È morto lo scrittore Boris Pahor

Il celebre intellettuale triestino aveva 108 anni. È stato testimone del Novecento e dei suoi orrori. Al rogo del Narodni dom, cui aveva assistito a sette anni, faceva risalire la sua formazione di uomo 

È morto a 108 anni lo scrittore e intellettuale triestino Boris Pahor. Di madrelungua slovena, Pahor è stato testimone delle discriminazioni verso la minoranza slovena nella Venezia Giulia. Sopravvissuto ai lager nazisti, è morto questa mattina intorno alle quattro nella sua casa di Trieste, come ha confermato la sua famiglia all'Adnkronos.

Aveva sette anni quando nel 1920 assistette all'incendio del Narodni Dom, sede centrale delle organizzazioni della comunità slovena di Trieste: un'esperienza che lo segnò per tutta la vita, che affiora spesso nei suoi romanzi e racconti.

Dopo aver frequentato il liceo classico presso il seminario di Capodistria, nel dopoguerra si laureò in Lettere all'Università e quindi, si dedicò all'insegnamento della letteratura italiana. Arruolato e mandato al fronte in Libia, tornò a Trieste dopo l'armistizio dell'8 settembre 1943, ma venne arrestato dai nazisti e quindi internato in vari campi di concentramento in Germania e in Francia. Sopravvissuto alla tragica esperienza dei lager, al termine del conflitto a Trieste aderì a numerose imprese culturali social-democratiche e divenne uno dei più importanti punti di riferimento per la giovane generazione di letterati sloveni.

La sua opera più nota è "Necropoli" (Fazi), romanzo autobiografico sulla prigionia a Natzweiler-Struthof. È stato tradotto in francese, tedesco, serbo-croato, ungherese, inglese, spagnolo, italiano, catalano e finlandese. La vita dello scrittore è strettamente legata agli eventi storici della sua terra d'origine, dall'epoca della dominazione dell'impero asburgico al fascismo, e all'esperienza della comunità slovena, tra i due conflitti bellici e nel secondo dopoguerra, che ha messo al centro dei suoi libri, una trentina tra narrativa e saggistica.

 

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