Illustrazione di Toni Demuro

il cammino dei vulcani - diario di bordo

Disegnare vita e movimento. Gli alberi e le biciclette di Toni Demuro

Marco Pastonesi

“Il mio primo amore è stato una Graziella. Ma più della Graziella, mi sono innamorato di quello che la Graziella rappresentava: l’aria, la terra, la libertà". Esattamente come le piante. Parla l'illustratore che ha disegnato l’immagine-simbolo di “ANDante”, che da domani fino al 6 febbraio affronterà il Cammino dei vulcani

Ha cominciato arrampicandosi sugli alberi: “Erano il parco-giochi della mia infanzia: li scalavo, li abitavo, lassù inventavo storie, da lassù guardavo il mondo secondo un’altra prospettiva”. Se n’è ricordato quando ha cominciato a lavorare come illustratore: “Da piccolo disegnavo come fanno, inconsapevolmente, tutti i bambini. Familiari e insegnanti mi dicevano che ero bravo, tant’è che poi ho frequentato l’Accademia delle Belle Arti di Sassari e mi sono diplomato in pittura, ma ho atteso il 2011 prima di dedicarmi esclusivamente alle illustrazioni. E l’ho fatto proprio con gli alberi. Così, per farmi conoscere ho aperto un blog, e quasi ogni giorno disegnavo un albero, il primo anno ne ho creati 275. E che il 2011 fosse l’anno dedicato alle foreste è stato soltanto un caso. Gli alberi sono radici e fiori, sono vento e stagioni, sono Cosimo il barone rampante di Italo Calvino e Elzéard il pastore piantatore di Jean Giono, sono un simbolo universale con la stessa forza, e anche con gli stessi poteri, delle biciclette”. Che è una delle sue altre passioni.

Toni Demuro, sardo, laureato all’Accademia delle Belle Arti di Sassari, è l’autore dell’immagine-simbolo di “ANDante”, che da domani fino al 6 febbraio affronterà il Cammino dei vulcani, a piedi dai Monti Sabatini fino al Mar Tirreno, e che qui su ilfoglio.it terrà il suo diario di viaggio. Demuro illustra libri didattici e libri per bambini e ragazzi, collabora con quotidiani e riviste, passa dal “Piccolo Principe” a “Time Out”, si occupa di calendari e bollettini, firma per “The Boston Globe” e “Vanity Fair”: “Mi piace lavorare nel caos, dovunque ci sia vita e movimento, a casa ma nel soggiorno, in biblioteca ma con l’iPad, in auto da nomade”. Più richieste dall’estero che dall’Italia: “Da noi l’editoria vive un periodo complicato, altrove ci sono più possibilità e opportunità, dunque più coraggio”.

 

Quanto alla bicicletta, “il mio primo amore è stato una Graziella. Ma più della Graziella, mi sono innamorato di quello che la Graziella rappresentava: l’aria, la terra, la libertà”. E il grande amore è arrivato su una bicicletta: “Pedalava dalla campagna alla città. C’era qualcosa di speciale, di visibile, di unico. In lei più che nella sua bici. Si chiamava Annalisa. Ci siamo sposati”. Da allora forse ogni bicicletta è diventata un atto di amore o una dichiarazione di amore: “Per la sua leggerezza, la sua sensibilità, la sua umanità. Per i suoi silenzi e per la sua pulizia. Per la sua semplicità”.

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