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RILEGGENDO “L'ALBA DI TUTTO” DI R. H. BENSON

“Il padrone del mondo” parte seconda. L'utopia del trionfalismo cattolico

Giuseppe Perconte Licatese

Uno sfrenato sogno di trionfalismo cattolico futuristico in cui utopia e distopia si confondono e nel quale la Chiesa cattolica “governa il mondo”

È dal 2013 che di tanto in tanto – l’ultima volta a inizio dicembre – nelle risposte del Papa ai giornalisti affiora Il padrone del mondo di R. H. Benson, insieme all’allusione ai pericoli di un futuro “governo sovranazionale”. Cercando in rete, si scopre che la citazione ha innescato un dibattito tra interpreti e vaticanisti, divisi nel giudicare quanto il Papa abbia davvero letto l’opera di Benson e quanto legittimamente possa annetterla alla sua visione del rapporto tra la Chiesa e il mondo

   
Di questa visione, tuttavia, per quanto riguarda Benson, il libro citato è solo una metà. Nel 1911, dato che il suo racconto di un futuro in cui il “pensiero moderno” si afferma riducendo la Chiesa e i credenti a esigua minoranza perseguitata aveva scoraggiato “i cristiani ottimisti”, il sacerdote inglese si esercitò nell’esperimento di “tratteggiare il tipo di sviluppi” derivanti dal “processo inverso”, un ritorno al “pensiero antico” medievale e cristiano. Il risultato, L’alba di tutto, è uno sfrenato sogno di trionfalismo cattolico futuristico in cui utopia e distopia – categorie che l’autore non usa, definendo piuttosto entrambi i suoi romanzi come “parabole” – si confondono. Una delle prime voci che il protagonista, ritornando in sé da una amnesia, ascolta è il sermone di un frate che in Hyde Park proclama che “oggi Dio è vendicato e la verità è nota”, e che “noi”, la Chiesa cattolica, “governiamo il mondo”.

   

Chiedendo lumi a uno storico, monsignor Mastermann apprende che c’è stato un momento, intorno agli anni Dieci-Venti del secolo, in cui ha avuto inizio l’accelerazione che ha portato il mondo allo stato politico e culturale presente, in cui la lotta tra una concezione del mondo atea e materialistica e il cattolicesimo si è risolta a favore del secondo. Il mondo che Benson descrive è in parte l’ideale di un teorico della restaurazione di primo ottocento (o anche dell’ateo Maurras): “Monarchia”, “Capitale”, “Aristocrazia” e corporazioni sociali ristabilite in ogni nazione e il primato del governo anche temporale della Chiesa. L’Inghilterra è tornata cattolica e in Parliament Square c’è una statua dell’Immacolata Concezione. Il mondo esterno alla cristianità occidentale è docile e subordinato, con “Cina, Giappone, Impero persiano e Russia” che riconoscono il pontefice romano come “Arbitro delle Nazioni”. Nei cieli viaggiano i volor, aerei leggerissimi e non inquinanti, e messaggi corrono da una parte all’altra del globo attraverso una tecnologia wireless. Le città sono una macchina perfetta di traffico ben regolato, i loro abitanti una folla disciplinata e perimetrata che assiste con deferenza alle liturgie del potere ecclesiastico e regio, e che ha “accettato come un dato di fatto”, tra le altre cose, la reintroduzione delle leggi del coprifuoco (“in quale altro modo i pochi potevano governare i molti?”, chiosa il personaggio che istruisce il protagonista). L’errore della democrazia è stato abbandonato, e solo una persona su settanta accede attraverso un test al diritto di voto, dato che sarebbe inconcepibile “permettere all’inesperto di governare l’esperto”.

   

Restano alcune sacche di atei, socialisti e protestanti, soprattutto in Germania e in alcune colonie in Nord America dove gli infedeli vengono invitati a emigrare perché, pur sempre “sotto restrizioni”, siano liberi di continuare a “rimuginare” le proprie idee separati dagli altri. Nel mondo governato dalla costellazione di Chiesa, Stato e Scienza finalmente allineati, infatti, l’opposizione è una frangia di “figli selvaggi”, nichilisti e terroristi, contro i quali è comunque sempre possibile l’intervento di avveniristiche forze di guerra aerea. Chiesa, Stato e Scienza, sì.

   

Benson porta all’estremo il sogno del cardinale Newman di una convergenza di tutti i risultati delle scienze umane e naturali con le dottrine della fede, che prova “che la Chiesa era stata eternamente nel giusto in ogni campo”. Il lessico della “evidenza” e dei “fatti” si applica alle questioni sovrannaturali. Sociologia, storiografia, ma prima di tutto medicina (seconda solo alla teologia) e psicologia confermano le verità cristiane. Data l’unità scientificamente provata di anima e corpo, i preti sono innanzitutto medici, e i medici preti, che guariscono le malattie a partire dai disordini mentali e spirituali. Da Lourdes la notizia dei miracoli certificati dagli esperti internazionali viene trasmessa con il telegrafo in tutte le nazioni del mondo.

 

Il monsignore amnesico a un certo punto – troppo forte è stata l’impressione di un condannato dall’Inquisizione che va al patibolo riconoscendo che la società ha il diritto di condannarlo a morte, se eretico – viene ricoverato in un “ospedale di Dio”, dove religiosi di clausura intendono curarlo dalla sconnessione che egli avverte tra sé e l’ordine in cui si è risvegliato.

 

Qui lui si sente “un bambino nelle mani di un esperto, e, come un bambino, contento di starvi”. Il suo disagio era esploso di fronte “all’applicazione inesorabile di principi eterni ad affari temporali”, di fronte a uomini conformati anche interiormente fino al punto da “amare le proprie catene”. Per quasi tutto il romanzo egli è in una trappola orwelliana: “esternamente si conformava e sottometteva. Interiormente era un ribelle”.

 

Ma alla fine riconosce che gli uomini “inesorabili” con cui ha a che fare non sono inquisitori dostoevskiani ma sono davvero condotti dalla grazia divina, e accompagna il papa che va di persona a risolvere l’ultima crisi politica. Benson scriveva ritenendo di aver messo in scena una realtà paradossale ma autenticamente cattolica.

   
In un solo punto della sua corrispondenza, nel 1944, C.S. Lewis fa il nome di Benson, dicendo di aver una volta letto L’alba di tutto, e di non ricordarne granché, se non l’impressione che “Benson si sbaglia”. Forse una ragione di questa stroncatura stava nella mancanza di qualsiasi catastrofe finale: il libro si chiude nella stesso, intatto trionfalismo con cui si apre. Ma è più probabile che l’altro grande convertito e apologeta inglese trovasse a sé radicalmente estranea l’idea di una Chiesa che – per usare ancora le parole con cui Benson esprime la repulsione del suo personaggio – non è più immagine del servo sofferente, dell’Agnello, ma del Leone che domina con forza. “Lui tendeva ancora a pensare che la Chiesa dovesse essere per sua natura in guerra col mondo”. La Chiesa non poteva assumere nella storia le forme, terrificanti, di una civiltà “lottare contro la quale era futile quanto prendersela con le leggi fisiche dell’universo”, in cui l’evidenza e il potere hanno soverchiato la libertà, davvero troppo simile al potere mondiale anticristico del Padrone del Mondo.