Genio della tecnica, politico velleitario, ebreo in fuga. La biografia di Paolo Bricco racconta l’uomo che ha voluto rappresentare la via italiana alla modernità mescolando tecnica, cultura, politica, eleganza artistica e perizia meccanica
Cominciamo dalla fine. “Nell’ultimo giorno di un imprenditore è come se tanti fili, all’improvviso, si riannodassero. Al mattino, prima del pranzo al Savini, Adriano è andato a far visita alla redazione delle Edizioni di Comunità… Dopo pranzo passa nella sede della Olivetti in via Clerici. Fa una serie di telefonate. Deve prendere il taxi. E’ agitato. Ha fretta. Doveva andare in Svizzera. Il treno su cui sale è il Milano-Losanna delle sei meno cinque della sera. L’ultima persona a sentire la sua voce è il sociologo Franco Ferrarotti, uno dei maggiori collaboratori nonché, alle dimissioni di Adriano da deputato, suo successore sullo scranno parlamentare”. Un viaggio in Svizzera, per incontrare i banchieri che seguono insieme a Mediobanca il collocamento azionario e che hanno sempre regolato le finanze personali degli Olivetti. Oppure “probabilmente sta andando a trovare Heidi, la bambinaia che cura Laura, la figlia di nove anni sua e della moglie Grazia. Con Heidi Adriano ha un’amicizia affettuosa. Da lei avrà un figlia, Lucia Adriana, che nascerà dopo la sua morte. Nell’ultimo giorno di un imprenditore è ormai sera. Il treno è in Svizzera. Adriano si alza dal suo sedile, non si sente bene, gli manca il respiro. Nel Canton Vaud il treno si ferma. Sono le dieci e quattordici di sera. Un’autolettiga lo trasporta all’ospedale di Aigle. Sul referto medico è riportata la causa della morte: ischemia cerebrale”. E’ il 27 febbraio 1960.
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