La partita di Nikolai
La vera storia di “Fuga per la vittoria”, un monito a chi vuole schiacciare l'identità ucraina
Kyiv, 1942. Le SS sfidano a calcio gli ucraini che “devono” perdere. Sarà invece un trionfo d’orgoglio
E’ una via alberata che piega appena e sale fino al parco Chkalov, a due passi dall’Opera. Ora si chiama Liypynskogo ma in città molti ancora la chiamano Sportivna. Un tempo ci vivevano i migliori sportivi della città, come il leggero Bendalovskiy, tra i più forti pugili del tempo, 252 incontri da Kaliningrad a Vladivostok e campione sovietico nel 1966. “C’era lui, ma c’erano anche molti calciatori”, la sede della Dynamo Kyiv è a due passi, “il vero eroe del quartiere era Michail Sviridovskiy”, il mitico centrale della Fc Start nella memorabile “Partita della morte”, la vittoriosa sfida dei campioni ucraini a una fortissima selezione di tedeschi durante l’occupazione nazista, un incontro leggendario ma finito nel sangue. “Per fortuna, al contrario di altri compagni, Sviridovskiy sopravvisse” e nel quartiere fu un esempio per una generazione di giocatori. Fu lui a convincere il piccolo Nikolai a entrare nelle giovanili della Dynamo. “Grazie a lui ho capito che potevo diventare un campione”.
Nikolai Lysyuchenko aveva solo sei anni quando in piazza Maidan, ai tempi dedicata a Kalinin, vide i dodici ufficiali tedeschi impiccati da quelli del Nkvd dopo la condanna del tribunale militare. “Uno era sopravvissuto per la rottura della corda”, era un presagio e la piazza urlava di risparmiarlo, “ma gli uomini di Mosca lo appesero una seconda volta. Senza pietà”. Era il 29 gennaio 1946, la città era sotto il controllo sovietico, carri armati e soldati ovunque. Nikolai quell’immagine se la ricorda bene, forse per quello scelse Ingegneria, proprio come Sviridovskiy, sei anni al Politecnico, ricercatore all’istituto nazionale di cibernetica e poi responsabile tecnico della Biblioteca nazionale e da sempre un gran camminatore, anche dopo la pensione, sei ore al giorno per le strade di Kyiv anche dopo gli ottant’anni.
Il mese scorso ha pensato bene di andare a controllare i motivi di un boato dietro all’università. Una colonna di fumo saliva dalla torre della tv. Era stato un missile russo, Nikolai si è avvicinato troppo, è inciampato in un detrito e si è rotto prima la mano destra e poi, fuggendo dal pronto soccorso, il femore sinistro. Ho saputo subito che era in ospedale, la figlia Kateryna vive da anni a Milano, lavorava come me in Ernst & Young, un master alla Bocconi e una gran passione per il jazz.
Così Nikolai, contro ogni desiderio, ha dovuto lasciare Kyiv, alla stazione in carrozzina, in treno fino a Varsavia e poi Vienna e infine Milano, quando al mio cancello ho visto il suo trolley coi colori della bandiera Ucraina mi è preso il panico. Come accogliere al meglio Nikolai? Mi è tornato in mente un baule di libri in russo ereditati da una signora. “Sono certa che saprai farne buon uso”. Per una piccola magia ho pescato a caso “Imparare l’italiano” e allora Nikolai ci ha fatto un bel sorriso e oggi in giardino, per il pranzo domenicale più bello degli ultimi mesi, ci ha detto “buon appetito”.
Non potevamo che parlare della “Partita della morte”, sono stato io a incalzarlo quando ha accennato a Michail Sviridovskiy. Sapevo di una partita che aveva ispirato “Fuga per la vittoria” di John Huston, il mio film preferito da ragazzo ma la vera storia, sconosciuta in occidente, non l’avevo mai saputa. E’ una vicenda nata proprio dietro casa di Nikolai “grazie a Iosif Kordik”, un moravo rifugiato a Kyiv, aveva aperto un panificio “e aveva una gran passione per il calcio” tanto da assumere in laboratorio Nikolai Trusevich, “vecchio portiere della Dinamo” come tutti disoccupato per la guerra, “non giocava da tre anni”. Trusevich chiamò Sviridovskiy e così nacque la Start, “dalle ceneri delle due squadre di Kyiv”, quasi tutti ex campioni, alcuni renitenti alla leva, guidata proprio da Michail Sviridovskiy, allenatore-giocatore che era stato “il miglior centrale negli anni Trenta”. Allenandosi all’alba e tra mille difficoltà, in primis la carenza di cibo, ritrovarono una certa forma giusto in tempo per l’avvio del mini campionato di guerra.
La partita più attesa fu ovviamente quella contro gli occupanti, la tensione è facile da immaginare, soprattutto se hai in mente le sequenze finali del film con Michael Caine, Bobby Moore, Sylvester Stallone e Pelé. Era il 9 agosto 1942, lo stadio di Kyiv era stipato sotto il sole e c’era “un caldo che spaccava anche i cocomeri”. La Start indossava le divise rosse trovate in uno scantinato da Trusevich, i tedeschi “avevano riunito i migliori calciatori in circolazione, la propaganda voleva una netta vittoria per fiaccare la resistenza ucraina”. Dopo il rifiuto di urlare Heil Hitler! al fischio d’inizio, la Start prese un gol irregolare ma rispose subito con tre reti davanti a un pubblico impazzito. Nell’intervallo un ufficiale delle SS entrò negli spogliatoi della Start e fece un discorso netto, “sapete che in caso di vittoria morirete, vero?”. Dopo sei minuti nel secondo tempo i tedeschi avevano pareggiato, sembrava una resa ma ci fu uno scatto d’orgoglio, Goncharenko segnò due reti favolose, la seconda in rovesciata come Pelé nel film di John Huston, e portò la Start sul 5-3. Non bastava. Klimenko al novantesimo “dribbla tutti partendo da centrocampo”, ben prima delle Falkland era già il gol di Maradona contro l’Inghilterra, “scarta anche il portiere, ferma il pallone sulla linea di porta, si gira, guarda gli ufficiali della Wehrmacht in tribuna e in segno di spregio calcia il pallone a centrocampo”. Una vittoria memorabile, soprattutto per i nazisti. Purtroppo, senza alcuna possibilità di fuga. Sviridovskiy fu arrestato e torturato, quattro compagni furono uccisi dalla Gestapo, altri si nascosero o furono risparmiati. Nessuno di loro perse l’onore.
Alla fine della guerra Sviridovskiy convinse il piccolo Nikolai a entrare nelle giovanili della Dynamo. “Non si fosse abbassata la vista, forse sarei diventato un campione”, ma le lenti a contatto erano introvabili “e lasciai il posto a mio fratello Mykhaylo”. Una carriera “breve ma fortunata”, grazie a un infortunio a Irpin “conobbi la dottoressa della squadra avversaria”, presto divenne sua moglie e mamma di Dasha e Kateryna. “Una partita può cambiarti la vita” e peccato non sia possibile risolvere il conflitto in un incontro, “tutti in campo, undici contro undici e vinca il migliore”. Nikolai è certo che alla fine vincerebbe l’Ucraina, “siamo orgogliosi come nessuno” ma sa bene che la sua vera partita ora è ricominciare a camminare, se a Kyiv faceva sei chilometri al giorno “qui a Milano voglio farne almeno dieci” e rimettersi di nuovo in forma “per tornare presto a Liypynskogo”, in una città pacificata, “a rivedere le mie belle strade”, sulle tracce di Sviridovskiy e dei suoi impavidi compagni.
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