“La monocultura ideologica oggi è la grande minaccia in occidente”. Parla il filosofo Grau

Giulio Meotti

"Lo scontro della woke culture su clima, genere e razzismo non riguarda la giustizia e l’umanesimo, ma serve a denunciare la cultura occidentale come sessista, razzista e imperialista". Intervista ad Alexander Grau della rivista Cicero

“Quelle menti che restano ancora indipendenti adesso stanno emigrando, abbandonano definitivamente le università, come ha fatto il filosofo Peter Boghossian, che per anni ha combattuto invano contro la cultura del divieto di pensare alla Portland State University. L’esempio più recente di questa crescente cultura inquisitoria nelle università sono le dimissioni della filosofa Kathleen Stock dall’Università del Sussex”. Lo scrive nella sua “Grauzone” sul mensile tedesco Cicero il filosofo Alexander Grau, che è anche editorialista dello Spiegel e della Neue Zürcher Zeitung. “Stock è una classica femminista di sinistra e tradizionale. Ecco perché insiste sul fatto piuttosto banale che ci sono due sessi biologici. Questo da solo è bastato, però, a creare un clima di odio al quale ora si è arresa e minacciata. L’accusa: trans-ostilità”. Ora, scrive Grau, “c’è la minaccia di una monocultura ideologica”

 

A quale scopo? “L’obiettivo di questa repressione è il potere”, dice Grau al Foglio. “E’ di conquistare la sovranità del discorso nelle società occidentali attraverso alcune questioni chiave, dalla forte carica morale: genere, clima, razzismo. E’ fondamentalmente una strategia rivoluzionaria per capovolgere completamente le società europee. E funziona: quasi nessuno osa essere seriamente in disaccordo. C’è solo un’opzione: ignorare queste persone. Ad esempio, se minacciano di boicottare qualcuno perché pensano che sia un razzista, allora lasciamo che lo facciano, che rimangano a casa. E’ meglio comunque. Ma penso che sia troppo tardi per questa forma di resistenza”. 


Gran parte di questa ideologia è ben nota: fondamentalismo, fanatismo, negazione della realtà, moralismo. “Sappiamo tutto questo dalla storia delle religioni e delle ideologie”, ci dice ancora Grau. “Ciò che è veramente nuovo è l’odio per se stessi. Non conosco alcuna ideologia che abbia mostrato un tale disprezzo per le conquiste e le tradizioni della propria storia. Il mainstream di genere, la bianchezza critica e gli studi postcoloniali non riguardano realmente la giustizia e l’umanesimo, ma denunciano la cultura occidentale come sessista, razzista e imperialista. Inoltre ho l’impressione che gli attivisti non siano effettivamente a favore di qualcosa, ma che invece siano contro qualcosa. Sono guidati da un estremo risentimento. Risentimento contro la propria cultura. E’ un fenomeno singolare. Inoltre, costoro rivoltano l’Illuminismo contro se stessi perché l’intera retorica di questi attivisti sembra illuminata, ma la loro causa è profondamente anti illuminista. Stiamo assistendo a una rinascita del sofisma fondamentalista, che cerca di dimostrare con argomenti sofisticati che la Terra è piatta nelle (ex) migliori università del mondo. Tutto questo è radicato in un moralismo così esagerato che non puoi davvero credere che qualcuno faccia sul serio”. 


Da tedesco, Grau ha una duplice memoria di una società che opprime la libertà di espressione. “Nel mondo occidentale si sta diffondendo sempre di più un clima di non libertà. Le persone non hanno più il coraggio di esprimere la loro opinione e sono minacciate da autodafé mediatici. C’è un’enorme pressione per muoversi all’interno di un corridoio di opinione fissato”. Ma il corridoio si restringe ogni anno di più.

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  • Giulio Meotti
  • Giulio Meotti è giornalista de «Il Foglio» dal 2003. È autore di numerosi libri, fra cui Non smetteremo di danzare. Le storie mai raccontate dei martiri di Israele (Premio Capalbio); Hanno ucciso Charlie Hebdo; La fine dell’Europa (Premio Capri); Israele. L’ultimo Stato europeo; Il suicidio della cultura occidentale; La tomba di Dio; Notre Dame brucia; L’Ultimo Papa d’Occidente? e L’Europa senza ebrei.