(Foto di Ansa) 

La mostra

Le opere di Pizzi Cannella: la notte come disconnessione e viaggio nella solitudine

Francesco Stocchi

I racconti vagabondi dell'artista nel mondo magico notturno. La mostra fino a fine mese a Modena

La mostra di Piero Pizzi Cannella presso la Galleria Mazzoli di Modena è un’incursione nel modo “magico” della notte. Il tema della notte si è infiltrato nei dibattiti attuali che riguardano la società (dobbiamo aprire i negozi di notte o preservare questo tempo per il sonno?), l’ambiente (come possiamo limitare l’inquinamento luminoso notturno che ci impedisce di vedere le stelle e ha un impatto sulla vita naturale?), la politica (“Le Notti Bianche” promosse in varie città del mondo e i passaggi clandestini di frontiera notturni), la scienza (stiamo costantemente approfondendo la nostra conoscenza del fenomeno). Da grande artista, Pizzi Cannella si occupa di quello che sa e di ciò che vede, quindi la notte per lui è prevalentemente un fatto personale. Intitolata appunto “Night Owl” (ma anche “nottambulo” o “gufo notturno” non ci sarebbe dispiaciuto”), la mostra presenta 29 tele realizzate negli ultimi 18 anni in cui la notte assume il duplice ruolo di oggetto soggetto. Opere sulla notte, quella dimensione che tutto avvolge, uniformandolo all’oscurità. Altre dipinte di notte quando il nostro io non ha più vie di fuga, il tempo si dilata e i suoni non si sovrappongono. Dipingendo al buio o nel buio, si deve scegliere se migliorare la propria visione notturna o, al contrario, abbandonare del tutto la vista.

 

"O notte, o dolce tempo, benché nero" (Michelangelo in una delle sue poesie).

 

E’ infatti di notte che possiamo, sia fisicamente che simbolicamente, finalmente “disconnetterci dal mondo” – un’aspirazione tipicamente moderna (in effetti, il crepuscolo sarebbe una metafora perfetta del confine sfuggente tra figurazione e astrazione). Di giorno si parla, ci si scambiano opinioni e punti di vista su dove si va e soprattutto dove si pensa che vada l’arte insieme a noi. La notte si lavora. La notte è una questione genetica e, per un artista destinato all’esplorazione, la faccenda si complica perché la notte diviene, nel tempo, un fatto sempre più personale. E’ una specie di viaggio nel dedalo della solitudine, il compagno di viaggio è l’altro noi, se mai si decidesse a manifestarsi, e all’improvviso le possibilità aumentano. Dipende dallo spettro di visione che assumiamo: limiti o nuove opportunità? Per “i viaggiatori da camera” come si definisce Pizzi Cannella, di notte abbiamo il controllo del cosmo, possiamo accendere e spegnere la luce, si può giocare con il chiaroscuro caraveggesco e abbandonarci alle storie da raccontare. E poi che ne diviene del colore che tanto facilmente prescrive le nostre emozioni?

 

"La cosa più superba è la Notte / quando cadono gli ultimi spaventi /e l’anima si getta all’avventura…" Ci confessa Alda Merini.

 

Pizzi Cannella è innanzitutto un narratore che ha da subito trovato nella pittura la forma della sua prosa per condurre un lavoro sulla memoria personale che diviene collettiva (a volte viceversa). In altri termini, cercare la verità attraverso i luoghi comuni. Se fossimo in ambito musicale, penso a De Gregori. Tele evocative di memorie e la notte è quanto di meglio possiamo consegnare al ricordo. Concentrandosi sulla percezione della notte piuttosto che sulla sua iconografia, questa raccolta di opere intende essere, di fatto, l’evocazione di un’esperienza notturna: si entra nella mostra come si esce nella notte, affidandoci al ricordo. Come diceva Baudelaire nel suo Salon del 1846, delle opere riuscite si conserva memoria, mentre le mediocri non lasciano traccia. Provocare ricordo è la funzione dell’arte e queste opere non si dimenticano.

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