella della nostra preghiera, non possono mai se non essere comunione che unisce la nostra fede e la nostra speranza a quelle delle persone giovani, e delle persone non più giovani, con cui ci incontriamo in vita. Non rimanere mai prigionieri della nostra vita spirituale, ma essere aperti nella speranza alla comunione e alla trascendenza,

 

La cultura, le parole, che la animavano, la luce della fede e della speranza, si associavano alla sua intelligenza e alla sua gentilezza, alla sua generosità e alla sua fierezza, alla sua carità e alla sua testimonianza di preghiera e di verità. Sono   qualità umane, trasfigurate dalla luce della Grazia, che le rendeva ancora più splendenti, immergendomi negli sconfinati orizzonti della interiorità: della sua e della mia interiorità: là dove, come dice ancora sant’Agostino, abita la verità.

 

La sua capacità di ascolto era straordinaria, animata dalle parole e dai gesti, dal sorriso e dalla accoglienza, che sapeva donare alle espressioni  della gioia e della sofferenza: a quelle degli altri, e alla sua. Ma, anche quando la malattia è scesa sulla sua vita, nulla è cambiato nel suo modo di ascoltare, di partecipare al dolore degli altri, dimenticando il suo dolore, e testimoniando senza fine di un modo solo suo di essere nella preghiera, nella luce dello sguardo e nel silenzio presago del cuore, nella accoglienza mistica della sofferenza. La sua vita si confrontava con la sofferenza sulla scia di una luminosa e indicibile testimonianza di fede e di speranza, di carità e di donazione di sé, che davano un senso al vivere, e al morire.  

La sua presenza radiosa e indelebile mi ha accompagnato nel cammino della mia vita, e continua a fare parte della mia memoria, e della mia preghiera. Non potrei non dire ancora come ogni nostro incontro si svolgeva in un clima di ascolto e di attenzione, della attenzione che Simone Weil diceva essere preghiera, allargando il mio cuore alla speranza. Da ogni incontro, potrei ricordarne il tempo e i luoghi, si usciva interiormente rianimati, e più sereni, così da   vivere con più coraggio, e con più fiducia, anche nelle notti oscure dell’anima: come le chiamava san Giovanni della Croce.  

A queste mie esperienze di vita interiore non potrei non aggiungere la importanza della lettura dei libri di don Giussani, nei quali le sue straordinarie doti umane e cristiane si intrecciano alle sue conoscenze teologiche e filosofiche, letterarie e psicologiche, ridestando nell’anima arcane meditazioni, che continuano nel silenzio, e nella preghiera, a dare un senso ad ogni sua parola ascoltata, o letta.  Le parole sono creature viventi, e in Comunione e liberazione ci sono i germi di ogni forma di vita, che voglia trascendere i confini del nostro io, estendendoli alla interiorità, che è in noi, e liberandoci dalle prigioni dell’egoismo, e della chiusura in noi stessi. Solo così la nostra vita si realizza alla luce di quella che è stata la testimonianza profetica di don Giussani.

 

Gli anni scorrono velocissimi, e nondimeno la presenza di don Giussani, le sue parole e i suoi sguardi, che mi accoglievano con dolcezza e con indicibile speranza, continuano a risplendere nel mio cuore, e nella mia preghiera. Non potrei concludere queste mie fragili considerazioni sul mio dialogo senza fine con don Giussani, senza ricordare la mirabile testimonianza di luce interiore e di speranza nel tempo delle sofferenze che lo hanno accompagnato negli ultimi anni della sua vita. Il mio dolore, il nostro dolore, la mia angoscia, e la nostra angoscia, erano nel nostro cuore, ma non venivano mai meno le parole, le sue parole, il suo sorriso, e la sua preghiera, che fanno parte della mia vita, e non si cancelleranno mai, rinascendo nelle ore serene dell’anima, e in quelle incrinate dal dolore, e dalle inquietudini dell’anima, ma sempre rischiarate dalla speranza.